
Il cantautore Morrissey, ex voce dei gloriosi ‘Smiths’, all’indomani dell’attentato di Manchester ha dichiarato: “Theresa May dice che attacchi come questi non ci spezzeranno, ma la sua vita è all’interno di una bolla antiproiettile”.
Ha poi aggiunto: “Nella Gran Gretagna di oggi tutti sembrano terrorizzati dal dire ufficialmente quello che tutti pensiamo in privato: i politici ci chiedono di non aver paura, ma loro non sono mai le vittime. È facile non avere paura quando si è protetti dalla linea di fuoco. E le persone, queste protezioni, non le hanno…”.
La sensazione è che abbia davvero detto quello che moltissimi, se non tutti, pensano: le persone hanno paura, com’è del tutto normale che sia, quindi le esortazioni a non averla risultano fastidiose, se non addirittura umilianti.
Dopo i fatti di piazza San Carlo a Torino i politici italiani stanno usando le stesso registro degli omologhi inglesi, ciò risulta ancora più grottesco dal momento che in questo caso tutti i problemi sono stati causati solo e unicamente dalla paura, senza che, a quanto sembra, sussistesse qualche reale minaccia.
I politici che insistono nel dire “non dobbiamo avere paura” sono peggio dei cosiddetti populisti che forse speculano sulla paura, ma di certo non la creano.
Nonostante in molti proclamino il contrario, il timore diffuso di attacchi terroristici ha già cambiato il nostro modo di vivere: alcuni rinunciano ad andare a spettacoli, eventi sportivi, manifestazioni politiche in cui si riunisce un gran numero di persone. Altri non rinunciano del tutto, ma selezionano: se devono rischiare, lo fanno solo per ciò che interessa davvero molto.
Comunque anche coloro che decidono di andare lo fanno con un retro-pensiero che magari non ammettono nemmeno a se stessi, ma che di fronte a un segnale di possibile pericolo li induce a dei comportamenti inconsulti e pericolosi, com’è accaduto lo scorso sabato sera.
1500 feriti sono un dato raccapricciante e c’è da ringraziare il cielo che non ci sia scappato il morto: il ferito più grave, un bambino di sette anni, è ancora in prognosi riservata, ma per fortuna è giunta notizia che è uscito dal coma.
Negare la paura non aiuta mai a stare davvero meglio, ma può permettere di tirare avanti per un po’, lasciando però la persona pietrificata ed incapace di reagire nel momento in cui una minaccia si presenta o viene anche soltanto percepita, immaginata.
Invece di insegnare a negare questa potentissima emozione, sarebbe molto meglio spiegare come affrontarla, dicendo alle persone come comportarsi in caso di pericolo. Coloro che si trovano sotto attacco in una situazione di grande folla tendono di solito a fuggire all’impazzata nella direzione opposta a quella da cui presumono arrivi la minaccia, certe volte questo può salvare loro la vita, altre volte condannarli.
La cosa più razionale da fare sarebbe prendersi un brevissimo tempo, non più di qualche secondo, per tentare di capire cosa sta succedendo e solamente poi decidere come agire. Si tratta di un comportamento molto difficile da mettere in atto, che può essere rafforzato mediante una preparazione specifica, come avviene per i medici, i militari, le forze dell’ordine ecc. Talvolta tutto l’allenamento risulta però insufficiente al momento dell’azione, soprattutto la prima volta (“battesimo del fuoco”).
Educare le persone a comportarsi nella maniera più efficace nel momento dell’emergenza potrebbe avere risultati ridotti, eppure è da preferire al proporre loro di negare la paura: ciò può produrre effetti soltanto negativi.