Polonia e Ue

Dopo la Brexit l’Unione europea rischia di perdere un altro pezzo del puzzle: da diversi mesi ormai i rapporti fra Bruxelles e Varsavia sono ai minimi termini e al momento non sembra esserci spazio per ricucire.

A ventilare una potenziale “Polandexit” è il Presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, il quale, oltre a evidenziare come attualmente sussista un interrogativo riguardo al futuro europeo della Polonia, ha tuonato contro l’arroganza con cui è stata respinta la sentenza della Corte di Giustizia, paventando uno scenario in cui tale Stato non abbia più bisogno dell’Unione Europea.

La sopracitata sentenza riguarda il disboscamento messo in atto dal governo polacco nella Białowieża, un polmone verde a cavallo tra Polonia e Bielorussia, Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO, che ospita ricche varietà di flora e fauna, tra cui querce secolari, cinghiali, alci e l’iconico bisonte europeo. Da Varsavia motivano tale deforestazione con l’esigenza di circoscrivere una massiccia infestazione a carico degli arbusti, che li pone a rischio crolli e che mette a repentaglio l’incolumità dei visitatori, facendo dunque appello a problematiche di pubblica sicurezza. Dall’altra parte, a Bruxelles viene posto l’accento sulla salvaguardia dell’ecosistema che verrebbe inesorabilmente decimato con i disboscamenti.

Questo episodio va ad aggiungersi a precedenti scontri più rilevanti: dapprima l’opposizione polacca a farsi carico della propria quota di migranti (obiezione posta da tutto il Gruppo di Visegrád – formato da Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia) per cui la Commissione europea ha avviato una procedura d’infrazione, in aggiunta alla controversa riforma della giustizia che mette mano all’organizzazione della Magistratura e della Corte Suprema, caratterizzata da un importante conferimento di poteri al governo nei confronti dei tribunali polacchi; tuttavia tale proposta di legge è in buona parte già stata bocciata dal Capo di Stato Andrzej Duda, espressione del partito di governo Diritto e Giustizia (PIS), a seguito di manifestazioni popolari di dissenso.

Un simile riordino del sistema giudiziario è ritenuto una minaccia da Bruxelles per lo Stato di diritto, poiché consentirebbe all’esecutivo di esercitare una notevole influenza sulla magistratura (venendosi ad assottigliare così la classica separazione dei poteri), da far ipotizzare l’applicazione della pena più dura prevista dai Trattati europei, ossia l’utilizzo della procedura prevista dall’art. 7 TUE che comporta il blocco del diritto di voto dello stato colpito.

Questo tipo di sanzione tuttavia necessita dell’unanimità espressa dagli Stati membri per una effettiva applicazione, scenario al momento lontano stando alla ferma contrarietà mostrata dal Primo ministro ungherese Orban, rendendola di fatto un’arma scarica.

Il partito di governo guidato da Jaroslaw Kaczynski ha pertanto denunciato le ripetute ingerenze dell’Unione europea negli affari interni polacchi, ribadendo nella fattispecie come l’organizzazione del sistema giudiziario spetti agli Stati membri, senza interferenze europee, e rivendicando la sovranità della Polonia nei confronti dell’Ue.

Sebbene da Bruxelles arrivino anche parole concilianti per tentare di ricomporre il rapporto con la Polonia (“Stiamo lavorando per mantenere questa Unione assieme” – dichiarazioni della portavoce della Commissione europea Mina Andreeva), la tensione rimane molto alta e non sono esclusi ulteriori colpi di scena.

Mauro Gagliardi

UN COMMENTO

  1. Mauro, io spero tanto in un futuro europeo senza moneta unica, istituzione unica, banca unica, potere unico e pensiero unico. Un’europa realmente democratica. Ed il mio sogno è sempre più concreto!

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