Nel 1973 si aprì un nuovo capitolo per la Volkswagen, caduta nel frattempo in una profonda crisi a causa dell’invecchiamento del classico ma comunque sempre gradito dal pubblico Maggiolino e dello scarso “appeal” dei nuovi modelli: anche la moderna K70 (la prima Volkswagen “tutto avanti”, derivata da un progetto della NSU, altra Casa tedesca che Volkswagen aveva acquistato pochi anni prima), per esempio, non riusciva a “sfondare”, malgrado tutte le sue buone premesse e qualità. Fu così che in quell’anno iniziò la collaborazione tra Giorgetto Giugiaro e la Volkswagen, stavolta decisa a salvarsi “in calcio d’angolo” con un nuovo progetto, totalmente svincolato dal passato. La prima auto disegnata dal grande designer piemontese per il colosso di Wolfsburg fu proprio la Passat, la cui prima serie è nota anche con il codice di progetto “B1”.
La Passat andava a sostituire in un solo colpo le sfortunate K70 e le 1500/1600 e 411/412 (quest’ultime basate su pianali e motori Maggiolino, con cilindrate che arrivavano nel caso delle 411/412 anche a 1700 e 1800 cc), assumendo quindi il ruolo di ammiraglia della Casa. Basata totalmente sulla contemporanea Audi 80, la Passat riprendeva da quest’ultima il pianale e l’intera meccanica, offrendo però una linea diversa: Giugiaro, infatti, definì una carrozzeria a due volumi molto originale e riuscita, disponibile in configurazione a due, tre, quattro o cinque porte.
La Passat era inizialmente venduta in abbinamento a due motori, entrambi a benzina e raffreddati ad acqua, un 1.3 da 60 CV e un 1.5 da 75 CV, montati longitudinalmente con una leggera inclinazione verso destra (considerato l’interno della vettura). Come sulla precedente K70, la trazione era anteriore e il cambio era normalmente manuale a quattro marce, ma a richiesta si poteva avere un automatico a tre marce.
Gli allestimenti disponibili erano tre: 1) “Passat” (base); 2) “L” (lusso), con fari rettangolari, migliori finiture e dotazione più ricca; 3) “TS”, allestimento sportiveggiante con mascherina a quattro fari tondi, volante sportivo, strumentazione completa e motore 1.5 potenziato a 85 CV. Le versioni con motore 1.5 erano identificate dalla lettera “S”, quindi posteriormente potevamo leggere “Passat S” (base) o “Passat LS” (lusso).
Nel 1974 la gamma si arricchì della versione familiare (allestimenti “base” e “L”), denominata “Variant” secondo la tipica nomenclatura che Volkswagen riservava alle vetture di questo genere; in Italia la Passat familiare era invece conosciuta come “Familcar”. Nello stesso anno iniziò la produzione in Brasile per il mercato locale.
Nel 1975 il motore 1.5 venne sostituito da un 1.6 dalla stessa potenza (75 CV o 85 CV), mentre nel 1977 la vettura subì un restyling estetico: gli esemplari ristilizzati sono riconoscibili per le frecce anteriori spostate a lato dei fari e per i paraurti in plastica. Il 1978 vide l’arrivo della Passat “GL” e della Passat diesel: la prima era una versione top di gamma che andava a posizionarsi sopra la “L”, la seconda era spinta da un 1.5 aspirato da 50 CV (stesso motore della Golf diesel) ed era disponibile con tutti gli allestimenti tranne il “TS”. Nel 1979 fu la volta della Passat GLI, dotata del 1.6 benzina precedentemente menzionato ma alimentato a iniezione meccanica Bosch e potenziato a 110 CV: questo motore, montato anche sulla Golf GTI e sulla Audi 80 GTE, consentiva prestazioni di tutto rispetto per l’epoca, con una velocità massima di 184 km/h.
Dopo il 1979 la Volkswagen non apportò ulteriori modifiche alla Passat, che uscì di produzione nel 1981 e venne sostituita dalla sua seconda serie (B2). Questa volta, a differenza delle antenate, il successo non tardò ad arrivare, dando inizio a una dinastia di modelli che prosegue ancora oggi.
Una piccola curiosità: le Passat vendute in Nord America si chiamavano “Dasher” ed erano disponibili solo con il 1.5 da 75 CV. Come avvenne in Europa, tale motore venne sostituito dal 1.6 di analoga potenza, ma in questo caso era alimentato a iniezione.