Il ministero degli Esteri russo ha definito come “una strana idea di diplomazia” la dichiarazione resa dal ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio nell’informativa al Senato, secondo cui non potranno esserci contatti bilaterali con Mosca fino a quando non ci saranno segnali di una de-escalation russa in Ucraina. “I partner occidentali devono imparare a usare la diplomazia in modo professionale”, aggiunge Mosca.

Il ministero guidato da Sergei Lavrov ha rincarato ulteriormente la dose: “La diplomazia è stata inventata per risolvere situazioni di conflitto e alleviare le tensioni, e non per viaggi vuoti in giro per i Paesi e assaggiare piatti esotici ai ricevimenti di gala”.

A memoria non si ricordano simili sbeffeggiamenti dei ministri degli Esteri italiani degli ultimi trent’anni. L’atlantismo esasperato e a tratti pacchiano del governo dei “migliori” rappresenta uno strappo alla tradizione italiana in politica estera, caratterizzata da equilibrismo, astuzia e pragmatismo. Soprattutto ai tempi della cosiddetta “Prima Repubblica”.

La dichiarazione dell’ex leader pentastellato che ha scatenato la reazione dei russi è stata questa: “Stamattina ci siamo coordinati con il Presidente Draghi circa i prossimi passi da compiere per favorire una soluzione diplomatica. Siamo impegnati al massimo nei canali multilaterali di dialogo. Riteniamo tuttavia che non possano esserci nuovi incontri bilaterali con i vertici russi finché non ci saranno segnali di allentamento della tensione, linea adottata nelle ultime ore anche dai nostri alleati e partner europei”.

Una pedissequa esecuzione dell’ordine statunitense impartito attraverso Jen Psaki, portavoce della Casa Bianca, con queste parole: “La diplomazia non può avere successo a meno che la Russia non cambi corso”.

Prima gialloverde, poi giallorosso, adesso a stelle e strisce. Di Maio continua a cambiare colori, l’Italia a perdere credibilità.

Ernesto Ferrante
Giornalista professionista, editorialista, appassionato di geopolitica