“La Storia, scrisse Benedetto Croce, non è mai giustiziera, ma sempre giustificatrice; e giustiziera non potrebbe farsi se non facendosi ingiusta, ossia confondendo il pensiero con la vita e assumendo come giudizio del pensiero le attrazioni e le repulsioni del sentimento”.
A distanza di venti anni, con la riduzione al lumicino della nefasta fascinazione di quella gigantesca operazione di destrutturazione politica ed economica che è stata “Tangentopoli”, è giunto il momento di rimettere al suo posto il tassello mancante del grande mosaico della Storia recente del nostro Paese.
Nel rosa e nel blu che fanno da contorno al tappeto di velluto della sabbia di Hammamet, le parole dei sermoni carichi d’odio dei predicatori delle forche non fanno rumore e le bave di rabbia dei fustigatori al soldo di certe ambasciate straniere non sporcano.
Il profumo dei gelsomini sovrasta l’olezzo di una menzogna ideologica che giace in un angolo, come una carcassa in putrefazione.
Alla fine della strada, in questo lembo di terra sul Mediterraneo, divenuto scrigno e fortezza, si intravede, elegante come un vecchio signore, quel garofano che per l’antica leggenda nacque dalle lacrime della Madonna.
Nel 1270, durante la Crociata di Tunisi, un’epidemia di peste decimò l’esercito di Luigi IX, Re di Francia. Fu fermata grazie ad un distillato di garofano.
Il “fiore degli dei” può debellare anche quella “peste” che ancora impedisce alle spoglie mortali di Bettino Craxi di fare quel viaggio di ritorno che la Storia, quella vera e non giustiziera, prevederebbe alla fine di una delle pagine del suo grande libro.
Al termine del grande sogno ad occhi aperti dello statista di Milano di un’Africa libera dalle catene del debito e dell’usura e di un’Europa sovrana in uno scacchiere multipolare, ve n’è uno più “piccolo”, ad occhi chiusi, che sa di terra, sa di casa, sa di onore, sa di libertà.
In un Paese in cui non si contano strade e corsi intitolati ad oppressori come il “re mitraglia”, al secolo Umberto I di Savoia, non può non esserci un posto o un pensiero scolpito nel tempo e nel marmo per chi credette in quei movimenti di liberazione nazionale che da sempre impediscono che le mappe geografiche possano diventare l’album da colorare nelle scuole di quell’imperialismo che odia le differenze e le identità.
Venti anni dopo la storia (minuscola) si faccia Storia (maiuscola), nobile, rigorosa e giusta.