
E’ fresca notizia di questi caldi giorni di luglio che Hachim Mastour è rimasto senza squadra. La repentina parabola discendente del giovane calciatore italo-marocchino è l’enesimo brutto segnale dei meccanismi spietati e cinici che governano il calcio ed evidenza un fattore incontestabile: l’attuale sistema mercantilistico e affaristico del mondo del calcio si basa sempre di più su una dimensione speculativa, virtuale ed alienante capace di far passare nel proprio tritacarne anche ragazzi che non sono ancora dei calciatori professionisti e che vedono nel pallone un semplice sogno.
Hachim Mastour è un ragazzino di quattordici anni, nato a Reggio Emilia da genitori marocchini, che nell’estate del 2012 passa dalla Reggiana al Milan dopo un’estenuante derby di mercato con l’Inter: 500 mila sono gli Euro messi nel piatto dalla società rossonera per battere le lusinghe dei cugini nerazzurri (in realtà pare che la cifra pagata sia ben più alta, attorno agli 800 mila euro). La cosa sarebbe già di per sé scandalosa: un ragazzino ancora in fase pre-puberale viene pagato una cifra che un lavoratore precario accumulerebbe in tutta la sua vita lavorativa! Però, dicono gli addetti ai lavori, il giovane Hachim è un autentico bimbo prodigio che merita un simile investimento, del resto, lo diceva Vittorio Sgarbi “un calciatore è come un artista” e quindi merita di essere milionario.
Mastour è sicuramente bravo a giocare al pallone, Wikipedia lo descrive infatti in questo modo: “È un calciatore polivalente (è in grado di giocare da seconda punta, esterno alto o da rifinitore dietro le punte) in grado di creare superiorità numerica – grazie all’abilità nel dribbling – che si distingue per tecnica individuale e controllo di palla”. Però il can can mediatico che si registra fin da subito attorno a questo ragazzino è decisamente fuori luogo: sul “tubo” (il popolare sito YouTube) girano parecchi video sulle “skills” del giovane italo-marocchino che da cinque minuti di video messo sul web sembra una sorta di incrocio tra Pelé e Maradona. Di mezzo ci si mette di mezzo il suo procuratore Dario Paolillo che fa fotografare il proprio baby assistito con un pallone d’oro in mano (del resto, in una delle rare interviste concesse Mastour dice che il suo sogno non è diventare una bandiera del Milan ma vincere quella buffonata di premio che si chiama Pallone d’Oro, narcisismo allo stato puro!). La storia di Mastour fa comodo non solo alla famiglia del giocatore, che in Italia vedono una sorta di Eldorado, al suo procuratore che con un simile prospetto inizia a luccicare dollari dagli occhi come Paperon de’ Paperoni o alla società Milan che intende mostrare ai propri tifosi, boccaloni e creduloni, di non essere in declino e di avere un settore giovanile degno di quello che sfornò i Baresi, Maldini e Costacurta. In generale il circo mediatico vede in Mastour una sorta di “nuovo Balotelli” da dare in pasto alle plebi: la storia strappalacrime di un ragazzo di colore che grazie al calcio “ce l’ha fatta” nella rutilante Italia multietnica guidata dal Messia europeista Mario Monti.
Nonostante il can can mediatico incessante la parabola calcistica del giovane italo-marocchino non è così diversa da quella di molti suoi coetanei: nella stagione 2012/13 Hachim gioca quasi sempre con i Giovanissimi, l’anno successivo viene aggregato alla Primavera dove però non vede campo quasi mai. Nonostante la repentina frenata nella parabola calcistica del giovane, il rumore mediatico non accenna a diminuire, anzi aumenta: nel gennaio del 2014 Mastour gira uno spot per la Red Bull palleggiando a San Siro fianco a fianco con l’asso del Barcellona Neymar. A maggio, per coprire una stagione sportiva fallimentare, Galliani (o chi per lui) decide di spostare Mastour direttamente in Prima Squadra facendogli annusare più e più volte il debutto in Serie A, cosa che non avverrà mai: nella stagione 2014/15 Mastour è aggregato stabilmente con i grandi, veste la maglia numero 98 come il suo anno di nascita, ma il campo lo vedrà solo dalla panchina o dalla tribuna.
In mezzo ai peana della stampa e del barnum mediatico che ruota attorno al mondo milanista (e non solo) salta fuori finalmente una voce fuori dal coro, quella di un ex pizzaiolo campano che ha fatto le fortune come mercante di calciatori in Olanda, un tale Carmine Raiola che agli inizi del 2015 così si esprime su Mastour: “C’è troppo circo attorno a lui” fino ad ingaggiare un vero e proprio duello a distanza con il procuratore del baby fenomeno, reo di “pompare” troppo il proprio assistito. Polemiche pretestuose perché nel giro di pochi mesi Mastour abbandonerà Paolillo e si getterà calorosamente tra le braccia dell’ex pizzaiolo…
Nell’agosto 2015, quando in molti (boccaloni) si aspettavano una consacrazione di Mastour in Prima Squadra arriva la svolta: il bimbo prodigio viene ceduto con un prestito con diritto di riscatto al Malaga dove gioca solo cinque giri di lancette d’orologio in un’intera stagione! Ritornato come un pacco postale a Milano, Mastour nell’estate 2016 viene ceduto in prestito allo Zwolle, club olandese satellite della Galassia Raiola, dove nonostante gli apprezzamenti del proprio tecnico, gioca appena cinque partite. Da cinque minuti in Spagna a cinque partite in Olanda, l’upgrade per il “mago delle skills” c’è tutto comunque…
Con il primo luglio 2017 Hachim Mastour diventa definitivamente svincolato: il Milan l’ha scaricato come un sacco nero pieno di immondizia e nessuna squadra, grande o piccola, si è avvicinata a questo ragazzo che non ha ancora compiuto vent’anni. La storia di mastour non è solo l’emblema di un “sogno mancato” ma anche di quanto sia diventato grottesco, irreale e alienante il mondo del pallone. Già, sono bastate un paio di “skills” su YouTube per creare ad hoc una gigantesca bolla di sapone che poi è esplosa inevitabilmente ai primi contatti con la realtà. Il calcio si sta trasformando sempre di più in una gigantesca fabbrica della menzogna che, complici media asserviti, sta arricchendo sempre i soliti noti oltre che far diventare il gioco più popolare del mondo come una sorta di barzelletta che non fa più ridere nessuno.