Nella capitale nigeriana il 7 luglio 2019 si è tenuto un summit di ministri e capi di stato dell’Unione Africana per lanciare ufficialmente la Zona di libero scambio continentale africana. Frutto di un lavoro diplomatico intenso, l’AfCFTA (African Continental Free Trade Area) pare destinata a diventare l’area di libero scambio più grande al mondo per numero di paesi coinvolti, ed è vista con interesse dai grandi partners commerciali del continente, nonché da Cina ed Unione Europea. Il marketing del trionfalismo ha subito fatto sentire le sue grancasse. Per la contentezza di chi sostiene a spada tratta il “liberismo economico” e la bontà di organismi come il WTO, la potentissima organizzazione del commercio mondiale capace di imporre al Pianeta Terra regole del commercio totalmente sfavorevoli al 99,98% degli uomini o degli animali e delle piante, e che attraverso tre giudici non-eletti ma invocati dai governi dei principali Stati occidentali opera nel nome delle solite innominate, la multinazionali.

L’accordo prevede l’eliminazione delle tariffe doganali tra gli stati aderenti sul 90% dei prodotti e servizi commerciali che ne attraverseranno le frontiere. Il restante 10% è riservato a settori economici particolarmente vulnerabili o rilevanti per gli interessi nazionali. L’eliminazione delle tariffe doganali dovrà avvenire progressivamente nei prossimi cinque anni, con una possibilità di estensione per economie più fragili. L’obiettivo centrale è di accrescere il commercio intra-africano, che nel 2018 rappresentava appena il 17% degli scambi totali del continente e il cui volume potrebbe aumentare di oltre il 50% entro il 2022 (rispetto al 2010),

Al di là dei trionfalismi, ad onor del vero qualcuno (meno male) si pone ancora il beneficio del dubbio. Tra questi è bene citare due voci. La prima è quella dell’ISPI, che in un suo recente report (*) segnala il rischio di dumping, ovvero che merci a basso costo prodotte fuori dal continente ‘invadano’ i paesi dell’AfCFTA approfittando della libertà di circolazione interna e in alcuni casi di accordi bilaterali con i paesi di primo ingresso della merce (la Cina ha già accordi con dieci paesi, mentre l’UE ha soprattutto accordi regionali e gli Usa invece hanno un sistema tariffario complesso e a tratti svantaggioso per i partner africani). A questo punto sarà davvero cruciale il successivo negoziato sulle ‘regole di origine’, destinate a stabilire quali prodotti siano effettivamente ‘made in Africa’ – e quindi possano beneficiare correttamente dell’eliminazione delle tariffe doganali – e quali non lo siano.

Un paio d’anni fa l’economista Jacques Berthelot (**) aveva considerato una vera e propria “follia” la creazione di questa zona di libero mercato africano. Secondo Berthelot, la rimozione del 90% dei dazi doganali in Africa non rafforzerà l’integrazione regionale. Al contrario, ritiene che questa misura potrebbe avere l’effetto opposto. Un accordo di libero scambio non è infatti mai un’unione doganale. Lungi dal favorire l’integrazione regionale e lo sviluppo economico del continente, potrebbe solo disintegrare l’Africa aprendo le porte a società multinazionali che sono già ampiamente presenti nella maggior parte dei paesi e che concentreranno le loro attività nei settori più competitivi esportando verso altri.

Come evidenziato anche da Batanai Chikwene, economista dell’ECA, l’area di libero scambio non potrà mai essere panacea di tutti i mali del Continente africano, ma semplicemente un’opportunità per quei paesi che sapranno tessere relazioni e creare strategie economiche. I rischi sono e saranno sempre dietro l’angolo ed alcuni paesi potranno subire grandi shock di assestamento. Si veda, ad esempio, il caso del Burkina Faso, la cui produzione di cotone fu messa in ginocchio lo scorso decennio dalle sovvenzioni Usa, avallate dall’Organizzazione Mondiale del Commercio, o quello della stessa Eritrea (che al momento non ha aderito all’AfCFTA), che probabilmente vede con giustificata preoccupazione la possibile ri-colonizzazione economica del proprio territorio dopo una lunghissima e sanguinosa guerra d’indipendenza.

Questo processo andrà continuamente seguito da vicino, evitando le deformazioni dell’afro-ottimismo come quelle dell’afro-pessimismo. Sono di certo condivisibili le valutazioni di Nadim Michel Kalife, esperto in politica economica togolese, che descrive come prematura la creazione di una zona di libero scambio in Africa. Secondo lui, i paesi africani dovrebbero prima di tutto affrontare i problemi del malgoverno prima di intraprendere un simile processo. Lo scramble for Africa trova sempre strumenti multiformi per la ricolonizzazione africana. E prima ancora di demonizzare sui social i paesi non aderenti all’AfCFTA (o che hanno aderito “in ritardo”) occorrerebbe anche che noi occidentali ragionassimo con la nostra testa e valutassimo onestamente e in buona fede i pericoli che l’Africa sta nuovamente correndo. I rischi di nuove forme perverse di colonialismo sono sempre incombenti.

(*) ISPI, Niger: al via l’accordo commerciale che rivoluzionerà l’Africa, Giacomo Zandonini | 06 luglio 2019;

(**) Jacques Berthelot, La folie de la zone de libre-echange continentale africaine, SOL – Alternatives Agroecologiques et Solidaires, 4 settembre 2017

Alessandro Pellegatta

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Alessandro Pellegatta è nato nel 1961 a Milano, dove vive e lavora. Si dedica da anni alla letteratura di viaggio. Per FBE ha pubblicato nel 2009 un libro sull’Iran (Taqiyya. Alla scoperta dell’Iran), mentre per Besa editrice ha pubblicato i reportage Agim. Alla scoperta dell’Albania (2012), Oman. Profumo del tempo antico (2014), La terra di Punt. Viaggio nell’Etiopia storica (2015), Karastan. Armenia, terra delle pietre (2016), Eritrea. Fine e rinascita di un sogno africano (2017), Vietnam del Nord. Minoranze etniche e dopo sviluppo (2018). Il 28 febbraio 2019 uscirà un suo nuovo volume dedicato alla storia dell’esplorazione italiana in Africa intitolato Manfredo Camperio. Storia di un visionario in Africa. Due nuove opere sulla storia del Mar Rosso e di Massaua e sull’Algeria sono al momento disponibili in versione ebook su Amazon Kindle. Partecipa da anni ad eventi e convegni relativi alla cultura di viaggio, e collabora con svariati siti e riviste sui temi legati alle minoranze etniche e la difesa dei diritti dell’uomo.

UN COMMENTO

  1. Non è tutto oro quello che luccica !! certo che quello che apparentemente sembra un colossale affare per l’Africa come continente, necessita di una analisi più approfondita. Resta inteso che ogni Stato africano dovrà studiare questo progetto e valutare, “dove è la mia convenienza a partecipare” ?? Visto che i giovani Stati africani hanno difficoltà nella gestione dei loro territori, sarebbero gioco forza vittime di chi si sostituirà a loro in questa mega attività di libero scambio commerciale. La Cina sta già lavorando, ma tutte le multinazionali ed i Paese occidentali (Francia….e..) saranno i primi che si faranno avanti per aiutare (!) nella gestione. Che ci pensino senza paura a dire NO !!

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