Un tempo, recandosi al lavoro coi mezzi pubblici, si vedeva gente che leggeva i quotidiani, le riviste e i libri. Oggi il 90 per cento dei viaggiatori è attaccato in modo compulsivo ai propri telefonini. Siamo eternamente connessi col mondo, e siamo schiavi dei social media. Non sappiamo più fare a meno degli amici virtuali e dobbiamo sempre dire la nostra su tutto, anche su argomenti di cui non conosciamo nulla. Beviamo come acqua fresca le fake news, e siamo diventati uno dei popoli con meno lettori al mondo. Viviamo di immediatezza e di apparenze, e materie come la storia o la geografia sono considerate dei fossili del passato. Anche l’analfabetismo funzionale è diventato una piaga sociale, e il mondo della politica (come del resto altrove) ha buon gioco nel prosperare sull’onda di (sempre nuove) paure montate ad arte…

Ma c’è sempre qualcosa di unico e prezioso in una biblioteca pubblica. E le biblioteche sono una delle basi della nostra civiltà. Permettono ai vivi di dialogare coi morti. Ascoltare le voci degli autori del passato significa trovare infatti risposte alle nostre preoccupazioni presenti e al nostro bisogno di conoscenza. Per gran parte della storia umana le biblioteche sono rimaste un bene esclusivamente privato e disponibile solo agli abbienti, e la cultura era inaccessibile per le famiglie che non disponevano di libri. La biblioteca pubblica fu una grande innovazione dell’epoca vittoriana. Tutti cominciarono a leggere tutto o quasi. Leggere è diventato così un diritto universale.

Un nostro grande patriota ed esploratore, Manfredo Camperio, che introdusse il nostro paese alla conoscenza dell’Africa (quando l’Africa ce l’avevamo in casa) e che andava verso mondi allora sconosciuti, aprì dalla seconda metà dell’Ottocento la sua biblioteca ai concittadini di Villasanta, mettendo a disposizione di tutti le principali riviste geografiche d’Europa, i libri degli esploratori e le prime fotografie di un continente ancora sconosciuto. Non si accontentò di questo, ma fondò anche una rivista, L’Esporatore (1877), che vide tra i suoi principali inviati anche Renzo Manzoni, nipote del grande Alessandro, che per primo tra gli occidentali visitò e descrisse lo Yemen.

Questa idea della funzione della biblioteca pubblica è ancora viva in molti paesi. Ma come ha scritto recentemente “The Guardian”, nel Regno Unito rischia ora di soffocare. A seguito dei tagli selvaggi le biblioteche inglesi sono state colpite senza pietà. Più di 400 biblioteche e 140 biblioteche mobili sono state chiuse, e le restanti hanno perduto personale, libri e ore di apertura. C’è chi sostiene che Internet ormai renda inutili le biblioteche pubbliche, ma l’argomentazione non regge: al contrario, Internet ha reso ancora più importanti le biblioteche pubbliche, posta la crescente necessità di rispondere alla sfida digitale e di interagire in un mondo sempre più globalizzato e che ha bisogno di sempre maggiori conoscenze specialistiche e umanistiche.

La biblioteca pubblica non rappresenta solo una porta girevole verso un mondo “altro”, ma è un vero e proprio Comitato di accoglienza verso le terre sconosciute dell’intelletto. Come ha scritto Neil Gaiman, Google ti può dare centomila risposta a una domanda ma un bibliotecario può indicarti sicuramente la risposta giusta. Il valore di queste biblioteche non sta pertanto solo nelle opere contenute (i libri) ma anche in coloro che ci lavorano (i bibliotecari) e che sono la memoria vivente di questo patrimonio, tangibile e intangibile.

Oggi il governo irlandese vorrebbe estendere gli orari di apertura di 200 biblioteche pubbliche dalle 8 del mattino alle 10 di sera, sette giorni su sette, e questo contrasta il trend britannico. Mancherà per le biblioteche irlandesi il personale, ma è meglio di niente. E in Italia, dove si è di recente effettuato un taglio selvaggio dei fondi alla scuola pubblica e alla ricerca, che cosa si vuole fare per questi tesori?

Alessandro Pellegatta
Alessandro Pellegatta è nato nel 1961 a Milano, dove vive e lavora. Si dedica da anni alla letteratura di viaggio. Per FBE ha pubblicato nel 2009 un libro sull’Iran (Taqiyya. Alla scoperta dell’Iran), mentre per Besa editrice ha pubblicato i reportage Agim. Alla scoperta dell’Albania (2012), Oman. Profumo del tempo antico (2014), La terra di Punt. Viaggio nell’Etiopia storica (2015), Karastan. Armenia, terra delle pietre (2016), Eritrea. Fine e rinascita di un sogno africano (2017), Vietnam del Nord. Minoranze etniche e dopo sviluppo (2018). Il 28 febbraio 2019 uscirà un suo nuovo volume dedicato alla storia dell’esplorazione italiana in Africa intitolato Manfredo Camperio. Storia di un visionario in Africa. Due nuove opere sulla storia del Mar Rosso e di Massaua e sull’Algeria sono al momento disponibili in versione ebook su Amazon Kindle. Partecipa da anni ad eventi e convegni relativi alla cultura di viaggio, e collabora con svariati siti e riviste sui temi legati alle minoranze etniche e la difesa dei diritti dell’uomo.

UN COMMENTO

  1. Condivido i principi ma non conoscete o non avete approfondito la situazione italiana. Sono proprio i bibliotecari che impediscono agli italiani di leggere i libri nelle biblioteche che Napoleone ci aveva aperto al pubblico!
    Andate a leggere i regolamenti o le condizioni per “l’ammissione” sui siti internet delle biblioteche del Ministero dei Beni Culturali ….. .

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