I Paesi europei sono solo province remote dell’impero statunitense. Questo è noto da tempo, ma in questi giorni sta diventando particolarmente chiaro anche a chi generalmente fa finta di ignorare il rapporto di forze impari che esiste tra i Paesi membri della NATO. Un Paese libero e sovrano, infatti, non danneggerebbe mai il proprio interesse nazionale per compiacere una potenza straniera, seppur alleata. Questo è invece il comportamento che assumerebbe una colonia, una provincia periferica dell’impero, appunto, sfruttata fino al midollo per l’interesse del potere egemonico centrale.
È in quest’ottica che va letto l’annuncio fatto ieri Josep Borrell, alto rappresentante per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza dell’Unione Europea, quando ha affermato che i Paesi membri hanno deciso di approvare all’unanimità le sanzioni contro la Russia: “Abbiamo risposto rapidamente in 24 ore, dimostrando la nostra risolutezza. Abbiamo raggiunto all’unanimità la decisione di adottare il pacchetto di sanzioni per infliggere danni, ingenti danni alla Russia“, ha dichiarato il funzionario spagnolo. Borrell dimentica però di dire che questa mossa rischia di infliggere danni ancora più ingenti agli stessi Paesi europei.
Sono anni, infatti, che l’UE continua ad imporre sanzioni contro la Russia che ricalcano quelle di Washington, al fine di compiacere il proprio padrone nordamericano. La differenza è che gli Stati Uniti non hanno grandi rapporti economico-commerciali con la Russia, e dunque non risentono delle conseguenze di queste sanzioni. Al contrario, l’UE dipende in gran parte proprio da Mosca per quanto riguarda le forniture di energia, ed intrattiene con la Russia scambi importanti anche in altri settori. Le sanzioni imposte dall’UE contro la Russia sono dunque le prime sanzioni della storia che arrecano nocumento a colui che sanziona, ancor più che a colui che viene sanzionato – e questo accade oramai da anni.
I Paesi europei continuano a considerare gli Stati Uniti come un proprio alleato, ma non si rendono conto che in realtà per Washington l’Europa è solo una colonia da sfruttare a proprio vantaggio, se non addirittura un competitor da indebolire e sconfiggere. Con queste sanzioni, Washington vuole danneggiare tanto Mosca quanto le principali potenze europee, al fine di perseguire il proprio progetto egemonico di dominio mondiale.
Le tensioni in Ucraina, le sanzioni contro la Russia ed il fatto che gli Stati Uniti continuino ad opporsi risolutamente al gasdotto Nord Stream 2 tra Russia e Germania hanno causato l’impennata del prezzo del gas naturale, a discapito delle tasche della classe lavoratrice europea. Nella sola giornata di ieri, infatti, il prezzo del gas è aumentato del 10%. Secondo Marija Zacharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, l’obiettivo degli Stati Uniti è quello di conquistare il mercato energetico europeo. Limitando le importazioni di gas russo, l’Europa sarà costretta a rivolgersi ad altri fornitori, e gli Stati Uniti saranno pronti ad intervenire, e naturalmente a trarne profitto.
“Il Nord Stream 2 è un progetto che hanno cercato di rallentare in ogni modo possibile, prima per non farlo progettare affatto, poi per fermarne la costruzione, poi per capire perché non può essere messo in funzione, e ora inventando un altro tipo di ‘minaccia’ russa per introdurre ancora più sanzioni con questo pretesto e ottenere ancora più argomenti per spaventare gli europei con la prospettiva di non ricevere risorse energetiche da noi”, ha spiegato Zacharova. La portavoce ha ricordato che la Russia ha fornito gas all’Europa per decenni ed ha sempre dimostrato di essere un fornitore affidabile di gas e altre risorse energetiche.
Anche il vice primo ministro Aleksandr Novak ha trattato l’argomento, ricordando che la semplice apertura del Nord Stream 2 consentirebbe di stabilizzare immediatamente il mercato energetico europeo e di abbassare rapidamente il prezzo del gas. Inoltre, questo aiuterebbe l’UE nel proprio progetto di eliminazione del carbone come fonte di energia, riducendo del 14% le emissioni annue di CO2, una cifra pari alle emissioni di circa 30 milioni di auto private: “Come abbiamo potuto vedere lo scorso anno, decisioni affrettate e premature in un settore, che è fondamentale per l’economia globale, portano a conseguenze negative per l’intero mercato globale, per l’industria, la scienza, i trasporti e, soprattutto, danneggiano il benessere delle persone”, ha detto Novak.
Ricordiamo che il progetto Nord Stream 2 prevedeva la costruzione di due gasdotti con una capacità totale di 55 miliardi di metri cubi all’anno, seguendo un percorso che va dalla costa della Russia attraverso il Mar Baltico fino alla Germania. La sua costruzione è stata completata il 10 settembre 2021, ed il successivo 29 dicembre il CEO di Gazprom, Aleksej Miller, ha annunciato che il gasdotto era completamente pronto per il lancio. Tuttavia, a causa delle pressioni degli Stati Uniti, la Germania non ha dato ancora il via libera all’inizio delle operazioni, causando ingenti perdite al settore energetico europeo, che in questi due mesi avrebbe potuto ricevere circa 4.5 miliardi di metri cubi supplementari con l’utilizzo del Nord Stream 2.
Coloro che pensano che il settore energetico sia l’unico ad essere intaccato si sbagliano di grosso. Ricordiamo, infatti, che prima della corsa alle sanzioni antirusse, le esportazioni europee verso la Russia avevano raggiunto quasi i 160 miliardi di dollari annui nel 2012 e nel 2013. Anche di recente, il valore delle esportazioni dell’UE ha comunque superato i 100 miliardi di dollari nel 2019, e questi numeri riguardano i settori economici più diversi. La Russia è ancora oggi, nonostante le sanzioni, uno dei cinque partner commerciali più importanti dell’UE, sia per le esportazioni che per le importazioni.
Nel complesso, la Russia rappresenta la prima riserva mondiale di gas naturale e l’ottava riserva mondiale di petrolio, ma è anche un importante produttore di cobalto, cromo, rame, oro, piombo, manganese, nichel, platino, tungsteno, vanadio e zinco. Inoltre, le sanzioni alla Russia potrebbero colpire duramente il settore siderurgico, viste le ingenti importazioni di alluminio russo da parte dei Paesi europei.
La conseguenza di tutto ciò sarà un’impennata dei prezzi delle risorse naturali e delle materie prime, che andrà a ripercuotersi sulle tasche della classe lavoratrice europea, a vantaggio invece dell’élite finanziaria che fa capo a Washington.