Tanto rumore per nulla. Sì, alle elezioni europee dello scorso 26 magigio la Lega ha sfondato al Sud e ha pescato i suoi voti non solo nell’area di centrodestra, ma anche dall’alleato di governo. Sì il Cinquestelle ha dimostrato di avere un elettorato troppo volubile, quando non si tratta stabilire il governo del Paese. Sì, in Europa non cambierà proprio nulla, liberali e conservatori moderati imporranno la solita austerity all’Italia e le solite politiche economiche insufficienti a fronteggiare la crisi che ha colpito l’Eurozona da ormai dieci anni.
Allora di che parlano opinionisti, giornalisti e politici? Nulla, come tutto il buon marketing che si rispetti. Politici e giornalisti nel XXI secolo sono soprattutto professionisti della comunicazione: nei salottini di Vespa e Mentana è conveniente dare una rappresentazione il più possibile ingarbugliata, dove trame nascoste, giochi di potere e “cazzimmate” politiche sono in procinto di cambiare tutto lo status quo, bisogna pure vendere giornali e fare audience, magari riuscendo a influenza l’opinione pubblica. I dirigenti politici della sinistra (se ancora si può chiamare tale) cercano di giocare tutte le loro carte sulla contrapposizione con Salvini: il Cinquestelle ha fallito nella sua azione di governo ed è stato punito dagli elettori che stanno per tornare a sinistra, il fascismo nella figura di Salvini sta per resuscitare e i dem stanno per contrapporsi al regime salvando il paese da questi sciagurati. Sì, credici… Infine i sovranisti vanno in piazza e in tv gongolando, come se avessero conquistato il Parlamento e i la maggioranza dei governi europei.
I fatti parlano però di tutt’altro. L’Europa è ancora saldamente in mano ai liberali in salsa tedesca, nonostante l’emorragia di voti e le affermazioni di Salvini, di Orban e della Le Pen. I sovranisti euroscettici che affondano le loro radici nella tradizione delle destre europee non riescono ad essere un’alternativa credibile all’europeismo liberale guidato da Berlino. Sebbene riescano a cogliere nel segno nella pars destruens, intercettando l’insofferenza delle classi sociali europee più colpite dalla crisi dell’Eurozona, i sovranisti per ora hanno completamente fallito nelle proposte. Se escludiamo il discorso della sicurezza e dell’immigrazione, i partiti che vengono solitamente inseriti nella famiglia sovranista non vanno neanche d’accordo tra loro, nonostante quanto propagandino solitamente i loro leader. Orban lascerebbe che tutti gli scafi con i clandestini restassero all’Italia, mentre l’AfD dei populisti tedeschi non ha idee molto dissimili dalla Merkel sul debito pubblico italiano. Questi partiti se escludiamo quello ungherese di Orban, oltre a non sfondare (Wilders in Olanda ha preso anche meno voti del 2014) non hanno un pensiero organico e anche nel prossimo quinquiennio saranno percepiti ancora come una deriva politica frutto del malcontento della popolazione europea.
Naturalmente le cose in Italia vanno meglio per euroscettici e antisistema: stando ai numeri il governo sommando le preferenze dei due partiti di maggioranza ha tenuto ottenendo oltre il 50% dei voti. La Lega ha senza alcun dubbio avuto un grande successo di consensi con ben oltre 9 milioni di votanti e il 34% delle preferenze, quasi 4 milioni in più rispetto a un anno fa. Mentre il PD nonostante i proclami di Zingaretti e Martina non ha avuto alcuna ripresa, malgrado il sorpasso al movimento cinque stelle: rispetto all’anno scorso i dem sono rimasti stabili, perdendo soltanto centomila voti, ma con un crollo vertiginoso dei partiti dell’area di sinistra.
Un capitolo a parte lo meritano i Cinquestelle, in un anno sono diventati dal primo al terzo partito del nostro paese, passando dal 32% circa del 2018 al 17% di quest’anno. Una differenza di ben sei milioni di elettori. I Cinquestelle hanno pagato la forte astensione ma anche una politica troppo moderata su Europa e immigrazione. Il problema dei pentastellati è un problema di propaganda e di comunicazione, se gli elettori hanno deciso di non votarli è per due motivi: il primo è che non sono andati a votare, il secondo è che si sono rivolti alla Lega, preferendo comunque un partito di governo. Ciò significa che gli italiani continuano ad avere una certa fiducia nel governo Conte e dai suoi sostenitori.
Dalle parti di Casaleggio e Di Maio faticano a capire che il loro movimento ottiene consensi quando pesca tra le classi più disagiate, che sull’Europa hanno da tempo un parere molto netto, veicolato bene da Salvini. Agli italiani come ai francesi piace la critica serrata all’Europa, ma senza la proposta di salti nel buio, che continuano a temere. Il Cinquestelle nello specifico ha fallito sia alle europee del 2014, quando proponeva esplicitamente un referendum sull’euro, sia nel 2019 quando è arrivato alle elezioni europee con cinque anni di dietrofront rispetto all’euroscetticismo (si ricordi il tentativo maldestro di Grillo di allearsi con i liberali dell’ALDE nel Parlamento Europeo). Tuttavia i numeri del Cinquestelle in un eventuale nuova tornata elettorale per le politiche, potrebbero essere sicuramente diversi e in generale elezioni col proporzionale puro e un sistema misto come quello usato per le politiche in Italia non sono sovrapponibili.
Finita la sbornia di battibecchi e di propaganda per queste chiacchierate quanto inutili elezioni europee è ora che il governo si dia una svegliata. L’Europa non concederà mai all’Italia quello che vuole e quello che servirebbe affinché ci siano le condizioni per una ripresa economica credibile e tra gli Stati europei veri alleati di Roma non ce ne sono e non ce ne saranno, l’Italia è uno stato dall’economia troppo importante per permettergli di organizzare una ripresa economica. Continuare a governare con la spada di Damocle della promessa fatta a Mattarella di non tradire l’Unione Europa sarebbe folle oltre che deleterio, e non si confidi nei nuovi commissari e nel futuro presidente della BCE. Senza soluzioni drastiche siamo spacciati.