La strategia di Putin ormai si rivela vittoriosa su tutti i fronti, cosa che sono costretti ad ammettere quasi tutti, eccetto i più livorosi ai quali non resta che abbarbicarsi alle notizie fasulle fabbricate in America e/o dai media europei, spesso più realisti del re.
In Ucraina la situazione si fa drammatica per il governo golpista filoamericano, lacerato da una profonda crisi economica e sociale che lo costringe a elemosinare gas e denaro in giro per il mondo, perfino dall’odiata Russia.
Il Donbass resta saldamente indipendente, la Crimea ormai è russa, anche se alcuni «giapponesi» si ostinano a considerarla ucraina, nonostante gli abitanti siano russi e abbiano scacciato soldati e poliziotti ucraini.

In Siria, le forze dell’ISIS-Al Qaeda-Al Nusra (cioè NATO+ sauditi) sono nel panico, a causa dei bombardamenti russi.
E così, gli aerei russi non si erano neppure levati in volo, che un’autentica ondata di isteria si è riversata sulle orecchie (o gli occhi: il delirio corre anche sul web) dei poveri europei.
«Sono morte decine di civili!» strilla qualcuno. «La Russia sta uccidendo i terroristi sì, ma quelli sbagliati!» urla qualcun altro. «Se la Russia elimina Al Qaeda danneggia la lotta all’ISIS» sibila un think tank inglese.
Sì, perché la novità degli ultimi mesi, è l’arruolamento (ufficiale, prima era solo informale) nella Grosse Koalition a guida americana, creata col duplice scopo di fare la guerra (vera) ad Assad e (di simularla) contro l’ISIS.1
La mossa russa scompagina circa un anno di guerra fittizia all’ISIS, caratterizzata da bombardamenti sempre fuori bersaglio (tranne quando colpivano postazioni dell’esercito siriano) e da «errori» nelle forniture militari, che spessore e volentieri finivano nelle mani dell’ISIS, invece che in quelle dei sempre meno affidabili kurdi.
Ovviamente, non si vede, e non si vedrà, alcun intervento di terra: i russi hanno ben imparato le lezioni del passato, specialmente quella afghana. Tuttavia ci sono forze di terra a difesa delle basi russe e di alcune città siriane, oltre ad alcuni aerei da guerra, protagonisti di queste ore. Ovviamente, il voto unanime del parlamento russo ai bombardamenti aerei, a seguito (è giusto ribadirlo) di una richiesta scritta da parte del governo siriano, n cui s richiede l’aiuto russo, permettono a Mosca non solo di rafforzare la qualità e la quantità di supporto fornito a Damasco, ma anche di operare in piena legittimità. Su quest’ultimo punto, occorre spendere qualche riga. Dal crollo dell’URSS siamo stati abituati, a parte qualche eccezione non significativa (vedi oltre), a questo meccanismo: gli USA vogliono una guerra nel paese X → comincia la propaganda martellante, le sanzioni e la speculazione finanziaria contro quel paese → bivio: l’OnNU dà il consenso? → guerra democratica e umanitaria contro X. L’ONU non dà il consenso? → Guerra necessaria contro il paese X, con tanto di sberleffi alla «vecchia Europa» e al «vecchio» mondo dell’ONU e della sua inutile burocrazia.
In entrambi i casi, l’approvazione dell’ONU, spesso ottenuta col ricatto e le minacce, era comunque un orpello, che al massimo poteva fungere da foglia di fico per i pacifisti per appoggiare la guerra o, in caso di mancato consenso, per fingere un’opposizione che in realtà era perfettamente funzionale alla narrazione occidentalista («noi siamo liberi e democratici, tanto da permettere le contestazioni, voi no: per questo è giusto bombardarvi!»). Naturalmente, nel caso di mancato assenso di guerre illegittime, nel caso di assenso di guerre dalla dubbia legittimità. Così, il fatto che la Russia abbia atteso di ricevere il consenso siriano (ricevuto dopo anni!) prima di intervenire, risulta completamente incomprensibile a un occidente che ha prima denigrato e poi smarrito lo stesso concetto di legittimità, sostituendolo con un surrogato infaricto di utilitarismo e meschino doppiopesismo («il referendum in Kosovo, Gibilterra e Malvinas è legittimo, quello in Crimea no!»).
Oltre alla questione della legittimità, vi è un’altra cosa che, al di là delle batoste, manda in tilt gli analisti atlantici: la politica estera occidentale è avvoltolata in una nuvola puzzolente di machiavellismo fittizio e di confusione e lotte politiche interne, spacciato per pluralismo e strategia risolutiva, il tutto velato da una nebbia di intrighi che nascondono meschine speculazione dei soliti «squali» dell’alta finanza e della grande industria.
La politica estera russa, invece, è all’insegna di una certa trasparenza (che ovviamente non può essere assoluta, pena l’inefficacia, ma comunque si avvicina molto a tale concetto) che spiazza gli occidentali, abituati a parlare con lingue biforcute, quando non tri(o multi)-forcute spesso dandosi la zappa sui piedi (vedi Mc Cain e gli inglesi che strillano perché i russi hanno bombardato le forze di Al Qaeda) per le troppe bugie che sono costretti a tenere in piedi. Tale fenomeno, anzi, è così sviluppato, che ormai si è tramutato in uno spontaneo sentimento di odio nei confronti della verità, anzi del suo stesso concetto, visto con sospetto, quando non combattuto apertamente. A ogni modo, le si preferisce quello di utilità.
Gli “occidentali” si vantano di essere pragmatici, ma in realtà il loro è il pragmatismo di un cieco, che nei propri calcoli non tenga conto del sole perché ne ignora (o ne vuole ignorare) l’esistenza.
Tant’è che tutti i gruppi terroristici che hanno colpito interessi occidentali negli ultimi decenni, sono poi risultati essere (stati) supportati dagli USA, nella perenne ricerca della guerra a morti (americani) zero e del mantenimento dell’immagine di Paese buono, che lotta per la democrazia nel mondo e non uccide i civili.
La propaganda è un’arma a doppio taglio: è dannatamente efficace, almeno sulle masse e le (pseudo)élite dall’intelletto in fase di decomposizione e dai numerosi vizi e capricci. Tuttavia, quando è troppo efficace, rischia di essere creduta dai suoi stessi committenti, e allora si cominciano a perdere le guerre. Se Mussolini non avesse davvero creduto alla propria propaganda, riguardo alla consistenza delle forze italiane, non si sarebbe impegnato in una guerra disastrosa. Se Hitler, dopo aver convinto il mondo intero di avere il doppio delle divisioni corazzate di cui realmente disponeva, non avesse finito per crederci lui stesso, l’Operazione Barbarossa sarebbe stata cassata prima dell’inizio, o quanto meno avrebbe avuto obiettivi più limitati, sia sul piano strategico-operativo che su quello politico. Etc.
Se gli americani non avessero creduto ai propri think-tank, del resto ansiosi di compiacere la Casa Bianca, sfornando dossier in cui si presentavano come certi il crollo della Siria e perfino della Russia, probabilmente si sarebbero accontentati del viscido Yanukovic, che del resto si apprestava a consegnar loro l’Ucraina, seppur tramite l’adesione alla UE, e in Medioeriente avrebbero puntato su obiettivi molto più limitati, evitando di destabilizzare anche paesi ormai amici, come l’Egitto e l’Iraq, gettandoli fra le braccia dei russi. In effetti, gli americani sono anche riusciti nell’incredibile impresa di raffreddare i rapporti con sauditi e israeliani.
Gli americani si sono resi ridicoli tracciando una serie di linee rosse, che poi sono state rigorosamente ignorate, mentre Putin, dopo aver promesso di non abbandonare la Crimea, la Siria e il Donbass, ha fatto esattamente ciò che aveva detto: li ha difesi. Il che ha lasciato di stucco gli occidentali, abituati a trattare con satrapi corrotti o selvaggi con gli anelli al naso. Ma era evidente che in Ucraina Putin non avrebbe potuto abbandonare i russi dell’est né lasciare che gli piazzassero i missili alle porte di casa; in Siria non poteva abbandonare un alleato come Assad, senza perdere l’intero Medioeriente, e la base di Tartous (e quindi l’unico sbocco sul Mediterraneo).

Cosa faranno i russi ora? Per capirlo, occorre fare tabula rasa del 99% delle asserzioni della stampa occidentale, comunque sia orientata (quindi compresa anche quella «filorussa»). I russi non vogliono mettere «gli stivali a terra», del resto ci sono già gli Hezbollah e i siriani. Continueranno a usare l’arma aerea, in modo sia da distruggere le forze terroriste, che tagliando le loro linee di rifornimento e di ritirata, ed esigendo un pesantissimo tributo di sangue per ogni spostamento in terreno scoperto, al di fuori delle città. Città che, essendo la Siria in gran parte «terreno aperto», sono l’unico luogo in cui i terroristi potranno realizzare una qualche sorta di guerriglia; questa, però, potrò durare solo grazie al terrore, dato che i terroristi si sono fatti odiare da tutti indistintamente: cristiani, yazidi e musulmani. Il che vuol dire che la resistenza non potrà essere prolungata, pena il rischio di una spiacevole lotta (perdente) su due fronti.Dopo i ringhi e i pianti infantili, l’America dovrà scegliere se continuare a frignare nell’angolo, o accettare di collaborare con la Russia, uscendo dall’empasse, ma accodandosi a Mosca. In ogni caso, l’iniziativa è saldamente in mano a Putin che prima ha bloccato l’offensiva americana in Ucraina, poi ha contrattaccato, e infine ha stabilizzato quel fronte, potendosi adesso dedicare interamente alla Siria. Certo, gli americani continuano a tentare di destabilizzare Paesi amici della Russia o neutrali in giro per il mondo, ma in Siria, a meno di un fantascientifico intervento militare aperto contro la Russia, possono molto poco. Certo, non rinunceranno alla propria propaganda, ma la caterva di menzogne è ormai così elevata e così grottesca, che molta gente sta aprendo gli occhi. Ma i raid russi serviranno a vincere la guerra? Da soli probabilmente no, ma saranno un ottimo supporto per un possibile maggior coinvolgimento degli iraniani e di Hezbollah, senza contare l’impiego delle proprie forze speciali e forse anche di mercenari e di volontari russi. La Russia, sopratutto, salverà le proprie basi a Tartous e a Latakia. Quest’ultima potrebbe diventare il fulcro della forza russa nel Mediterraneo e nell’area Mediorientale. «Il capo dell’amministrazione presidenziale […] Ivanov ha anche osservato la richiesta del presidente per l’uso di forze militari all’estero era stato indotto dal fatto che un numero relativamente elevato di cittadini russi era unito ai gruppi terroristici in Siria, e queste persone potrebbe potenzialmente rappresentare una minaccia per la sicurezza nazionale della Russia. Il presidente Putin ha definito l’operazione in Siria “attacchi preventivi contro i terroristi”. Ha spiegato che i radicali provenienti da molti paesi del mondo, compresa la Russia, sono accorsi per l’Iraq e la Siria per unirsi ai terroristi di Stato islamico. Il presidente ha detto che devono essere tutti sconfitti e non ci ha permesso di tornare in patria.»2 Putin, oltre al sostegno unanime del Parlamento, ha incassato anche quello del principale partito di opposizione, il Partito Comunista (KPRF) e della Chiesa Ortodossa. Un alto prelato di quest’ultima, ha infatti benedetto la guerra contro il terrorismo: «La posizione del nostro paese è sempre stata collegata con la protezione dei deboli e degli oppressi, come i cristiani del Medio Oriente che ora stanno vivendo un vero e proprio genocidio. Il ruolo della Russia è sempre stato quello di proteggere la pace e la giustizia per tutti i popoli del Medio Oriente. Il terrorismo è immorale e dobbiamo proteggere coloro che vengono scacciati dalle loro terre con la guerra.[…] Qualsiasi lotta contro il terrorismo è morale, possiamo anche chiamarla una lotta santa.»3

Ma qual è l’obiettivo di Putin: quello di dominare il mondo, o di ricreare l’URSS, come sostengono i commentatori occidentali, con la bava alla bocca? No, il suo obiettivo è quello di garantire lo status della Russia come potenza globale, ma principalmente basandosi sulla diplomazia e sul commercio. Le zone di influenza diretta, da difendere a ogni costo, sono molto più limitate territorialmente, e certo non includono gli inutili paesi baltici e scandinavi, i più accaniti nello strillare contro la «minaccia russa.»Sua l’idea dei BRICS e anche in gran parte della SCO (Shangai Cooperation Organization) nato come forum economico legato allo sviluppo dei Paesi membri, e poi evolutosi prima in coordinamento antiterrorismo, poi in forza di intervento rapido, l’embrione di un’alternativa concreta allo strapotere della NATO, se non altro in chiave difensiva. È grazie a lui, che la Russia è riuscita a salvare l’Ossezia del sud, dall’aggressione georgiano-americana, e poi la Crimea e il Donbass, da quella atlantico-ucraina. E la Siria, attualmente al secondo, e forse deinitivo, salvataggio da parte di Mosca (e di Pechino).

Massimiliano Greco

1. https://us.cnn.com/2015/10/01/politics/john-mccain-cia-russia-airstrikes/index.html
2. https://www.rt.com/politics/317045-war-on-terror-is-sacred/
3. Ibidem