
Mentre i soliti noti continuano ad immaginare in maniera ossessiva la caduta del governo, Lega e Movimento 5 stelle hanno presentato in Senato un progetto di legge che modifica radicalmente le regole di nomina dei vertici di Bankitalia e cambia uno spartito eseguito in maniera spesso disastrosa da orchestre esaltate senza alcun merito da “critici” fin troppo benevoli.
Il testo è firmato dai capigruppo di maggioranza, Massimiliano Romeo (Lega) e Stefano Patuanelli (M5s), ma il vero ispiratore dell’iniziativa secondo Reuters è il senatore e presidente leghista della commissione Finanze Alberto Bagnai.
A rivelare i contenuti del ddl 1332, la cui presentazione stando al sito del Senato risale al 28 maggio, è l’agenzia Reuters, che racconta come nella relazione che accompagna il progetto di legge sia spiegato che l’obiettivo «è evitare che attraverso l’indipendenza si possa esulare dal sistema di bilanciamento e controllo dei poteri tipico delle democrazie liberali».
Lega e M5s nei mesi scorsi hanno accusato Bankitalia di non aver vigilato adeguatamente per prevenire le crisi bancarie degli ultimi anni, in cui migliaia di italiani hanno perso i loro risparmi, e chiesto a gran voce “discontinuità” non solo nei nomi ma nel metodo.
L’articolo 1 della bozza prevede che le modifiche dello statuto della Banca d’Italia siano approvate con legge del Parlamento, nel rispetto dell’indipendenza richiesta dalla normativa comunitaria. La legge attuale prevede invece che le modifiche siano deliberate dall’assemblea straordinaria dei partecipanti al capitale di Bankitalia.
Lega e M5s vogliono inoltre che i membri del direttorio siano nominati da governo e Parlamento. Attualmente la nomina del governatore è disposta con decreto del presidente della Repubblica, su proposta del presidente del Consiglio, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio superiore di Bankitalia. Il consiglio superiore, su proposta del governatore, nomina il direttore generale e i tre vice direttori con un iter che richiede un passaggio a Palazzo Chigi.
Secondo la proposta Romeo-Patuanelli, «il governatore, il direttore generale e uno dei vice direttori generali sono nominati su proposta del presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del consiglio dei ministri». «Due vice direttori generali, è scritto ancora, sono eletti, uno dalla Camera dei deputati e uno dal Senato della Repubblica, a scrutinio segreto e a maggioranza assoluta dei presenti».
Il sistema proposto ricorda per molti versi quello della Bundesbank, dove il governo nomina il presidente, il vicepresidente e un altro esponente del vertice, mentre i tre rimanenti spettano al Bundesrat.
Un altro passaggio importantissimo è questo: «I membri del direttorio, aventi cittadinanza italiana e comprovate qualifiche sono individuati tra dipendenti di Banca d’Italia, professori universitari ordinari di materie economiche o giuridiche o personalità dotate di alta e riconosciuta esperienza in settori economici o organi costituzionali».
Il nuovo statuto della Banca d’Italia dovrebbe entrare in vigore il giorno successivo a quello di pubblicazione della legge in Gazzetta ufficiale.
Qualche giorno fa, a proposito della riforma della Banca d’Italia, Bagnai ha affermato che serve a «renderla meno autoreferenziale e così allinearsi agli standard europei».
«Il nostro sistema, ha spiegato, somiglia solo a quello della Grecia, dove la selezione del direttorio viene fatta solo affidandosi a organismi interni».
«Nel dl depositato in commissione si prevede una riforma sul modello della Bundesbank: la metà dei membri di nomina governativa e la metà eletta dal Parlamento», ha aggiunto l’economista.
Intanto uno dei più noti quotidiani italiani vede nel progetto di legge firmato Lega-M5s un’ulteriore tappa di avvicinamento all’uscita dall’euro. «Di sicuro, scrive Fubini, quel che accadrebbe all’eventuale approvazione della proposta Romeo-Patuanelli è fin troppo prevedibile: la Banca centrale europea esprimerebbe un parere negativo, perché dare al parlamento pieni poteri sullo statuto di Banca d’Italia ne comprometterebbe l’indipendenza. Un’opinione della Bce su una legge nazionale non è mai vincolante, ma se il parlamento di Roma ignorasse il parere legale di Francoforte la Commissione Ue trascinerebbe l’Italia davanti alla Corte di giustizia europea. Partirebbe una lunga e pericolosa battaglia sull’equilibrio fra i poteri dello Stato, sotto gli occhi del resto d’Europa e dei creditori internazionali».
Poi il processo alle intenzioni della celebre “firma” diventa panico: «Perché in fondo le mosse di questi mesi sono di intensità crescente: prima la mozione sull’oro della Banca d’Italia; poi quella sui mini-Bot, chiaramente pensati per creare una specie di moneta parallela se l’Italia si trovasse tagliata fuori dalla liquidità della Bce come accadde alla Grecia nel 2015; infine l’affronto più audace, all’indipendenza della Banca d’Italia. È come se qualcuno cercasse l’incidente sui mercati che porti il Paese fuori dall’euro. Essere contro la moneta unica è legittimo, ovvio. Ma chi punta all’uscita deve dirlo apertamente, perché gli italiani possano decidere se questo è davvero quello che vogliono. Senza essere trascinati fuori strada – fuori dall’Unione europea, oltre che dall’euro – a fari spenti».