
Il 27 gennaio la Duma di Stato russa, alla terza e conclusiva lettura, ha accolto la proposta di legge sulle modifiche all’articolo 116 del Codice Penale della Federazione
Gli emendamenti collocano le percosse inflitte a membri della famiglia, senza lesioni o con fastidi non persistenti, da reato penale a illecito amministrativo.
Come nel caso della legge sulla propaganda omosessuale, i mass media hanno levato un polverone di accuse, sdegno e risentimento russofobico, e, come in precedenza, il giornalismo europeo si è stracciato le vesti invano, quando bastava appena approcciarsi alla superficie delle cose, per non incorrere nelle sciatte accuse di aver “legalizzato la violenza in famiglia”, e consimili.
Fino ad ora, in Russia la legge sulle violenze domestiche è stata estremamente severa. Elena Muzilina, segretaria del Comitato per le questioni familiari presso la Duma, ha dichiarato: “Se date uno schiaffo al figlio del vostro vicino, o lo strattonate per la mano, quella è responsabilità amministrativa – ma se fate lo stesso su vostro figlio, si rischia fino a due anni di carcere. E al contrario, se è il vostro vicino a dare un ceffone, è di nuovo solo sanzione amministrativa. E questa è un’assurdità, una stupidaggine”.
In sintesi, la proposta di legge vuole rimediare a quello che veniva percepito come un classico “vulnus” legislativo. Le modifiche introdotte servirebbero a difendere più efficacemente sia le vittime di violenza domestica, sia l’istituzione della famiglia, in quanto l’eccessiva durezza della giurisprudenza nei confronti delle “sberle educative” pareva fatta più per creare problemi che per offrire soluzioni.
E questo in un Paese, la Russia, dove i divorzi sono in aumento, la maggioranza delle percosse domestiche è – per noi – sorprendentemente commessa da donne, e dove gli articoli a protezione dell’infanzia sono severissimi e molteplici (i più noti: “Inadempienza degli obblighi genitoriali”, “Procurato danno alla salute del bambino”, “Violenza”, “Tortura”, tutte contenenti norme in base alla particolarità del crimine).
In realtà quella che, nei canali di informazione russi, è stata chiamata “la legge sugli schiaffi” è una media lacuna all’interno di un sistema attento e complesso, e non è di provenienza governativa, ma arriva da alcune associazioni di genitori spalleggiate da una parte del clero ortodosso.
Veniamo ai testi. L’articolo 116, nella sua redazione precedente, recitava: “Le percosse o altre azioni violente, causanti dolore fisico, ma che non comportano conseguenze, come indicate nell’articolo 115 del presente Codice, compiute a fini di teppismo, così come per ragioni di odio o inimicizia politici, ideologici, razziali, nazionali o religiosi oppure per ragioni di odio o inimicizia nei confronti di un qualsiasi gruppo sociale – vengono punite col lavoro obbligatorio per una durata di fino a 360 ore, oppure col lavoro correttivo della durata massima di un anno, oppure con la limitazione della libertà fino a due anni, oppure coi lavori forzati fino a due anni, o con l’arresto fino a sei mesi o con la privazione della libertà fino a due anni” (l’articolo 115 è quello che indica la sanzione in caso di lesioni lievi, sulle basi mediche stabilite nella Disposizione di Governo n° 522 del 17.08.2007).
Con l’accoglimento del progetto di legge del 27 Gennaio, l’articolo vedrà l’inserimento de “in relazione alle persone vicine”, la riproposizione integrale del testo, e l’aggiunta di un comma, il 116.1, che recita: “L’arrecamento di percosse o l’aver compiuto altre azioni violente, che causano dolore fisico, ma non comportano conseguenze, come indicate nell’articolo 115 del presente Codice, e che non rinvengano segni di fattispecie di reato, come previsto dall’articolo 116 del presente Codice, da parte di una persona, sottoposta a sanzione amministrativa per un atto analogo – viene punito con una multa nella misura di un massimo di quarantamila rubli o di tre mesi di salario o di altre entrate del condannato, oppure col lavoro obbligatorio fino a 240 ore, oppure con lavoro correttivo fino a sei mesi, oppure con l’arresto fino a tre mesi”. Il commento al nuovo articolo 116 definisce inoltre giuridicamente le “persone vicine”, includendo non solo parenti (e quindi pure fratelli e sorelle, nonni etc) ma anche tutori, detentori della patria potestà e simili.
Come si evince, il legislatore ha cercato di normare la gradualità delle situazioni reali, colmando quel vuoto giuridico che rappresentava in qualche maniera una stortura del diritto penale. Niente di più lontano dalle illazioni della stampa europea e soprattutto italiana, la quale dovrebbe pur sapere che anche nel Bel Paese il reato di percosse senza lesioni è punito con multe o la reclusione per un breve periodo, e dove nessuno parlerebbe di decriminalizzazione della violenza.
Per concludere, in Russia la violenza domestica non è stata in alcun modo legittimata. Continua ad essere una violazione di legge perché l’illecito, amministrativo o penale, viene punito, e si tratta solo di danno fisico minimo, “di leggero danno alla salute”. Per le lesioni maggiori o aggravate non si è più nel solo ambito della violenza domestica ma si sfocia nel crimine, ove certe distinzioni diventano aggravanti.
E’ interessante notare come ci sia stata una discreta discussione nel Paese, soprattutto in relazione alla definizione di percosse. Abrasioni, escoriazioni, lividi sono assimilabili più a “schiaffi e sberle” o sono qualcosa di più? Da parte dei politici invece si è insistito maggiormente sul carattere discriminante della legislazione precedente, incentrata sul conflitto giuridico che, non operando una distinzione tra persone vicine ed estranee, finiva per colpire la famiglia e alienare il singolo.
Il senatore Batalina ha, su questo punto, sottolineato come le forme di lavoro obbligatorio o l’arresto amministrativo comportino una seria responsabilità. Gli oppositori hanno invece posto giusti e numerosi quesiti sull’effettiva utilità di queste modifiche, se esse avranno un’influenza sui comportamenti futuri dei colpevoli o non saranno visti come un ammorbidimento da parte delle istituzioni. Il recente omicidio di una ragazza a Tver’, innescato da un clima di violenza domestica, è stato infatti al centro dei molti dibattiti.
