Dopo un anno dall’avvio del Quantitative Easing, la BCE continua le sue disperate manovre espansive nel tentativo di ridare vigore alla crescita delle economie dell’eurozona. Qualche giorno fa aveva già dovuto abbassare le stime di crescita dei prossimi anni, e sommando a questo le difficoltà del sistema bancario europeo a far fronte alle nuove norme sull’Unione bancaria e il prezzo del petrolio ancora molto basso, si continua a prevedere, per i prossimi anni, un’inflazione asfittica se non addirittura negativa. Nuovi acquisti di titoli anche di imprese non creditizie, nuovi prestiti alla banche ad interessi sottozero, un pacchetto diversificato di misure straordinarie per circa 2.200 miliardi per tentare di avvicinarsi una volta per tutte all’irraggiungibile obbiettivo d’inflazione (per statuto) del 2% che da anni viene puntualmente disatteso.
Gli interventi sui tassi decisi a maggioranza dal consiglio direttivo della BCE, hanno fatto raggiungere da 0,05% quota 0% al tasso base e da 0,3% a 0,25% a quello di rifinanziamento marginale. Il tasso sui depositi, già in negativo scende a (-) 0,4%. Come già accennato gli acquisti di titoli passeranno da 60 ad 80 miliardi al mese, e sarà anche possibile acquistare titoli obbligazionari non speculativi emessi in euro da imprese non bancarie.
Insomma l’ennesimo “bazooka” (come piace titolare al Sole 24 Ore) per rassicurare i mercati sulla tenuta dell’eurozona. Ma se ieri le misure adottate sembravano aver smosso almeno qualcosa sul finanziario, già oggi si ritorna alla realtà di mercati che ancora operano nell’incertezza.
Qualora non fosse stata sufficiente la teoria, ormai abbiamo imparato dall’esperienza che effetti considerevoli sull’economia reale sono difficili da ottenere con la semplice leva monetaria. Ma il mandato della BCE indipendente è chiaro e non ammette grandi margini di manovra. Ormai anche i più avversi “nemici dello Stato” ammettono che senza politiche fiscali espansive difficilmente la gran quantità di moneta immessa sul mercato potrà rilanciare gli investimenti privati, la fiducia di famiglie e imprese e, in ultima analisi, la crescita economica in Europa. Ma una Banca Centrale indipendente, con il solo mandato relativo alla stabilità dei prezzi, non può certo convincere i governi europei a spingere sulla leva fiscale. A livello comunitario, infatti, non è un mistero che da anni la sola linea ammessa sia quella della cosiddetta “austerità”, per altro scolpita a chiare lettere sui trattati ratificati da tutti i paesi aderenti all’Unione monetaria europea.
Allora la questione come si può facilmente intendere è ancora una volta nient’altro che politica. E ancora una volta riguarda i rapporti di forza all’interno delle istituzioni europee, la vischiosità di regole e trattati inadeguati ad affrontare i problemi odierni e le crescenti asimmetrie economiche e di interesse tra i paesi dell’Unione.
Possiamo continuare a ricordare come, nonostante le invocazioni e gli enfatici titoli di giornali, l’arma in mano a Mario Draghi è scarica e non può che esserlo. E finché qualcuno non capirà che è inutile continuare a chiedere (magari in modo petizionistico) alla Germania di inflazionare, e che invece va scoraggiata attivamente la sua naturale tendenza alla deflazione, potremmo soltanto ripeterci quello che ormai tutti serenamente sono costretti ad ammettere: i bazooka da soli non servono a niente.

Luca Scaglione