In seguito al cambiamento della regola del fuorigioco adottato nel 1925 il calcio in Europa conosce un piccolo bivio: i club anglosassoni e germanici adottarono il WM (Sistema in Italia) mentre i club latini e mitteleuropei aggiornano il precedente schema della Piramide aggiungendovi poche ma incisive rettifiche, nacque così il cosiddetto Metodo (che in numeri possiamo considerare come una sorta di 2-3-2-3).
Il “modulo a W” (1925 – 1950 circa)
Possiamo definire il Metodo come una sorta di evoluzione della Piramide, aggiornata in seguito alla modifica della regola del fuorigioco con un inedito 2-3-2-3 che copriva meglio gli spazi sul campo: se il quintetto difensivo restava invariato con due terzini centrali (2 e 3) e tre mediani (4 e 6 i laterali, 5 il centromediano), i veri cambiamenti interessavano l’attacco dove i due interni (8 e 10) furono arretrati, in maniera più o meno accentuata, rispetto al centravanti (9) e alla due ali (7 e 11) fino a fermare una W che si innestava accanto a quella difensiva.
Il centravanti divenne così per la prima volta nella storia del calcio il riferimento più avanzato dell’attacco con i due interni che incominciarono pian pianino ad assumere i compiti di veri e propri centrocampisti. Con la nuova disposizione in campo i due terzini furono disposti stabilmente a presidiare la propria zona di competenza, il centromediano fu affrancato dal controllo diretto del centrattacco e divenne l’ago della bilancia nonché il primo motore della squadra e perno fondamentale del modulo (fu coniato all’occorrenza il nome di centromediano metodista).
Il Metodo favoriva un gioco molto accademico e tecnico, volto più all’intercettamento che ai duelli diretti propri della vecchia Piramide, per questo ebbe grande successo in Continente e in Sudamerica presso i popoli latini. La vittoria del “metodista” Uruguay ai mondiali del 1950 è in genere considerato il canto del cigno di questo modulo.
Due “Metodi”, il Wunderteam austriaco e l’Italia di Vittorio Pozzo
Se nella Piramide, la rigida disposizione in campo delle squadre su tre linee parallele permetteva lo svolgimento di un’unica tipologia di calcio, con il Metodo il calcio incominciò a diventare molto più variegato, più che di un Metodo si può parlare infatti di due “Metodi”, uno spregiudicato, volto all’aggressione degli spazi e in un certo senso precursore del calcio totale ed un altro più conservativo e difensivo, volto quasi esclusivamente alla copertura degli spazi.
Nel Metodo del Wunderteam austriaco di Hugo Meisl, che incantò l’Europa nel primo quadriennio degli anni Trenta per il suo bel gioco, i terzini stavano “alti”, praticamente a ridosso dei mediani ed applicavano sistematicamente la trappola del fuorigioco, inoltre si ponevano in diagonale a seconda da dove proveniva l’attacco avversario. I cinque attaccanti si scambiavano continuamente la posizione per non dare punti di riferimento agli avversari, con il centravanti che spesso arretrava per favorire l’innesto degli interni ed il taglio in diagonale delle ali, quella di Meisl fu una delle prime versioni di Calcio Totale.
La Nazionale uruguagia campione olimpica nel 1924 e 1928 (e campione del mondo nel 1930) e l’Italia di Vittorio Pozzo vincitrice della Coppa Rimet nel 1934 e nel 1938 giocavano invece con un Metodo molto più conservativo. Nella versione italiana del WW i due terzini restavano bloccati in area e di rado applicavano la tattica del fuorigioco, mentre il centromediano aveva compiti di pura interdizione e di rilancio verso le ali o di appoggio verso gli interni che, in fase di non possesso, giocavano molto arretrati quasi con il compito di mediani aggiunti. Il centravanti doveva essere un giocatore fisico, abile oltre che a segnare anche a difendere i palloni ricevuti dai compagni per far salire la squadra.
Riferimenti bibliografici: Tattica: Principi Idee, Evoluzione (Francesco Scabar 2015)