![Tattica: il sistema diagonale sudamericano Tattica: il sistema diagonale sudamericano](https://www.opinione-pubblica.com/wp-content/uploads/2017/08/maracanazo-Large-640x480.jpg)
In tutto il Sudamerica per decenni l’unica tattica conosciuta ed utilizzata era il 2-3-5 poi evolutosi nel Metodo dopo la modifica della regola del fuorigioco. Sul finire degli Anni Trenta però anche in Sudamerica iniziò a far breccia la lezione sistemista anche se i sudamericani, che consideravano un disonore impegnarsi nella marcatura ad uomo (oltre che una tattica di gioco troppo dispendiosa per la loro indole), declinarono il modulo di Chapman con particolari contaminazioni metodista, nacque così il cosiddetto “sistema diagonale” che qui abbreviamo semplicemente con il termine Diagonal.
Il Diagonal brasiliano (1941 – 1958)
Per la genesi del Diagonal vale un po’ lo stesso discorso fatto per il catenaccio italiano, esso può essere considerato a tutti gli effetti come una commistione ben riuscita tra Meteodo e Sistema e fu ideata dal tecnico del Flamengo Flavio Costa nel 1941. Nel nuovo modulo a diagonale il terzino destro (2) fu mandato sulla fascia a marcare l’ala sinistra avversaria come da copione del WM, il terzino sinistro (3) invece restava al centro a marcare il centravanti come lo stopper sistemista. La fascia sinistra infine era presidiata dal mediano sinistro (6) che marcava l’ala sinistra continuando a seguire i dettami del Metodo. Il centromediano (5) giocava come sempre davanti alla difesa con compiti di costruzione ed era però coadiuvato nelle sue mansioni dal mediano destro (4) che assolveva le mansioni del mediano marcatore tipico del WM. In attacco la mezzala destra (8) giocava in posizione di regista arretrato svariando su tutto il fronte offensivo mentre la mezzala sinistra divenne a tutti gli effetti un secondo attaccante (10) che affiancava il centravanti (9), quest’ultimo con il nuovo modulo incominciava ad assumere compiti di manovra oltre che di finalizzazione. Sulle fasce le due ali classiche (7 e 11) avevano il compito di dare ampiezza al gioco e completavano questo schieramento il cui cuore era rappresentato dal doppio asse diagonale che si veniva a formare tra il terzino destro, il mediano destro e il centromediano e tra l’interno destro, il centravanti e l’interno sinistro. Questo particolare schema era particolarmente adatto per le squadre sistemiste che attuavano rigide marcature uomo contro uomo in difesa.
Sviluppo del Diagonal argentino: la “Maquina”
Curioso fu invece lo sviluppo del Diagonal argentino: per distinguersi dagli odiati vicini brasiliani, le squadre rioplatensi decisero di ruotare il fianco sinistro. Così il terzino che veniva spostato sulla fascia era quello sinistro (3) con il destro che agiva da marcatore (2) mentre il mediano laterale era quello destro (4) e quello che agiva a centrocampo e che si affiancava al centromediano era il sinistro (6). Lo scaglionamento dell’attacco invece restava invariato con la diagonale che partiva dal numero otto e terminava con il numero dieci. Con il modulo di gioco a diagonale messo in pratica dal River Plate (la famosa “Maquina”) oltre che all’idea di falso centravanti (magistralmente interpretato da Adolfo Pedernera) fu perfezionata la fase difensiva con l’ideazione del concetto di raddoppio di marcatura e di scalata.
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L’Uruguay, ultimo baluardo del Metodo
L’unica nazionale del Sudamerica che restò fedele ai dettami metodisti fu l’Uruguay che mantenne il classico doppio terzino d’area (infatti tuttora in Uruguay vige la numerazione classica del vecchio Metodo: 2-3 coppia di difensori centrali, 4-6 difensori laterali, eccetera), gli uruguagi comunque aggiunsero anch’essi il trucco della diagonale in attacco sull’esempio di Brasile ed Argentina. Il modulo usato dall’Uruguay assomigliava così tanto a quel 4-2-4 che dopo il 1958 soppiantò lentamente la difesa a tre di derivazione sistemista e che rappresenta la base dei moduli calcistici moderni.
Riferimenti bibliografici: Tattica: Principi Idee, Evoluzione (Francesco Scabar 2015)