Dopo la modifica della regola del fuorigioco nel 1925 anche gli inglesi si convinsero ad apportare le prime modifiche tattiche all’impianto di gioco piramidale. Il manager dell’Arsenal di Londra Herbert Chapman concepì un nuovo schieramento, il Chapman’s System (o WM, poi italianizzato in Sistema in contrapposizione con il Metodo).
Il “Sistema di Chapman” (1925 – 1965 circa)
Il WM in numeri possiamo riassumerlo come una sorta di 3-2-2-3. Davanti al portiere il pacchetto arretrato fu completamente rivoluzionato con una nuova M difensiva che sostituì così la vecchia W: i due terzini (2 e 3) furono infatti allargati sulle corsie laterali a marcare le ali, al centro della retroguardia si aprì così un buco che fu riempito dal centromediano (5) che venne arretrato a marcare rigidamente a uomo il centravanti avversario, infine i mediani laterali (4 e 6) furono stretti al centro del campo a marcare le mezzali avversarie. Dalla zona del Metodo si passò così a rigide marcature a uomo: giocando Sistema contro Sistema infatti si giocava di fatto uomo contro uomo a tuttocampo con dieci duelli individuali tra tutti i giocatori schierati in campo che spesso finivano per premiare la squadra dalla maggiore cifra tecnica o con maggiori doti fisiche e temperamentali. In attacco invece fu mantenuta inalterata la W offensiva del Metodo: i due interni furono ulteriormente arretrati nel loro raggio d’azione per consentire alle due classiche ali e al centravanti di poter sfruttare meglio la profondità. La grande novità di questo sistema di gioco riguardava il settore di centrocampo: con l’accentramento dei due mediani a coprire le spalle ai due interni si formò così un quadrilatero che rappresentava l’architrave del gioco sistemista: nel Metodo la costruzione del gioco era tutta appannaggio del centromediano metodista, autentico deus ex machina della squadra, nel WM invece il gioco non era impostato da un solo giocatore ma da tutto il collettivo secondo schemi essenziali e monotoni. Fu proprio per questo motivo che il Sistema attecchì soprattutto presso i popoli nordeuropei, meno fantasiosi dei latini ma più ordinati e disciplinati dal punto di vista tattico.
Due “Sistemi” a confronto, l’Arsenal di Chapman e il Grande Torino
Come il Metodo però anche il Sistema poteva essere interpretato con modalità e fini diversi. Nelle prime squadre sistemiste, come l’Arsenal di Chapman che dominò il calcio inglese nei primi Anni Trenta, i reparti di gioco erano molto lunghi per favorire un gioco fatto di lanci lunghi dalle retrovie e spioventi dalle fasce verso la testa del centravanti nel più classico dei kick and run di stampo inglese: era cambiata la formula ma lo stile di gioco in Inghilterra era rimasto pressapoco lo stesso. Particolare importante nei Gunners era la mezzala sinistra, lo scozzese Alex James, autentico fuoriclasse dell’epoca che aveva il compito di carpire il pallone dai mediani e poi gettarlo in profondità verso il centravanti o le due ali: con pochi passaggi in verticale la squadra di Chapman riusciva spesso ad andare a segno. Questa impostazione e questa filosofia di gioco fu poi assimilata dalle altre squadre inglesi (e nordiche in generale) e fu mantenuta fino a tutti agli Anni Cinquanta.
Viceversa, nel mondo mitteleuropeo e mediterraneo furono adottate forme di Sistema molto diverse da quelle britanniche. La più bella ed efficace versione di WM fu offerta da una squadra italiana, il Grande Torino che dominò il calcio italiano dal 1942 al 1949 prima di perire nella sciagura aerea di Superga. I granata giocavano infatti con reparti di gioco molto “corti” per l’epoca, con i giocatori del fortissimo quadrilatero di centrocampo (Grezar-Castigliano-Loik-Valentino Mazzola) che si scambiavano continuamente di posizione muovendosi senza palla, arretrando a protezione della difesa o spostandosi in massa all’attacco come una fisarmonica (non a caso molti critici dell’epoca sostenevano che il Torino attaccasse “con sette giocatori”). Se l’Arsenal di Chapman giocava prevalentemente con il pallone per aria, il Grande Torino giocava un calcio d’isprazione totale, fatto di possesso palla e grandi manovre corali. Questo tipo di Sistema può dirsi benissimo un ibrido tra gioco di stampo metodista su intelaiatura e ritmi di gioco tipici del WM, non a caso il Torino fu guidato da due tecnici provenienti dall’Ungheria, paese che stava convertendosi dal Metodo al Sistema: András Kuttik (che insegnò i primi dettami sistemisti) ed Ernő Egri Erbstein, che guidò il Toro nel suo apogeo.
Sul finire degli anni Trenta in Europa il Metodo entrò in una crisi profonda causa l’affermarsi anche oltremanica del Sistema. Il confronto tra il modulo ideato da Chapman e il più tradizionale Metodo finiva infatti spesso per favorire il primo a discapito del secondo. Innanzitutto risultava svantaggioso per le squadre metodiste, schierate con tre soli elementi a centrocampo (il centromediano e le due mezzali), affrontare il quadrilatero delle squadre schierate a WM che spesso riusciva a ingabbiare il centrocampo del Metodo con quattro giocatori contro tre: le due mezzali infatti erano marcate ad personam dai due mediani mentre il centromediano avversario veniva stretto nella morsa dei due interni. Questi fatti costrinsero molti epigoni del Metodo a ritoccare il loro modulo magari contaminandolo con alcuni elementi del Sistema: nacquero così il Catenaccio e il 4-2-4 magiaro, moduli che affronteremo nelle prossime puntate.
Riferimenti bibliografici: Tattica: Principi Idee, Evoluzione (Francesco Scabar 2015)