
Ci sono libri e personaggi che meriterebbero maggiore considerazione presso un’opinione pubblica italiana spesso obnubilata dal tifo campanilistico e dalla cieca indigestione di duelli massmediatici tra Mourinho o Guardiola o tra Sarri e Mancini. La biografia di Ernő Egri Erbstein scritta dall’inglese Dominic Bliss e finora non tradotta nella lingua di Dante è uno di questi casi! Già, chi era questo Erbstein? Questo cognome è sconosciuto alla gran parte dei calciofili italiani ed è ricordato solo nelle piazze in cui ha prestato servizio come tecnico (Bari, Nocera, Cagliari, Lucca, Torino). Già Torino, se aggiungiamo che questo Erbstein morì il 4 maggio 1949 a Superga capiamo che era l’allenatore (o meglio il direttore tecnico) del leggendario Grande Torino. Già, perché in Italia ci si ricorda dell’Inter di Herrera, del Milan di Rocco o della Juventus di Lippi ma mai del “Toro di Erbstein”? E’ probabile che la risposta sia da ricercare, oltre che nell’oblio causato dallo scorrere del tempo, anche nell’incredibile vicenda umana di questo personaggio, un’autentica favola senza lieto fine degna di un film.
Ernő Erbstein nacque a Nagyvarad (oggi Oradea in Romania ma al tempo parte ungherese dell’Impero Asburgico) il 13 maggio 1898 da un’agiata famiglia israelita e crebbe a Budapest ove, dopo aver compiuto studi classici, si laureò in Educazione Fisica. Come calciatore militò nel Bak di Budapest, club della borghesia ebraica della capitale, per poi vestire per un breve periodo la maglia dell’Hakoah Arad (altro club di propagazione ebraica, anche se sionista). Nel 1924, dopo le prime persecuzioni anti-giudaiche del regime di Horty si recò in Italia, a Fiume, e vestì per una stagione la maglia dell’Olympia Fiume, l’anno successivo invece fu a Vicenza. Quando Mussolini varò la Carta di Viareggio, che escluse dal calcio italiano gli stranieri (salvo gli oriundi), Erbstein volò oltreoceano e militò per un biennio nel Brooklyn Wanderers, club foraggiato dalla potente lobby sionista americana, qui incontrò come avversario un certo Bela Guttmann… Nel 1928 Erbstein decise di far ritorno in Italia, questa volta nelle vesti di allenatore: dopo buone stagioni a Bari e alla Nocerina, Erbstein visse due grandi stagioni a Cagliari, club con il quale sfiorò la promozione in A (uno dei migliori risultati dell’era pre-Riva). Dopo una sfortunata parentesi a Bari in Serie A, l’ebreo errante così riparti dalla C, dalla Lucchese dove vinse due campionati consecutivi, e nel 1936/37 al debutto nella massima serie, centrò il settimo posto (portiere era Aldo Olivieri, campione del mondo nel 1938). Nel 1938/39 Erbstein passò finalmente a una big, il Torino, ma durò solo pochi mesi perché in Italia furono proclamate le leggi razziali e per un ebreo come lui, anche se aveva le figlie battezzate cattoliche, non c’era più spazio. Ernesto fu così mandato in Olanda ad allenare l’Ajax, ma nella terra dei tulipani non ci arrivò mai! Infatti, dopo essere stato catturato dalle SS durante una perquisizione sul treno e spedito in un tugurio, riuscì a corrompere una guardia e a tornare in patria. Qui mise su un’impresa tessile e, sul versante, calcistico cominciò a collaborare in segreto con il presidente del Torino Novo (fu lui a caldeggiare gli acquisti di Grezar dalla Triestina e soprattutto di Loik e Mazzola dal Venezia). Nel marzo del 1944 però le cose precipitarono anche in Ungheria dopo l’ingresso delle truppe tedesche e l’instaurazione di un regime collaborazionista. Sua moglie e le sue due figlie si rifugiarono in una fabbrica di uniformi militari all’interno di un convento cattolico; Ernő invece finì internato in un campo di lavoro e, mentre un treno lo stava per portare verso i campi di sterminio, riuscì a saltare giù dal vagone e a darsela a gambe assieme ad altri cinque compagni: uno di questi era Bela Guttmann! Tornato alla vita normale, nel settembre 1946 Erbstein, nel frattempo diventato Egri (ma in Italia continuava a essere appellato con il suo antico cognome, e più di qualche giornalista scambiò spesso “Egri” per il suo nome di battesimo!), fu ricontattato da Novo che gli offrì la direzione tecnica del Torino, nel frattempo divenuta la miglior squadra d’Italia. Qui il magiaro realizzò il suo capolavoro imperituro e trasformò un gruppo di grandi singoli in uno schiacciasassi irresistibile che praticava un calcio avveniristico: continui movimenti senza palla, scambi di ruoli, pressing a folate asfissiante, con il Grande Torino si può dire che nacque il famoso “Calcio Totale” trent’anni prima l’Ajax di Crujiff. Ernesto poi era un tecnico davvero troppo avanti: curava maniacalmente ogni minimo dettaglio, dalla preparazione atletica (fu lui a introdurre il famoso riscaldamento), all’alimentazione (cosa pressoché sconosciuta negli Anni Quaranta) fino ai risvolti psicologici nei rapporti tra i propri giocatori che sotto la sua guida divennero un gruppo di autentici amici. Un episodio narrato nel libro ci fa capire che razza di tecnico fosse l’ungherese e che razza di squadra fosse quella granata: il 12 dicembre 1948 al Filadelfia era in programma lo scontro al vertice tra Torino e Inter. Nell’Inter nel ruolo di mezzala sinistra giocava un giovane semi-esordiente, tale Lerici, che poi ebbe una discreta carriera da tecnico negli anni Cinquanta/Sessanta. Erbstein, sfruttando l’inesperienza della giovane mezzala interista, preparò un bel trabocchetto ai nerazzurri. Poco dopo il fischio d’inizio dell’arbitro, Grezar che giocava mediano destro ed era così il diretto avversario di Lerici (si giocava a WM puro cioè rigorosamente uomo contro uomo, almeno sulla carta), scattò improvvisamente verso l’area di rigore avversaria e, dopo aver ricevuto il pallone da un lungo lancio di un compagno, calciò in rete tirando però la sfera addosso al portiere, se avesse segnato sarebbe stato il primo gol su uno schema premeditato! Purtroppo tutto finì quel maledetto 4 maggio 1949 quando l’aereo che trasportava i granata, reduce da una trasferta in quel di Lisbona (il Torino era considerata la miglior squadra d’Europa se non del mondo ed era richiestissima per tournée e amichevoli), si fracassò contro il colle di Superga. Il Grande Torino fu così consegnato definitivamente al mito, mentre per il suo indiscusso artefice iniziarono decenni di oblio che solo recentemente sono stati scalfiti. Questa biografia rende decisamente onore a uno dei più grandi personaggi mai visti su un campo di calcio italiano.
Erbstein: The triumph and tragedy of football’s forgotten pioneer
di Dominic Bliss
Blizzard Books – 2014
336 pagine – 3,66 euro (formato kindle), 12,64 € (formato cartaceo)
Per acquistare il libro: https://www.theblizzard.co.uk/product/erbstein-the-triumph-and-tragedy/