
Flavia Pennetta trionfa nell’US Open in finale con Roberta Vinci, le ragazze della ginnastica ritmica a Stoccarda conquistano l’oro mondiale nei cinque nastri, la nazionale di pallacanestro a Lille entra nei quarti all’europeo, Valentino Rossi a Misano allunga nel mondiale Moto GP, Fabio Aru a Madrid sale sul gradino più alto del podio della Vuelta: che fine settimana da sogno per lo sport italiano!
Di solito quando un nostro atleta vince qualcosa d’importante parte una polemica sul troppo spazio dato al calcio a scapito delle altre discipline, stavolta non è andata così, forse perché tutti questi risultati sono arrivati in contemporanea e messi insieme hanno ottenuto l’attenzione dei media e limitato, anche se solo per un giorno, lo strapotere di quello che resta lo sport nazionale.
Il calcio, piaccia o no, in Italia ha tanto spazio perché ha più mercato, vende di più.
L’enorme interesse che attira è rafforzato dall’illusione diffusa di essere tutti degli esperti, anche per questo è la causa delle maggiori polemiche, che iniziano tra gli addetti ai lavori ma poi riverberano nei bar e su facebook, molto spesso con una passione degna di miglior causa e troppo spesso con una violenza verbale e una maleducazione semplicemente indegne.
Nel fine settimana in cui il calcio, nonostante il derby di Milano, ha perso un minimo di attenzione, si poteva sperare di salvarsi dalle polemiche sterili, che invece si sono scatenate a causa del viaggio di Matteo Renzi a New York per la finale dell’Us Open.
Non comprendiamo cosa ci sia di scandaloso nel fatto che un Presidente del Consiglio vada ad assistere a un evento sportivo di prestigio dove due italiane si fanno onore.
Per un Paese lo sport può avere funzioni fondamentali: ad alto livello le vittorie ottenute dai suoi campioni possono inorgoglire, rafforzare lo spirito patriottico, mentre a livello di base la pratica può contribuire al benessere dei suoi cittadini, in particolare dei giovani che possono, inoltre, ricevere lezioni di vita preziose come l’autodisciplina, lo sforzo per automigliorarsi, la scoperta delle proprie capacità e l’accettazione che esista comunque qualcuno più bravo.
Quando un nostro atleta ottiene un grande risultato, celebrarlo è cosa appropriata.
Si può essere allora contenti sia delle prestazioni di Pennetta e Vinci a New York che della presenza del Presidente del Consiglio, anche se legiittimamente si preferirebbe fosse qualcun altro ad occupare quella carica. Visto il significato del viaggio, anche l’uso dell’aereo di stato ci sembra del tutto accettabile.
Certo è un bel colpo di fortuna, per chi è al governo in un dato momento, che capiti una storica finale tutta italiana in un torneo dello Slam, ma non gli si può fare una colpa di essere fortunato, né di cogliere al volo le occasioni che gli si presentano.
Queste critiche forse sono il segno dell’attecchimento d’un antirenzismo a tutti i costi, simile all’antiberlusconismo, anche se (per ora) meno diffuso e virulento.
Coloro che attaccavano Silvio Berlusconi, quand’egli era all’apice della sua parabola, utilizzando ogni argomento, anche il più inconsistente, finivano per fargli un favore, distraendo l’attenzione dalle sue reali responsabilità politiche. Speriamo che non si ripeta lo stesso errore con Renzi, che va sì criticato, ma per l’inadeguatezza della sua azione di governo e per tutte le promesse che ha fatto e non ha mantenuto.
Un problema è posto dalla molteplicità dei ruoli: egli è il leader di una parte e fa fatica a farsi accettare come “il presidente di tutti”, ma questa è una contraddizione insita nel sistema politico. Poi è chiaro che andando a vedere una partita tra due italiane, potendosi trovare in una di quelle situazioni ‘win-win’ che tanto gli piacciono, ha sì potuto sfruttare l’occasione per rafforzare il prestigio dell’Italia ma anche, allo stesso tempo, il suo consenso personale e quindi quello del suo partito. Niente di male.
I successi sportivi contribuiscono al ‘soft-power’ nazionale e quindi vanno celebrati.
Per questo motivo si dovrebbero perciò mettere in atto politiche che aiutino i nostri giovani: il grande campione baciato dal talento non può essere programmato, ma si possono creare le condizioni che facilitino l’emergere di buoni atleti, tra i quali si può sperare di trovare, ogni tanto, anche il fenomeno.
Una delle condizioni necessarie è un’ampia base di praticanti e in ciò un ruolo importantissimo potrebbe averlo la scuola, quindi ha fatto ben sperare che un anno fa, al momento della presentazione, il Piano “La Buona scuola” prevedesse, per l’anno scolastico che è iniziato in questi giorni, l’inserimento di almeno un’ora di educazione fisica alla settimana, affidata ad insegnanti spcializzati, nelle classi dalla II alla V della scuola primaria. Ancora non si sa però se l’obiettivo sarà raggiunto, poiché il numero degli specialisti assunti potrebbe non essere sufficiente per erogare il servizio, in modo capillare, su tutto il territorio nazionale: un’altra promessa non mantenuta?
Un’ora alla settimana è meglio di niente, ma è troppo poco: soltanto in un giorno della settimana si dedica un’ora al fisico? Ma un essere umano non vive forse ogni giorno
col proprio corpo? Sappiamo che è un’utopia, ma un’ora al giorno è ciò che ci vorrebbe!
Inutile qui enumerare tutte le recenti prove scientifiche che vanno a suffragare l’antica regola “mens sana in corpore sano”, basti segnalare l’indiscusso valore dell’attività fisica nel contrastare l’ansia, problema dilagante anche tra i più giovani e capace di inficiarne non solo la salute, ma anche le prestazioni scolastiche.
I bacchettoni, considerando l’ora di ginnastica solo una fuga dai libri, storceranno il naso, ma in realtà un bambino che impara a muoversi avrà maggiori probabilità non solo di essere più sano e felice, ma pure di diventare uno studente e un cittadino migliore.
Michele Orsini
[…] già spiegato, in un precedente articolo (https://www.opinione-pubblica.com/limportanza-dello-sport-per-la-formazione-e-le-sterili-polemiche-su…), come “per un Paese lo sport può avere funzioni fondamentali: ad alto livello le vittorie […]