Alle 17,25 di quel grigio e piovoso giorno di fine primavera sono morte sei persone. Nessuno però le ricorda. Non ci sono corone di fiori per loro. E nemmeno discorsi pubblici di commemorazione perché il loro sacrificio annega nella loro debolezza. Quale? Quella di avere la passione per i film pruriginosi e a luci rosse. Sono le vittime innocenti – si, perché tali sono – del rogo del cinema Eros di Milano, in viale Monza 101. La data è indimenticabile: 14 maggio 1983, ma alzi la mano chi la ricorda effettivamente.
Una sala a luci rosse con alle spalle un passato glorioso di sala di periferia. Divorata dalle fiamme mentre era in corso la proiezione di una pellicola hard, “Lyla, profumo di femmina”. E, almeno questa volta, la strage ha nomi e cognomi. E pure di più. Nel 1983 non esisteva ancora la pornografia online e anche le videocassette non erano ancora molto diffuse. Quel 14 maggio in sala c’erano una trentina di persone, alcune delle quali, approfittando della pausa fra un tempo e l’altro, si sono alzate per fumare una sigaretta.
Nessuno sapeva che sarebbe successo il finimondo. Non sapevano, infatti, che due individui avevano comprato i biglietti, entrati in sala e seduti nelle ultime file. Recando con loro sé due borsoni, con dentro due taniche di benzina. All’improvviso, allora, approfittando dello spegnersi delle luci per l’inizio del secondo tempo del film, si alzano, aprono i borsoni e rovesciano il contenuto delle taniche sul pavimento della sala. Poi, mentre fuggono, gettano a terra un cerino accesso.
L’incendio è violentissimo, tuttavia tutti gli spettatori riescono a scappare utilizzando le uscite di sicurezza prima del crollo del tetto. E le vittime non ci sono, allora? Eccole, perché, purtroppo, numerosi spettatori e alcuni soccorritori sono stati ricoverati in ospedale – chi per ustioni, chi per intossicazione da fumo – e nei giorni successivi all’incendio sei di loro non riescono a sopravvivere. Si tratta di cinque spettatori e Livio Ceresoli, un passante che si era precipitato nella sala per prestare soccorso e che, dopo l’accaduto, riceverà la medaglia d’oro al valore civile.
Questi i fatti. Adesso la domanda è una: chi ha voluto tutto ciò? Chi sono quei due uomini con i borsoni? Una settimana dopo l’accaduto, si manifestano. Con queste parole. Inviate alle agenzie di stampa. “Rivendichiamo il rogo dei cazzi. Una squadra della morte ha giustiziato uomini senza onore, irrispettosi della legge di Ludwig. per appiccare l’incendio al cinema sono stati usati una tanica e un bidone di plastica ai cui manici sono stati fissati rispettivamente una catenella da lavandino e una fascetta metallica marca Serflex”.
Ludwig? Alla polizia milanese quel nome non è affatto nuovo. Un gruppo neonazista formato da due ragazzi dell’alta borghesia veronese: Wolfgang Abel e Marco Furlan. Dieci attentati in poco meno di dieci anni, tra Italia settentrionale, Germania e Paesi Bassi. Dal 25 agosto 1977, quando hanno bruciato vivo Guerrino Spinelli, un barbone che dormiva in un’auto abbandonata, fino al 4 marzo del 1984, quando hanno cercato, senza riuscirci, di dare fuoco pure alla discoteca “Melamara” di Castiglione delle Stiviere piena di gente per festeggiare il Carnevale. In mezzo, altri omicidi brutali commessi a colpi di martello, coltello o, se capitava, anche punteruolo. Il loro movente? Ripulire il mondo da ogni forma di devianza, estirpare esseri impuri come barboni, prostitute, drogati, preti e mondare i luoghi del peccato come discoteche e cinema porno. Un po’ terroristi, un po’ serial killer, insomma.
Sono finiti sotto processo e sono stati condannati a 30 anni di carcere (ma le condanne riguardano solo gli ultimi omicidi) e con seminfermità mentale. Oggi al posto del cinema Eros c’è la sede di una congregazione religiosa, la Comunità cristiana dello Spirito Santo.