Come se non bastasse l’andamento del PIL e dell’inflazione a testimoniare il fallimento del Quantitative Easing di Draghi, anche l’indicatore dell’inflazione attesa utilizzato dalla stessa BCE sembra non recepire le manovre monetarie del Presidente della Banca Centrale.
La deflazione è oggi la peggior minaccia che incombe sull’eurozona. La diminuzione del livello generale dei prezzi dei beni e dei servizi, che potrebbe suonare come una cosa positiva risulta essere invece una pessima notizia per le economie fortemente indebitate come la nostra, aumentando il valore reale del debito. La deflazione risulta particolarmente dannosa in periodi di bassa crescita come quello che l’Italia, ma in generale l’eurozona, sta vivendo. In Agosto, Mario Draghi, presidente della BCE, disse che l’indicatore preferenziale per misurare l’inflazione di medio termine è il 5y5y EUR inflation swap. L’utilizzo di questo strumento derivato, che misura il tasso inflazione previsto tra 5 anni per i 5 anni successivi è un riferimento largamente utilizzato. Come ha riportato Ambrose Evans-Pritchard, International Business Editor per The Daily Telegraph: “Mario Draghi, presidente della BCE, ha adottato lo swap 5y5y come stella polare della politica della banca, utilizzato per distillare le aspettative di inflazione futura”.
Se le aspettative dell’inflazione sono ribassiste, è presumibile una contrazione dei consumi. Gli attori del mercato tenderanno a posticipare infatti le spese, ostacolando la crescita economica. Questo elemento, è un ulteriore fonte di preoccupazione per il Presidente della BCE.
Il bazooka di Draghi non riesce, tuttavia, ad influenzare questo indicatore se non per limitatissimi periodi di tempo. Come si vede dal grafico seguente, la correlazione tra il 5y5y EUR inflation swap (linea blu) e l’andamento del prezzo del petrolio (linea rossa), è evidente, mentre l’effetto del QE va ad esaurirsi nel giro di qualche giorno. L’andamento anomalo che si verifica nei cerchi in verde è figlio delle aspettative che influenzano sensibilmente l’indice all’alba di un QE, ma come si vede dopo il primo quantitative easing di Gennaio, è un fenomeno del tutto transitorio e va ad esaurirsi nel giro di qualche giorno.
Il grafico evidenzia che le aspettative di inflazione non cambiano se non in un tempo limitatissimo dopo gli interventi del Presidente Draghi, questo a testimoniare che l’entusiasmo del presidente verso il proprio bazooka non è per niente condiviso, ma ciò che davvero influenza le aspettative è l’andamento del prezzo del petrolio.
L’accanimento terapeutico perpetrato dal numero uno della BCE, porta a somministrare alla malata economia europea sempre la stessa medicina. E’ ormai chiaro che nonostante l’ostinazione, aumentare la massa monetaria in circolazione non farà crescere l’inflazione, come vorrebbero vecchie e superate teorie ma è necessario puntare sui consumi.
Luca Caselli