L’addio al calcio giocato è arrivato d’improvviso, come un fulmine a ciel sereno, con la Juventus Toni ha deciso di chiudere definitivamente la sua carriera sportiva, e l’ha terminata a modo suo. Il suo Verona ha vinto 2-1, e un gol importante l’ha firmato proprio lui su rigore, ma non con un colpo dal dischetto qualsiasi, bensì con un cucchiaio rischioso ma tecnicamente ben eseguito. Neto da una parte, palla da un’altra. Il Verona è già ufficialmente retrocesso, la Juve invece nonostante la sconfitta è già campione d’Italia. Ma questa è storia che non ci riguarda.
Luca Toni è uno di quei calciatori atipici che non ti aspetti possa cambiarti una partita, non sembra avere qualità eccelse, oltretutto fisicamente è fin troppo robusto, i movimenti saranno senz’altro lenti, lo scatto a moviola e probabilmente con quei piedoni i gol se li sogna di notte. Invece non è così. E’ una prima punta da sfondamento, abile nel gioco aereo e nel proteggere il pallone in fase di pressing. Toni è soprattutto affamato di gol, perché di marcature ne fa tante, e non disdegna neppure gesti atletici azzardati per la sua stazza, come rovesciate o rocambolesche giravolte.
Calciatore poliedrico e sempre desideroso di avventure, nasce nelle giovanili del Modena, per poi militare nel Vicenza e successivamente nel Brescia di Carlo Mazzone, un mentore per lui. Lo fa entrare nel gioco, in squadra il giovane Luca ha pezzi da novanta con cui far gruppo: un Pep Guardiola verso il tramonto, un giovane e talentuoso Pirlo e soprattutto il Divin Codino prossimo al ritiro. Da quest’ultimo impara la freddezza sotto porta, più tardi racconterà: “all’epoca ero giovane, ed a volte capitava che mi alzavo dal letto con zero voglia di allenarmi. Capitò un periodo in cui fallivo molte occasioni da goal. La porta non la vedevo proprio. Un giorno Roby, in allenamento, mi vide giù di morale, si avvicinò a me e disse: ‘Luca, nel calcio capitano quei momenti, non ti abbattere, se posso darti un consiglio, quando sei davanti alla porta, prima di tirare, con l’occhio guarda per un secondo il portiere per capire le sue intenzioni. Ricordati che la porta è di sette metri, ed il portiere occupa solo un settimo dello specchio’. Da lì imparai ad essere più calmo, e da quel giorno anche grazie a Roberto, non mi sono più fermato“.
Il suo bilancio finale è di 15 gol in 44 partite. Si congeda così da Mazzone per approdare a Palermo, dove instaurerà un solido legame con compagni e tifoseria, complice il suo rilevante apporto in termini di gol. Toni infatti aiuta in maniera decisiva i rosanero per la risalita in seria A, promozione che a fine anno arriva. Nella stagione seguente siglerà ben 20 reti in 35 partite, agguantando per la seconda volta il titolo di capocannoniere della squadra e un posto in Coppa UEFA. Questa stagione gli consentirà di prendersi una maglia in nazionale che da lì nessuno gli toglierà più.
Il biennio viola è per lui la consacrazione definitiva. Nelle stagioni a Firenze segna a ripetizione, consentendo alla Fiorentina di aggiudicarsi un prezioso quarto posto e vincendo la mitica scarpa d’oro, riconoscimento per la prima volta nella storia conferito ad un calciatore italiano, i gol ammontano a 31 in una sola stagione. Nonostante le vicende di Calciopoli e la decurtazione di punti della sua squadra, Toni rimane alla corte di Prandelli anche nella stagione seguente. In estate arriva il suo apice, vola a Berlino per alzare la coppa del mondo, in quella magica notte del 9 Luglio 2006, Toni ha 29 anni ed entra nella storia. In quel campionato del mondo il suo apporto in fase offensiva è rilevante, conclude il torneo con 2 gol e una rete giudicata in fuorigioco nella finale con la Francia, in seguito tramite moviola si scoprirà che il movimento era regolare. Con la sua prestazione entra di diritto nella All Stars del Mondiale.
Terminata l’esperienza in maglia viola, Toni testa le sue capacità nel campionato teutonico, e lo fa indossando la maglia bavarese con la quale farà faville, risultando spesso decisivo sia in Bundesliga che in coppe europee. Da menzionare la sua doppietta decisiva contro il Borussia Dortmund in finale di Coppa di Germania, tanto da ricevere nel post-partita i complimenti del tecnico Ottmar Hitzfeld che lo definisce “un animale da gol che non vuole mai riposare“. Chiude la sua prima stagione da capocannoniere in campionato (24 reti) e persino della Coppa UEFA (10), in totale firma 39 gol contando ogni competizione. Dopo una breve parentesi in giallorosso (prestato a titolo gratuito dai bavaresi), ritorna a Monaco, per poi rescindere consensualmente il contratto con la società.
Ritorna quindi in patria. Dopo una militanza non brillante con il Genoa, vola a Torino e si infila la maglia della Juventus, con la quale sigla il primo gol in assoluto nel nuovo stadio. I gol si riducono notevolmente, anche se mette a segno la sua 100 rete in massima serie. Toni sembra però in fase calante. Decide quindi di lasciare la vecchia signora per giocare a Dubai, precisamente con l’Al Nasr. Qui farà poco più che la comparsa in campo ma segnando ugualmente 5 reti in una dozzina di presenze. Torna definitivamente in Italia per chiudere qui la sua carriera. Toni vuole il riscatto, con se stesso e con il calcio, vuole dimostrare che nonostante la sua fase calante può dare ancora il suo contributo, ed ecco che dopo un ritorno nostalgico a Firenze, stavolta opta per una squadra minore, il Verona.
L’Hellas Verona è stata l’ultima tappa del suo percorso calcistico. In gialloblu si toglie grandi soddisfazioni, ritornando a segnare come un tempo. Nella stagione 2013/2014 infatti riempirà la rete ben 20 volte, superando il precedente record di Gianni Bui, in quella successiva chiuderà il campionato da capocannoniere di serie A all’incredibile età di 38 anni (22 reti, primato condiviso con Icardi), impresa titanica e senza precedenti. Con questo record risulta essere il solo italiano ad aver raggiunto il titolo di capocannoniete con due squadre diverse, Fiorentina e Verona. Nell’ultima stagione oramai agli sgoccioli si prende il primato per i gol realizzati nel derby veronese, condividendolo con il grande ex Federico Cossato.
Siamo giunti così al fatidico 8 Maggio, data in cui Toni, allo stadio Bentegodi decide di salutare i propri tifosi e il calcio stesso come solo lui sa fare, con un gol. Un gol che ha il sapore nostalgico di un passato che non tornerà, di un calciatore che ha regalato ovunque sia andato, tanti gol e tanta allegria. Con quell’esultanza oramai entrata nel dizionario mimico, perché resa celebre proprio da questo grandioso calciatore, Luca Toni si congeda con un’ultima pazzia, quella di essere riuscito a sconfiggere i campioni d’Italia in carica da cinque anni consecutivi. Lo stesso Toni, tramite la sua esultanza, ci ha sempre fatto intuire chi fosse, quando spiegò da dove venisse:
“Eravamo con degli amici al ristorante una sera ed è spuntato fuori il gesto della mano sull’orecchio per far risaltare una cosa di cui stavamo parlando. Come per dire ‘hai visto, hai capito?’ “
E Voi? Avete finalmente capito chi è Toni? 659 presenze e 306 gol con squadre di club, 47 presenze e 16 reti con la Nazionale italiana. Possiamo dirlo, un “Gigante Matto”.
Federico Camarin