
La vicenda già vissuta da un paese vent’anni fa, l’Italia, col linciaggio di Bettino Craxi, viene rivissuta oggi dal Brasile col fermo e l’arresto di Luis Inacio Lula da Silva. Non c’è molto da girarci intorno a questa storia: le eredi delle “Sette Sorelle” ed il governo americano che ne è succube prima o poi te la fanno pagare. Lula ha nazionalizzato il petrolio brasiliano, conferendolo tutto alla brasiliana Petrobras. I pescecani nordamericani possono aspettare anche dieci anni, ma prima o poi te la fanno pagare.
Si veda il caso di Mattei: l’avevano già identificato come nemico sin dai primi Anni Cinquanta, se non addirittura dal 1945, quando riuscì a scongiurare la liquidazione dell’AGIP, ma attesero comunque sino al 1962 per liquidarlo fisicamente. Anche Mattei era un ostacolo alla loro espansione, alla loro strategia di portare avanti i propri affari spadroneggiando impunemente con termini e metodi neocolonialistici. Non a caso lo rimossero senza alcuna pietà, affidando alla Mafia il compito di mettergli una bomba nell’aereo che precipitò a Bascapè. Il fatto di poter disporre di uomini di loro fiducia nei servizi segreti italiani e nell’ENI di allora servì semplicemente a facilitargli il compito. Eugenio Cefis, ex vicepresidente dell’ENI che Mattei aveva costretto ad andar via una volta scoperti i suoi intrecci coi servizi segreti americani, venne ricompensato dalla Democrazia Cristiana con la reintegrazione a pieno titolo nell’ENI, di cui poi sfruttò i capitali per tentare la scalata della Montedison divenendone quindi presidente. Quando, nel 1977, si ritirò a vita privata, aveva un patrimonio di cento miliardi di lire d’allora, guadagnati anche grazie all’assassinio di Mattei. Era stato lui a fondare la Loggia P2, che poi Gelli nel 1977 aveva semplicemente ereditato.
Insomma, il ruolo che Lula ha avuto con Petrobras negli anni della sua presidenza ha dato noia a tanti, sicuramente in Nord America. Ha dato noia anche il fatto di sottrarre il Brasile alla logica del “cortile di casa” americano per traghettarlo verso il ben più promettente bacino dei BRICS. L’attacco nei suoi confronti serve anche ad affossare la presidenza di Dilma Rousseff, ugualmente malvista dagli ambienti del governo e delle multinazionali nordamericane.
Con Dilma ci hanno provato in tutti i modi: hanno attaccato i Mondiali di Calcio e ora attaccano anche le Olimpiadi, aggrappandosi persino al virus Zika. L’obiettivo è di estrometterla dal potere con ogni disonore, in modo da impedire al suo PT qualsiasi speranza di riscatto o di rivincita per il futuro. Con Lula tentano da sempre la strada della corruzione dei suoi collaboratori, del resto già praticata anche con Dilma stessa. Alla lunga questo processo di erosione può produrre, nelle aspettative dei suoi committenti, qualche risultato.
Dev’essere chiaro, soprattutto alla falsa sinistra di casa nostra, che questo sgambetto è frutto proprio della falsa sinistra loro sorella di Obama e della Clinton. La vera sinistra dei Lula e delle Rousseff ha pagato per le scorrettezze e l’infidia della falsa sinistra nordamericana che gli Scalfari, le Berlinguer e tutti i sinistrati di casa nostra acclamano incessantemente.
A loro Obama e la Clinton, a noi Lula e la Rousseff. Non è una scelta di campo, è proprio una questione di dignità. A noi Mattei, a loro le Sette Sorelle.