
Dispensa consigli ed esprime giudizi un po’ a tutti dandosi arie da padre nobile. Ma Obama si rivolge soprattutto al suo successore dal prossimo 20 gennaio, il presidente eletto Donald Trump.
Il timore di Obama e dei democratici che hanno appoggiato Clinton è alto: la nuova amministrazione rischia di vanificare tutto il lavoro svolto dal Presidente uscente per ribadire l’interesse degli Usa per un’Europa unita che ha Washigton come suo alleato principale. A Obama interessava principalmente fare del vecchio continente un grande spazio commerciale attraverso il TTIP, che oltre ad abbattere i costi doganali avrebbe introdotto in europa una legislazione a parte per i contenziosi fra le grandi multinazionali e le istituzioni. Progetto per ora deflagrato e per l’indecisione tedesca e per l’elezione di Donald Trump.
Il successo del progetto obamiano-clintoniano passava soprattutto per l’isolamento della Russia in Europa e nell’accerchiamento di Mosca tramite la riedizione del containment nel XXI secolo. Con la crisi ucraina e le primavere arabe, Washington ha cercato di sottrarre al gigante russo il prestigio internazionale che Putin attraverso il risanamento dei conti e l’efficace strategia a livello internazionale aveva ottenuto sino al 2008.
La dottrina Obama può infatti essere riassunta attraverso la sintesi di tre dottrine in politica internazionale che portano il nome di Truman, Carter, Brzezinski. L’Ucraina, una questione che doveva essere risolta soprattutto in un contesto europeo, tanto che anche lo stesso Yanukovich inizialmente non era nettamente contrario all’ingresso nella Ue, è diventato terreno di scontro per interposta persona tra NATO e Russia. Obama voleva fare dell’ex repubblica sovietica al confine tra Europa e steppe eurasiatiche un nuovo pantano come lo fu quello dell’Afghanistan, che segnò l’inizio del declino sovietico. Una provocazione che avrebbe dovuto indurre i russi a intervenire militarmente nei confronti di Kiev e perdere definitivamente ogni credibilità internazionale.
La Russia di Putin avrebbe dovuto uscire fuori dalla scena sia nel mediterraneo che nel vecchio continente. Tuttavia la storia si è evoluta in modo diverso da quanto sperato dai democratici Usa. La propagazione dell’ISIS nel territorio mesopotamico e degli attentati dei jihadisti in giro per il mondo hanno mostrato ai molti ancora scettici che soltanto mantenendo l’integrità di paesi come la Siria di Assad si può evitare la propagazione del fondamentalismo e dei suoi metodi terroristici.
Obama, però sulla Siria ha ribadito ieri il suo punto di vista. Secondo il presidente uscente “il regime siriano, l’Iràn e la Russia hanno le mani insanguinate dei civili di Aleppo”, e ne stigmatizza i metodi che secondo Obama sarebbero “un selvaggio assalto per il quale tutto il mondo si schiera contro il suo orrore”. Secondo le sue fonti Obama spiega come gli alleati proAssad ad Aleppo est abbiano “individuato e colpito operatori medici. Abbiamo avuto alcuni report di esecuzioni di civili, abbiamo visto ridurre tutto in rovine”.
Potremmo stare qui a dire come la retorica di Obama non abbia alcun legame con la realtà. Come ormai solo lui e alcuni media con editori che fanno calcoli politici di bassa lega facciano ancora mistificazione su quanto succede in Siria da cinque anni a questa parte. Come quelli russi siano bombardamenti contro una roccaforte di tagliagole jihadisti che come si evince da testimonianze video tenevano in ostaggio la popolazione civili con le loro leggi shariatiche. Ma ciò che qui importa è la rilevanza l’immagine che Obama ha voluto dare anche nella sua ultima conferenza da presidente alla figura di Putin.
Il discorso di Obama si rivolge infatti a più di un interlocutore. Il primo va individuato nei posteri: sembra quasi che Obama voglia giustificare le sue azioni davanti alla storia e in effetti qualcuno negli Usa potrebbe anche credere che in questi otto anni gli americani abbiano dovuto affrontare la minaccia russa, ma il vero obiettivo è giustificare l’insuccesso degli Usa su Assad e nella lotta al terrorismo. Il secondo è l’Europa, Obama sin dal giorno successivo alla sconfitta della Clinton ha voluto ribadire la propria leadership nei paesi Ue che ormai, forse Italia a parte, coinvolge partiti sia di centrodestra che di centrosinistra come emerge chiaramente sia in Germania che in Francia, dove sia Merkel e che Hollande sembrano gestire l’Europa come se niente fosse accaduto.
Tuttavia il vero interlocutore è sicuramente Donald Trump. Malgrado la sconfitta elettorale sembra che un certo tipo di establishment resti molto forte negli Usa e Obama non fa altro che unirsi al coro della Cia e dell’Fbi, che prima hanno salvato la Clinton dal mailgate poi hanno tirato fuori la storia dell’influenza di Putin sull’elettorato repubblicano. Obama con le sue parole continua infatti a far pressione sul nuovo presidente sin dal giorno successivo alla sua vittoria in un modo inedito nella storia recente degli Usa.
Obama si è infatti dichiarato disponibile a dare i suoi consigli al nuovo inquilino della Casa Bianca, un fare paternalistico che può permettersi in virtù della mancanza di esperienza politica del tycoon. Ma più che consigli quella di Obama è un’ingerenza non richiesta. il Presidente uscente ha infatti corretto Trump rispetto ai suoi comportamenti nei confronti della politica dell’unica Cina, mentre su Vladimir Putin ha dichiarato che il presidente russo “mira a indebolirci per indebolire l’Europa” inoltre, dice Obama “ho intimato a Putin di smetterla di influenzare la democrazia Usa, altrimenti ci saranno serie conseguenze”.
La sensazione è che a causa di quell’establishment di cui sopra negli Usa assistiamo almeno in questo momento storico ad un esercizio della democrazia in forme limitate, come testimoniano le preferenze espresse da parte di alcuni pesci grossi del GOP per Hillary Clinton prima del voto di novembre scorso. Un establishment che in maniera bipartisan ha deciso di adottare la dottrina del Nuovo Secolo Americano del PNAC. Non necessariamente coniugata secondo i desiderata neocon la strategia degli Usa ha avuto negli ultimi vent’anni poche variazioni tra repubblicani e democratici.
Quello di Obama ai repubblicani è quindi un avvertimento chiaro, che ha i connotati del pericoloso. Negli Usa in questo momento è permesso battibeccare sulle tasse sulla sanità e altri problemi amministrativi, ma la strategia Usa non può essere messa assolutamente in discussione. Per influenzare le menti dei suoi avversai Obama ha fatto leva sull’orgoglio dei repubblicani citando in causa uno dei suoi Padri Nobili: “Donald Reagan, accusa Obama, si rivolterebbe nella tomba sapendo che almeno un terzo dei Repubblicani sostiene Putin pur di andare contro i Democratici”.
Sia chiaro, Donald Trump non è certo quel partito popolare Usa che molti vorrebbero far credere, tuttavia Trump ha sposato la causa di una fazione politica da anni ormai in polemica negli Usa con la destra maggioritaria del GOP. Una Old Right da tempo messa ai margini che però ha da sempre rappresentato una grossa fetta dello spirito americano. Non è un caso infatti che a fine anni ’90 Donald Trump tentò già la scalata politica fondando il partito Riformista con Pat Buchanan e David Duke, esponenti di una destra alternativa (nel caso di Duke potremmo dire anche estrema destra) a quella repubblicana. Una destra legata a quella economia reale che paradosso dell’epoca del capitalismo finanziario può assumere i connotati del populismo. Una destra che da sempre propugna un ritorno degli Usa all’isolazionismo e a dedicarsi ai problemi della sicurezza insieme alle altre potenze
Dunque si apre un momento molto delicato per il nuovo presidente il prossimo gennaio, il quale potrebbe nel caso le pressioni della Cia dovessero rivelarsi efficaci, fare la fine del “povero” George W. Bush, presentatosi come isolazionista e contrario alla politica dell’esportazione della democrazia e condannato a essere ricordato come uno dei presidenti più interventisti della storia americana.
Da parte russa sono arrivate subito le risposte ad Obama e alla Cia. Nei giorni scorsi il portavoce del Cremlino Dimitrij Peskov aveva dichiarato che gli Usa avrebbero dovuto prima presentare le prove se vuole sostenere l’influenza della Russia sulle elezioni americane, ieri la Zakharova, portavoce degli Esteri del Cremlino ha rincarato la dose: “interferenze russe nelle elezioni altrui? Il presidente Obama dovrebbe chiedere scusa al Presidente Yanukovich che è stato deposto, allora”.
Le dichiarazioni di Obama aprono dunque alla riflessione sul reale declino di certe mire egemoniche degli Usa. La palla ora passa a Trump: sarà in grado di rispettare le aspettative che il mondo ha riposto su di lui?
L’America cintinua a pensare che “il mondo” non sono loro … se i paesi avessero potuto votare liberamente e senza veti all ONU (organo gia abbastanza screeitato) loromsi sarebbero trovati molte volte in infima minoranza, anche sulla questione della siria, ancora oggi racconta menzogne suntutta la vicenda siriana dove america,israele,arabiansaudita,turchia,qatar e altri vari comprimari hanno organizzato,finanziato diretto,addestrato gruppi terroristici stranieri per rovesciare il governo siriano libero e democraticamente eletto dai siriani, tutto il dramma sociale avvenuto ricade solo ed esclusivamente su america e servi vari … Solo Putin e tuttinquelli come Iran siriani liberi hanno fronteggiato queste orde di assassininscatenati che hanno ucciso,depredato,distrutto, violentato la Siria, la sua storia,il suo popolo lamsuantolleranza religiosa per volerla sostituire con la barbarie sionista e wahhabita. Questa è l’unica realtá … questo progettonè fallito e tuttimi morti che ci sono sono stati ricadono esclusivamente su di loro. Che Iddio li punisca