La disoccupazione e la precarietà stanno devastando il Paese. Ora sono oltre 9,3 milioni gli italiani a rischio povertà. L’area di disagio sociale non accenna a restringersi. Dal 2015 al 2016 altre 105mila persone sono entrate nel “bacino dei deboli in Italia”. Complessivamente, i soggetti in difficoltà sono 9 milioni e 347 mila. Crescono in particolare gli occupati-precari. Nella morsa del lavoro non stabile sono finiti altre 28mila persone.

Ai “semplici” disoccupati vanno aggiunte ampie fasce di lavoratori precari. Agli oltre 3 milioni di persone disoccupate, bisogna sommare i contratti di lavoro a tempo determinato, sia quelli part time sia quelli a orario pieno; vanno poi considerati i lavoratori autonomi part time, i collaboratori e i contratti a tempo indeterminato part time.

Le politiche del Lavoro dei governi non eletti del Pd (Letta e Renzi), hanno fatto aumentare a dismisura il numero di persone occupate, ma con prospettive incerte circa la stabilità dell’impiego o con retribuzioni contenute: complessivamente a 6,27 milioni di unità.

Il totale dell’area di disagio sociale, calcolata dal Centro studi di Unimpresa sulla base dei dati Istat, alla fine del 2016 comprendeva dunque 9,34 milioni di persone, in aumento rispetto al 2015 di 105mila unità (+1,14%).

Il Jobs Act è stato un fallimento. Le agevolazioni “previste” hanno favorito forme di lavoro non stabili. In salita il dato degli occupati in difficoltà: erano 6,24 milioni a dicembre 2015 e sono risultati 6,27 milioni a giugno scorso. In totale 28mila soggetti in più (+0,45%).

I contratti a temine part time sono saliti di 83mila unità da 720mila a 803mila (+11,53%), i contratti a termine full time sono cresciuti di 13mila unità da 1,70 milioni a 1,71 milioni (+0,76%), i contratti a tempo indeterminato part time sono cresciuti dello 0,34% da 2,66 milioni a 2,77 milioni (+9mila). Scendono i contratti di collaborazione (-43mila unità) da 327mila a 284mila (-13,15%) e risultano in lieve diminuzione gli autonomi part time (-4,12%) da 825mila a 791mila (-34mila).

 

 

Unimpresa boccia l’azione del Governo Gentiloni (il terzo governo di fila, espressione del Pd, non “legittimato” dalle urne), caratterizzata ancora una volta solo da misure assistenziali di breve durata, ampiamente insufficienti.

“Le aziende italiane hanno bisogno di risorse e incentivi per crescere e svilupparsi dunque per avere i presupposti necessari a creare nuova occupazione. C’è bisogno di più lavoro per gli italiani: in questo senso, vanno accolti con favore tutti gli strumenti e le misure volte a rendere meno onerose le assunzioni di lavoratori, meglio se si tratta di interventi strutturali e non di aiuti una tantum. Bene, pertanto, le risorse per il lavoro giovanile che il governo si appresta a inserire nella prossima legge di bilancio. Riteniamo invece sbagliato insistere con forme di sussidio, perché strumenti come il reddito di inclusione alimentano l’assistenzialismo e disincentivano, di fatto, la crescita economica. I poveri non vanno lasciati nella loro condizione”, commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.