Mentre l’attenzione è rivolta alla crisi ucraina, si sono svolte le elezioni in un’altra repubblica dell’ex Unione Sovietica non riconosciuta dalla comunità internazionale, l’Ossezia del Sud. Dichiaratisi indipendente sin dalla fine dell’URSS, l’Ossezia del Sud, insieme alla vicina Abkhazia, è stata riconosciuta ufficialmente dalla Federazione Russa nel 2008, quando Mosca dovette intervenire militarmente per difendere le due repubbliche dall’offensiva della Georgia contro la capitale osseta Tskhinvali, volta all’obiettivo di riprendere il controllo di quei territori. Una situazione, dunque, non dissimile da quella del Donbass, che ha portato all’intervento militare russo in Ucraina.

Le elezioni presidenziali dell’Ossezia del Sud si sono tenute su due turni tra il 10 aprile e l’8 maggio, ed hanno visto principalmente la sfida tra Anatolij Bibilov, presidente uscente in carica dal 2017, ed Alan Gagloev, leader dell’opposizione. Già al comando dopo il primo turno, nel quale aveva ottenuto il 38,55% dei consensi contro il 34,95% di Bibilov, Gagloev ha conquistato la presidenza con il 54,2% dei consensi al ballottaggio di domenica. Il presidente uscente ha riconosciuto la sconfitta affermando che le elezioni si sono svolte in maniera regolare.

Dal punto di vista della politica estera, la posizione dell’Ossezia del Sud non dovrebbe cambiare molto, visto che sia Bibilov che Gagloev sono fortemente filorussi. Bibilov aveva già preconizzato la possibilità dell’ingresso della repubblica nella Federazione Russa, in risposta alle provocazioni della NATO che a marzo ha effettuato una nuova esercitazione militare in Georgia. “Credo che l’unificazione con la Russia sia il nostro obiettivo strategico”, aveva detto allora il presidente uscente. “Questa è la nostra strada e un’aspirazione del nostro popolo. Dovremmo andare avanti lungo questa strada. Le corrispondenti misure legali saranno prese nel prossimo futuro. La Repubblica dell’Ossezia del Sud diventerà parte della sua patria storica – la Russia”.

Il presidente russo Vladimir Putin ha citato anche l’Ossezia del Sud e l’Abkhazia nel suo messaggio per il Giorno della Vittoria, ricordando tutti i territori ex sovietici che hanno versato il proprio sangue per liberare l’Europa dal nazismo. Si tratta di una citazione rilevante soprattutto in questo periodo, in quanto conferma che Mosca considera quei territori come indipendenti rispetto alla Georgia, così come Putin non ha mancato di citare la Repubblica Popolare di Doneck e la Repubblica Popolare di Lugansk, in quanto entità indipendenti non facenti più parte dell’Ucraina dopo il riconoscimento dello scorso febbraio.

Nella giornata del 10 maggio, invece, lo stesso presidente russo ha inviato un telegramma di congratulazioni al presidente eletto Alan Gagloev. Nel telegramma, Putin ha affermato di aspettarsi che l’attività di Gagloev promuoverà “un ulteriore rafforzamento delle relazioni bilaterali basate sui principi di alleanza e partenariato strategico”. “La Russia, da parte sua, continuerà a fornire piena assistenza ai suoi amici dell’Ossezia del Sud per risolvere problemi urgenti nello sviluppo sociale ed economico e nella protezione della sicurezza nazionale”, ha ancora affermato il presidente russo nel suo telegramma. Nessun cenno alla possibile unificazione, ma importanti esponenti della politica russa si erano precedentemente espressi a favore.

Secondo quanto riportato dalla Commissione elettorale centrale dell’Ossezia del Sud, lo scorso 7 aprile è iniziata la campagna di raccolta firme per lo svolgimento di un referendum sull’ingresso della repubblica caucasica nella Federazione Russa. La CEC ha spiegato che la domanda del gruppo di iniziativa presentata al Comitato elettorale centrale include una domanda proposta per il referendum, che recita: “Sostieni l’unificazione della Repubblica dell’Ossezia del Sud e della Russia?”.

Secondo le leggi in vigore in Ossezia del Sud, è necessario raccogliere almeno 2.000 firme su una popolazione di circa 53.500 persone affinché il referendum venga considerato ammissibile. Dopo la raccolta firme, il quesito referendario dovrà passare al vaglio della CEC e della Corte Suprema, e solamente dopo la sua approvazione da parte di entrambi gli organi sarà possibile stabilire la data del voto.

Secondo il presidente uscente Bibilov, la sua sconfitta elettorale non metterà a repentaglio lo svolgimento del referendum. Da parte sua, il portavoce del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America, Ned Price, ha fatto sapere senza sorpresa che Washington non riconoscerà la legittimità del voto.