Le promosse? Su tutte Sassuolo e Juventus, ma anche Napoli e Roma, ovviamente.

Se la cava anche l’Inter, che paga un Campionato da Dottor Jekyll e Mister Hyde. Male, malissimo l’altra milanese, il Milan, per il terzo anno consecutivo fuori dalle competizioni europee, e alle prese adesso con i dolori del vecchio Silvio Berlusconi, che ha una Cina per capello.

Bocciate senza appello anche Palermo e Verona.

La stagione 2015-2016, chiusasi ufficialmente sabato con il trionfo della Juventus in Coppa Italia, è stata un’annata che, almeno fino a febbraio, non ha mancato di stupire.

È stata la prima, dopo 13 anni, in cui la squadra campione d’inverno non si è confermata tale anche a maggio. L’ultima volta accadde nel 2002-2003, con il Milan davanti a tutti al giro di boa, ma a primavera a trionfare è stata la Juventus di Marcello Lippi. Questa volta è toccato al Napoli illudersi, ma sempre ai bianconeri a gioire.

È stata l’annata dei record: quello di Buffon (974′ di imbattibilità e senza gol al passivo tra la 20esima e la 29esima giornata. E che in casa, allo Stadium, non becca gol addirittura da dicembre). Quello dei bianconeri, al quinto scudetto consecutivo, al secondo double di fila, ai 76 punti su 78 conquistati tra l’11esimo e il 37esimo turno, e che portano a casa tre trofei sui quattro disponibili.

Quello delle tre squadre di testa. Mai, in serie A, le prime tre classificate hanno toccato quota 80 punti. Segno evidente di una superiorità rispetto alla concorrenza, diventata imbarazzante nella seconda parte del torneo.

E poi c’è Higuain (36 reti in 35 partite, come lui nessuno mai), i numeri del Napoli (oltre 100 gol in stagione, record di punti, ben 82, e di vittorie in Campionato, ben 25), quelli importanti della Roma.

Più di tutti, però, c’è il Sassuolo (voto 10 e lode), la grande sorpresa della stagione. Sesto posto, 61 punti, vittorie con Juventus, Napoli, Milan, due volte con l’Inter, e preliminari di Europa league acciuffati.

Come? Società seria e attenta ai bilanci, un allenatore preparato come Di Francesco, una squadra giovane, italiana e gagliarda al tempo stesso, e senza grandi nomi. Ma la prossima annata sarà quella più difficile: la conferma.

La Juventus, invece, merita 10+. Si è già detto tutto della vecchia signora e dei suoi record. A lungo andare, ha confermato di essere la migliore del lotto, implacabile negli scontri diretti, capace di vincere in tutti i modi possibili (lo dimostra la Coppa Italia). Questa stagione porta la faccia di Allegri, Buffon, Pogba e Dybala. Tre trofei su quattro, vinti, dieci in cinque stagioni. Era la più forte, lo avevamo scritto ad agosto, e lo ha dimostrato. Peccato per quei 30′ di blackout a Monaco di Baviera.

Leggermente più basso il voto del Napoli (10). Non sono arrivati trofei a Castelvolturno, ma solo complimenti e record. Ha cullato a lungo il sogno tricolore, ma ha dovuto arrendersi allo strapotere juventino, anche se il vero rammarico è l’Europa League, abbandonata troppo presto. Gli azzurri devono ripartire da qui. Con Sarri e Higuain, imprescindibili.

Perché se si vuole puntare allo scudetto e fare una buona Champions League, servono due cose: allargare la rosa con giocatori di qualità ed esperti, e costruire una squadra attorno al “Pipita”.

Pienissimi voti anche alla Roma di Luciano Spalletti (voto 9,5), che centra un terzo posto difficile da decifrare. È la squadra che ha perso di meno Il bicchiere è mezzo pieno se si considera la seconda parte di stagione, con andatura da scudetto grazie al ritorno del mister di Certaldo. Mezzo vuoto se si prende in esame il valore della squadra (accanto a Pjanic, Naingoolan, De Rossi, sono arrivati Salah, Iago Falque, Dzeko, Perotti, El Shaarawy) attrezzata per vincere il tricolore, e la scelta discutibile di confermare Rudi Garcia in estate. Non mandato a casa neanche dopo il 6-1 al Camp Nou in novembre.

L’anno prossimo a Trigoria devono vincere. Non ci devono essere attenuanti. Ma se vendono Pjanic diventa più difficile…

Voto 8 al Chievo di Maran, altra bella sorpresa del nostro calcio.

Mezzo voto in meno (7,5) all’Inter di Roberto Mancini, anche lei a due facce. Diciamo la verità, però: la rosa nerazzurra era da quarto posto e così è arrivata. Troppo lontana dalle prime tre della classe. Certo, dopo un girone di andata passato quasi sempre in testa, sognare l’Europa dalle grandi orecchie era lecito, ma quando poi il gioco si è fatto duro, sono emersi i limiti di una squadra costruita con tanta forza e poca tecnica e cervello.

Jovetic, Felipe Melo, Murillo, Ljajic sono state meteore. Kondgobia e Eder acquisti sbagliati. Icardi troppo solo in avanti. Perisic e Brozovic belli solo a sprazzi. Per l’anno prossimo servono rinforzi che sappiano tenere la palla, ma con quali soldi ancora bene non si sa.

Sopra la sufficienza (6,5) la Fiorentina di Paulo Sousa. Giudizio basso a causa di un pessimo girone di ritorno, in cui l’allenatore portoghese ha perso di vista un ambiente che a ottobre sognava addirittura il Tricolore. Quinto posto finale, ma forse – almeno come punteggio – si poteva fare di più.

Il Carpi e il Frosinone, invece, meritano 6. Certo, sono entrambe retrocesse per la gioia di Claudio Lotito, ma entrambe lo hanno fatto davvero con onore. La compagine di Sartori – che errore cacciarlo a metà stagione per poi richiamarlo – ha centrato 38 punti, tantissimi alla prima esperienza nella massima serie. In altri Campionati, sarebbero bastati, questa volta no. Ma rimarrà il pareggio con il Napoli, contro l’Inter e il doppio 0-0 contro il Milan.

I ragazzi di mister Stellone si sono fermati a 31 punti, ma fino alla penultima giornata hanno sognato l’impresona. La Lazio, invece, ha confermato le attese. Per i biancocelesti sarebbe stato impossibile ripetere quanto fatto l’anno scorso, e fin dal preliminare di agosto hanno raccolto soltanto delusioni. Campionato anonimo e spento. Voto 5,5.

Ancora più basso il voto del Milan (sonoro 5), a cui non basta una buona finale di Coppa Italia per salvare un’altra pessima stagione. La terza consecutiva, in cui si sono avvicendati 5 allenatori, non si arriva neanche a 60 punti, non si raggiunge l’Europa.

Due dati per capire il fallimento di questo piccolo Diavolo: i rossoneri sono stati gli unici a non aver segnato un gol al Carpi, e sono stati incapaci di battere il Verona, ultimo della classe.

Campagna acquisti sbagliata, con troppi soldi spesi male. Scellerato cacciare Mihajlovic e far spazio a Brocchi a sei gare dalla fine. Ancora più incredibile, però, è che la società si sia persa e non sappia davvero più cosa fare. Da dove ripartire? Da un addio. Berlusconi deve lasciare. Non ha più nulla da dire e da dare. E dalle poche certezze: Donnarumma, Calabria, Romagnoli, Montolivo e Bacca.

Malissimo anche Sampdoria, Palermo (salvatosi soltanto all’ultima giornata) e Verona, il cui voto non può essere che 4.

Ora stacchiamo la spina per due settimane, e dal 10 giugno rimettiamoci sul divano per l’Europeo. E tutti a tifare l’Italia di Antonio Conte, che però somiglia a un’armata brancaleone per giunta senza importanti pedine.

Ma lui può farci ben poco, e anzi ha già gettato la spugna…