
Nel viaggio diplomatico di Vladimir Putin nella capitale francese, il presidente della Federazione Russa ha rilasciato alcune dichiarazioni al quotidiano francese Le Figaro.
Interrogato ancora una volta sulle preoccupazioni dei paesi dell’Europa e degli Usa nei confronti della “minaccia russa”, il leader russo ha risposto seccamente che “non bisogna paventare minacce immaginarie dalla Russia come quella della guerra ibrida” e che “i paesi della Nato si spaventano da soli, basandosi su dati immaginari”.
“Con la Francia e l’intera Europa sotto attacco dei terroristi, così come la guerra in Medio oriente, mi sembra strano sentire parlare di pericolo russo – ha spiegato Vladimir Putin al quotidiano francese – il pericolo principale per la sicurezza oggi qual è? il Terrorismo. Sta dilagando in tutto il mondo, c’è una guerra in Medio Oriente, questa è la questione. Ma no, bisogna continuare con queste speculazioni sul pericolo russo” – dice non rinunciando a una punta di ironia il presidente russo.
Quello dei mezzi di propaganda e della minaccia ibrida proveniente da Mosca, è stato anche il tema principale dell’intervento del neopresidente francese Emmanuel Macron, lunedì scorso nell’incontro bilaterale con il Capo di Stato russo. Il leader di En Marche! aveva etichettato in maniera quasi sprezzante i colleghi russi come dei non-giornalisti: “agiscono non come normali media, ma come propaganda ingannevole“, sono state le parole del leader francese in occasione della conferenza stampa di Parigi con il leader del Cremlino.
Quelle tra Macron e Russia Today-Sputnik sono ruggini che risalgono alla scorsa campagna elettorale francese, quando il candidato di En Marche! aveva bandito i due media russi dal seguire la campagna elettorale del leader centrista contro la candidata del Front, Marine Le Pen. Non sappiamo quanto dietro questi attacchi di Macron ci sia del vero risentimento nei confronti delle due testate giornalistiche russe, forse ree di scavare nella vita privata del neopresidente, o si tratta della diretta conseguenza della campagna di demonizzazione lanciata dall’ex Presidente Obama nei confronti della Russia, all’indomani della sconfitta della Clinton alle elezioni.
Da quando la claque Obama-Clinton ha perso la leadership di Washington, i falchi democratici hanno scavato a pieno nelle loro capacità di storytelling, uno dei punti forti del soft power di marca obamiana. La famiglia Clinton non ha mai digerito la sconfitta contro il tycoon Donald Trump, che viene attribuita soprattutto all’affare del mailgate, scoperchiato dall’FBI. Uno scandalo che Hillary era in un primo momento riuscita a far insabbiare, finché l’FBI, considerata la cassa di risonanza avuta dallo scandalo a livello internazionale o forse per le pressioni dei Repubblicani, ha dovuto riaprire il caso a pochi giorni dal voto.
Cassa di risonanza internazionale alla quale, effettivamente i media russi possono aver avuto un ruolo importante, ma non così determinante come dichiarano da qualche mese i leader delle cancellerie occidentali in seguito al tormentato post-Obama. In realtà negli Usa, malgrado le scorse presidenziali abbiano attestato una situazione abbastanza preoccupante per i media americani, molti degli scandali vengono fuori per merito di giornalisti, politici o semplici cittadini americani.
Si pensi alla storia del certificato di nascita dello stesso Obama, storia fatta nascere dal politico democratico Philip Berg, che dal 2008 si è schierato contro l’elezione di Obama, a causa del suo luogo di nascita, che sarebbe secondo la tesi di Berg il Kenya e non le Hawaii come attestato dall’ex Presidente. Fatto che avrebbe reso ineleggibile il primo presidente di colore della storia degli Usa. Anche per la Clinton, vale lo stesso discorso: una delle opere più importanti sulla vita privata e politica di Hillary Rodham è stata scritta dalla saggista americana Diana Johnstone.
Andando più indietro nel tempo, lo scandalo Watergate fu “scoperto” da una guardia di sicurezza dell’Hotel in cui risiedeva il quartier generale del comitato elettorale del Partito Democratico (l’Hotel Watergate), in seguito la storia fu svelata da giornali americani autorevoli come il Washington Post. Tutti americani e nessuna spia russa o sovietica.
Tornando al tempo presente, i media russi pur ammettendo la loro non completa indipendenza, dovuta alla loro natura statale, non sono di certo gli unici ad avere tale struttura. Un network autorevole come la BBC, presa come punto di riferimento da tutti i giornalisti del mondo è stata istituita da un decreto regio ed è direttamente controllata dalla Monarchia. Stesso discorso vale per un’emittente come Al Jazeera, da anni presa come punto di riferimento dai media occidentali per quanto accade in medio oriente. Sovente Al Jazeera, tv controllata dagli emiri del Qatar ha costituito uno sponsor vero e proprio alle azioni terroriste dei fondamentalisti islamici, che hanno avuto il plauso dell’occidente nel loro tentativo di destabilizzazione di paesi tutt’altro che amici della Nato. Eppure anche questa è propaganda.
Le parole di Macron hanno provocato la reazione di Russia Today, che ha etichettato ipocrite le dichiarazioni del presidente francese. Dal canto suo Vladimir Putin già lunedì scorso aveva sottolineato ad un giornalista presente in conferenza stampa di non aver parlato per nulla con Macron della minaccia russa e della propaganda russa, perché “non c’è nulla di cui parlare”. Concetto ribadito anche martedì sera nell’intervista concessa a Le Figaro: “voi create queste cose da soli e ora vi spaventate voi stessi con queste cose che voi inventate” – Putin incalza il giornalista – “poi usate queste cose per pianificare le vostre politiche future. Ma queste politiche non hanno futuro. L’unico futuro è la cooperazione su ogni aspetto, anche in quello della sicurezza”.
“agiscono non come normali media, ma come propaganda ingannevole“, RIFERITO AI GIORNALISTI RUSSI…INVECE QUELLI OCCIDENTALI NO? e che dire di Macron che incontra i rappresentanti dei terroristi in Siria? Macron è il burattino dei poteri forti in Europa e Francia …un utile idiota ..