Sono giorni di tensione e sospetti negli Stati Uniti. Un uomo si è schiantato contro la cancellata del Congresso subito dopo le 4 di mattina di oggi, ora locale. Dell’uomo non si conosce ancora l’identità. “L’auto ha preso fuoco dopo lo schianto, mentre l’uomo stava scendendo”, ha spiegato la polizia di Capitol Hill, precisando che “ha poi sparato diversi colpi in aria lungo East Capitol Street”. Nessuna persona sarebbe rimasta ferita nello schianto. Al momento non sembra che l’uomo avesse intenzione di attaccare qualche membro del Congresso, chiuso per la pausa estiva. Delle indagini si sta occupando il Dipartimento di Polizia Metropolitana di Washington.
L’inquietante episodio si è verificato a poca distanza di tempo dal tentativo di irruzione da parte di un uomo armato nella sede dell’FBI a Cincinnati, in Ohio. Intercettato dalla polizia, dopo infruttuose trattative per cercare di convincerlo a consegnarsi, è stato ucciso. Il timore, in questo caso, è che si sia trattato di un gesto al blitz dell’Fbi a casa di Trump e alla rabbia che è esplosa negli ambienti di estrema destra.
Secondo indiscrezioni, Ricky Shiffer, questo il suo nome, sarebbe un sostenitore dell’ex presidente americano con legami con dei gruppi “suprematisti”, uno dei quali ha partecipato all’assalto al Congresso del 6 gennaio.
Nei giorni scorsi, il direttore dell’Fbi, Christopher Wray, si era detto preoccupato per le minacce ricevute dalle frange più estreme dei sostenitori di Donald Trump dopo la perquisizione da parte dei suoi agenti della residenza dell’ex presidente in Florida, a Mar-a-Lago.
Sulla rete, in particolare sul social suprematista Gab, fondato da Andrew Torba, sono sempre più numerosi gli appelli ad essere “pronti e carichi” per reagire contro il governo federale. E non manca chi invoca la rivoluzione armata e l’assassinio di agenti federali e dell’attorney general Merrick Garland.
A tenere banco, è anche l’indagine sulla Trump Organization per frode fiscale. Appellandosi al quinto emendamento della Costituzione statunitense, il tycoon si è rifiutato di rispondere alle domande dei procuratori di New York e si è detto “vittima di una non motivata caccia alle streghe politica, sostenuta da avvocati, procuratori e media delle fake news”.
E’ un momento delicatissimo per Trump, già sotto i riflettori per le perquisizioni durate circa 10 ore che l’Fbi ha effettuato nella sua proprietà di Mar-a-Lago, in Florida, per acquisire documenti che il leader repubblicano avrebbe sottratto agli uffici amministrativi una volta concluso il suo mandato alla Casa bianca.
Le due indagini sono separate. Sul capo dell’ex inquilino della Casa Bianca pende inoltre la spada di Damocle dell’accertamento delle sue responsabilità per l’assalto al Campidoglio avvenuto il 6 gennaio 2021, che nelle ultime settimane ha fatto registrare novità importanti dal punto di vista processuale.
L’Fbi ha sequestrato anche il cellulare del repubblicano Scott Perry, a lui molto vicino. Lo ha affermato lo stesso Perry, precisando che “era in viaggio con la famiglia” quando è stato avvicinato da tre agenti.
“Non hanno fatto alcun tentativo di contattare il mio avvocato. Sono indignato, ma non sorpreso, per il fatto che l’Fbi, sotto la direzione del Dipartimento di Giustizia di Merrick Garland, abbia sequestrato il cellulare di un membro del Congresso in carica”, ha spiegato Perry.
Non accenna a diminuire l’intensità dello scambio di colpi iniziato in seguito alle rivelazioni del Washington Post, secondo cui gli agenti federali, nella lussuosa dimora dell’ex inquilino della Casa Bianca cercavano documenti top secret legati alle armi nucleari, con implicazioni per la sicurezza nazionale. Sarebbe stata proprio l’estrema delicatezza del loro contenuto e la preoccupazione che potessero finire in mani sbagliate, a rendere urgente l’intervento degli agenti federali a Mar-a-Lago.
Secondo il New York Times, fra le carte c’erano anche i cosiddetti “special access programs”, materiale accessibile solo ad un limitato numero di persone che hanno il più alto livello di autorizzazione di sicurezza.
Sul suo social “Truth”, Trump ha definito la questione “una bufala”, paragonandola all’indagine sul “Russiagate”. Poi si è detto favorevole alla pubblicazione del mandato, mentre sembra che i suoi avvocati siano fermamente contrari alla cosa.
“Non solo non mi opporrò al rilascio di documenti relativi all’irruzione e alla perquisizione ingiustificata e non necessaria nella mia casa a Palm Beach, in Florida, a Mar-a-Lago. Ma farò un ulteriore passo avanti incoraggiando il loro rilascio immediato”, ha scritto il vulcanico ex presidente.