Gli elettori portoghesi votavano per la prima volta dopo la chiusura del piano di salvataggio concordato con i creditori internazionali, la famigerata troika. Per tal motivo si è parlato di queste elezioni come di una sorta di referendum pro- o contra- le scelte “lacrime e sangue” del premier conservatore Pedro Passos Coelho, colui che, convinto della bontà dell’austerity, nell’ultima legislatura ha portato avanti politiche e riforme eteroimposte a Lisbona. Il Governo socialista di José Socrates, infatti, aveva portato il Paese nel pantano della crisi economica e lo ha costretto alle forche caudine del bail-out. Tra il 2010 e il 2013, infatti, con l’economia in recessione del 6% e con i titoli lusitani esclusi dalle contrattazioni di mercato, si è reso necessario un prestito di 78 miliardi di euro per risanare i conti dello Stato in cambio di austere riforme strutturali che, a differenza di quanto accaduto in Grecia, hanno portato ad alcuni risultati tangibili: il tasso di disoccupazione è sceso fino all’11.9% (2011-2013 al 17%), il deficit ridotto al 3% (dal 10%), le privatizzazioni hanno portato in dote circa 10 miliardi, le previsioni di crescita per il 2015 si attestano intorno ad un +1.6% – frutto del contributo dato dalla ripresa dei consumi interni e degli investimenti – mentre il debito è del 128.5% del PIL.

Nel 2014 Lisbona è uscita dal programma di assistenza e i suoi titoli di Stato sono tornati sul mercato. Una riuscita dell’applicazione del concetto schumpeteriano di distruzione creatrice che vede la presenza della troika un mezzo per realizzare modifiche strutturali che i portoghesi avrebbero difficilmente accettato e, al contempo, una vittoria per Bruxelles che può presentare i risultati ottenuti dal Portogallo come la cartina di tornasole della bontà delle misure di austerity1.

A questi dati, fanno da contraltare il taglio netto di stipendi e pensioni, la riduzione all’osso delle spese sociali e il fatto che 1 portoghese su 5 vive sotto la soglia di povertà, il prezzo di una legislatura austera, e un outlook del FMI che vuole il Portogallo ancora altamente vulnerabile.

Lo scontro alle urne era soprattutto tra le due grandi famiglie politiche lusitane, i socialdemocratici dell’incumbent Pedro Passos Coelho, colui che ha gestito gli anni difficili della crisi, che potevano contare sulla maggioranza assoluta dei seggi e i socialisti guidati dall’ex Sindaco di di Lisbona, Antonio Costa, la cui campagna è stata condizionata dalla reclusione domiciliare di José Socrates, l’uomo della crisi agli occhi dei portoghesi, condannato per corruzione; uno scontro ideologico tra chi – il Primo Ministro uscente – ha visto nel rigore di matrice mitteleuropea un modo per riformare il sistema portoghese e le opposizioni di sinistra che ne mettono in risalto, al contrario, gli aspetti più traumatici.

Questo lo scenario di incertezza in cui il Portogallo si preparava alle elezioni legislative. A scrutinio terminato, il vincitore (se di vittoria si può parlare) è stato Passo Coelho che, nonostante i sacrifici cui ha sottoposto i propri connazionali, ha beneficiato dell’”effetto Socrates” e del timore che una vittoria socialista avrebbe portato il Paese di nuovo nel baratro dei giorni della crisi. Una vittoria relativa e non assoluta perché la lista socialdemocratica Portugal à Frente ha ottenuto il 38.5% dei voti perdendo la maggioranza assoluta dei seggi passando da 132 a 107.

L’affermazione di Passos Coelho è la prima di un Governo dell’Austerità ma la mancanza di una maggioranza assoluta rimette ogni decisione nelle mani del Presidente della Repubblica, il socialdemocratico Anibal Cavaco Silva, arbitro istituzionale della contesa politica.

Dopo incontri e negoziati tra i vertici del Partito Socialista, Blocco di Sinistra e Coalizione Democratica Unitaria a volti a formare una coalizione in grado di esprimere una maggioranza parlamentare da opporre ad un nuovo esecutivo di centrodestra, il 22 ottobre il candidato premier socialista Antonio Costa annuncia che un accordo unitario in seno alla sinistra è stato raggiunto per un’alternativa valida di Governo che possa contare sui numeri necessari ad ottenere la fiducia all’Assemblea della Repubblica. Si apre, così, la strada di una maggioranza assoluta in Parlamento. Se questo scenario si concretizzerà, sarà il primo Governo guidato da coalizione di partiti di sinistra dalla entrata in vigore della Costituzione de 1976.

La reazione del Capo dello Stato Cavaco Silva all’annuncio di Costa – spinto anche dalle perdite della Borsa di Lisbona (-5%) davanti alla prospettiva di una guida antiUE e antiEuro del Paese – è stato il conferimento dell’incarico a Passos Coelho di formare un nuovo esecutivo di minoranza2 – esperienza non nuova nella storia istituzionale lusitana, ma che non ha mai portato a risultati lusinghieri – con lo scopo di trovare la soluzione migliore per dare stabilità e governabilità al Paese.

L’atto del Presidente della Repubblica è dovuto, formale e legittimo perché i socialdemocratici sono il partito uscito vincitore dalle urne ma, le motivazioni addotte alla decisione aprono un inquietante squarcio sulla reale natura delle istituzioni comunitarie: In 40 anni di democrazia, nessun governo in Portogallo ha mai dovuto dipendere dall’appoggio di forze anti-europee. Ossia forze che hanno dichiarato di voler abrogare il Trattato di Lisbona, il Fiscal compact, il Patto di stabilità e di crescita e di voler rompere l’unione monetaria e portare il Portogallo fuori dall’euro, oltre a volere la dissoluzione della NATO. Dopo che abbiamo sopportato un oneroso piano di assistenza finanziaria, che ha comportato duri sacrifici, è mio dovere, nell’ambito dei miei poteri costituzionali, di fare quanto è possibile per evitare di dare segnali sbagliati alle istituzioni finanziarie, agli investitori e ai mercati.3

I mercati avanti a tutto, quindi. Un golpe eurocratico per non turbarli, una decisione che segna il passaggio del Rubicone di un’ingerenza dell’Unione sempre più palese e tale da far estromettere, a priori, dalla possibilità di governare una coalizione che avrebbe i numeri per ottenere la fiducia parlamentare; una scelta per non scontentare Bruxelles, un’imposizione di imperio dell’agenda reazionaria che apre una crisi politica non necessaria.

Come sottolinea Carlo Clericetti, in Italia abbiamo criticato Giorgio Napolitano perché rifiutò di conferire l’incarico di governo al leader del partito più votato, Pier Luigi Bersani, a cui pose la condizione di avere prima una maggioranza parlamentare certa per insediare, poi, Mario Monti, uomo gradito ai mercati; in Portogallo siamo oltre dal momento che Cavaco Silva si è rifiutato di conferire l’incarico a una coalizione che la maggioranza ce l’avrebbe, e affida il compito a chi invece ne è privo.

Rimane il dubbio sull’utilità del ricorso alle urne per il futuro politico di un Paese dal momento che le scelte politiche son dettate più dalla volontà dei mercati e della troika che il volere dell’elettorato sovrano. Nessuno sembra più in grado di opporsi alle istituzioni internazionali mentre cresce il deficit democratico nel Vecchio Continente.

Così scriveva Lenin nel 1915 in Sulla parola d’ordine degli Stati Uniti d’Europa: dal punto di vista delle condizioni economiche dell’imperialismo, ossia dell’esportazione del capitale e della spartizione del mondo da parte delle potenze coloniali ‘progredite’ e ‘civili’, gli Stati Uniti d’Europa in regime capitalistico sarebbero o impossibili o reazionari. […] In tal senso sono anche possibili gli Stati Uniti d’Europa, come accordo fra i capitalisti europei… Ma a qual fine? Soltanto al fine di schiacciare tutti insieme il socialismo in Europa. […] la redazione dell’Organo centrale è giunta alla conclusione che la parola d’ordine degli Stati Uniti d’Europa è sbagliata.

La Storia ha dato ragione a Lenin? Euro(pa) e Democrazia, sono conciliabili?

Andrea Turi

1. Lisbona ha incassato gli attestati di stima del Ministro delle Finanze tedesco Schauble che ha presentato il Portogallo come la migliore prova di come i tagli alla spesa e l’aumento del rigore imposti alla periferia d’Europa possono funzionare. Cristine Lagarde, invece, ha indicato nel Paese lusitano un modello da seguire per le scelte messe in atto nell’ultima legislatura da Passos Coelho.
2. Mentre questo articolo va in pubblicazione, il premier Passos Coelho ha presentato la lista dei Ministri confermando buona parte della compagine governativa degli ultimi quattro anni.
Gli analisti credono che si andrà già al voto anticipato nel 2016. Il Portogallo si trova nel “semestre bianco” con l’impossibilità per il Presidente della Repubblica di sciogliere la Camera e indire nuove elezioni. Con ogni probabilità la sinistra non concederà la fiducia all’esecutivo e osi andrebbe ad un Governo tecnico di transizione di stampo conservatore che abbia l’obiettivo di approvare il bilancio dello Stato entro la fine dell’anno.
Nelle intenzioni di Cavaco Silva la volontà di formare un Governo di larghe intese partendo dal presupposto che i programmi dei due principali partiti lusitani non siano così distanti tra loco: questo è il momento del dialogo e del compromesso.
3. Ambrose Evans-Pritchard,

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