Il 9 agosto, si sono tenute le elezioni presidenziali in Bielorussia, che hanno dato inizio a numerose proteste. La Bielorussia è un Paese con una popolazione di 9,5 milioni di abitanti, un’ex repubblica dell’Unione Sovietica. La popolazione del Paese è imparentata con i russi, ma secondo un’altra opinione abbastanza diffusa, fa parte del popolo russo stesso. Ciò, tuttavia, ha avuto scarso effetto sullo sviluppo statale della Bielorussia negli ultimi anni. Dal 1994, il presidente della Bielorussia è Aljaksandr Lukashenko. Lukashenko ha instaurato un regime autoritario nel Paese, e la stragrande maggioranza della società lo ha tollerato, perché in cambio ha ricevuto stabilità e alcuni benefici.

Nel 1997 Lukashenko aveva avviato la creazione dello Stato Unito di Russia e Bielorussia. Il calcolo era stato fatto sul fatto che l’allora presidente della Russia, Boris Eltsin, fosse vecchio, malato ed estremamente impopolare nella società russa. Il nome di Eltsin era diventato un simbolo della vergogna e dell’umiliazione nazionale, della subordinazione della Russia agli Stati Uniti e al Fondo Monetario Internazionale. Il giovane Lukashenko sembrava molto avvantaggiato in confronto a Eltsin. Se si fossero svolte le elezioni per il presidente dello Stato Unito, Lukashenko avrebbe quasi sicuramente vinto. Questo, probabilmente, era il suo calcolo. Inoltre, Lukashenko ha esercitato abilmente pressioni sugli interessi dei produttori bielorussi di macchinari e prodotti agricoli nei mercati russi. Ha inoltre ricevuto generosi aiuti dal suo alleato russo, come prestiti vantaggiosi e petrolio a buon mercato.

Le possibilità di Lukashenko di diventare presidente dello Stato Unito sono svanite dopo l’arrivo al Cremlino di un giovane ed energico presidente, Vladimir Putin. Successivamente, il presidente della Bielorussia ha iniziato a sabotare sia il riavvicinamento dei due Stati che la creazione di un unico Stato. La strategia politica della Bielorussia iniziò a cambiare, rivolgendosi sempre di più all’Occidente, ma continuava una generosa assistenza finanziaria ed economica dalla Russia. Grazie a questa assistenza, in Bielorussia è stato raggiunto uno standard di vita relativamente elevato.

Tuttavia tra la fine del 2019 l’inizio del 2020, Lukashenko ha avuto dei diverbi con il Cremlino, seguiti da dichiarazioni forti nelle quali si metteva in chiaro che non avrebbe ceduto la sovranità della Bielorussia a Mosca. Nonostante il suo progetto iniziale, poi abbandonato, di creare uno Stato Unito, il vero obiettivo di Lukashenko è sempre stato quello di preservare il suo potere illimitato. Il presidente bielorusso ha iniziato a contrattare contemporaneamente con la Cina (gli affari cinesi stanno penetrando attivamente in Bielorussia) e con l’Occidente. Il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha visitato la Bielorussia, Paese da cui era stata evacuata l’ambasciata americana, e ha promesso aiuto a Lukashenko per allontanare il Paese dalla Russia. La Bielorussia si stava così gradualmente trasformando in una seconda Ucraina, con un’ideologia fortemente anti-russa.

La pandemia di Covid-19 e le elezioni presidenziali hanno portato a una svolta. Lukashenko ha rifiutato di riconoscere il pericolo del coronavirus, e il disappunto nei suoi confronti ha iniziato a crescere tra la popolazione. La seconda spiacevole sorpresa per Lukashenko è stata l’inaspettata popolarità di diversi candidati indipendenti alla presidenza della Bielorussia. Questi sono il blogger Sergej Tikhanovsky e due Viktor: il capo della Belgazprombank (banca quasi al 100% di proprietà della Russia) Babariko e il famoso uomo d’affari Tsepkalo. I primi due sono finiti in prigione con l’accusa di frode, mentre Tsepkalo semplicemente non è stato registrato ed è fuggito prima in Russia e poi in Ucraina.

La moglie di Tikhanovsky, Svetlana Tikhanovskaya, è diventata la candidata anti-Lukashenko, dopo che i più forti rivali di Lukashenko sono stati rimossi dalla partecipazione alle elezioni. Svetlana Tikhanovskaya è una casalinga, senza la minima esperienza politica, ma tra i suoi sostenitori vi erano professionisti associati alla Polonia e ad altri ex Paesi del blocco sovietico. Ma prima che si svolgessero le elezioni stesse Lukashenko ha compiuto due grandi passi in chiave anti-russa: ha sequestrato la Belgazprombank e ha arrestato un gruppo di 33 russi con l’accusa di voler organizzare un colpo di stato in Bielorussia. L’assurdità di questa accusa è evidente e, secondo alcuni esperti, questo sarebbe stato fatto per consentire a Lukashenko di ricevere un’indulgenza dall’Occidente, dimostrando che la Bielorussia è un avversario della Russia e uno scudo dell’Occidente.

Tuttavia, i risultati della votazione annunciati – l’80% per Lukashenko e meno del 10% per la Tikhanovskaya – non sono stati riconosciuti dall’Occidente. E nella stessa Bielorussia sono iniziati gli scontri dei giovani con la polizia. Tra le file dei protestanti sono stati notati cittadini ucraini che hanno preso parte agli eventi dell’Euromaidan e alla guerra nel Donbass. Si sono poi tenute anche manifestazioni pacifiche con la partecipazione di decine di migliaia di residenti di Minsk e di altre città.

L’opposizione ha dichiarato la sua vittoria, mentre l’Unione Europea non ha riconosciuto ufficialmente i risultati delle elezioni, e i rappresentanti della Polonia al Parlamento europeo hanno paradossalmente chiesto nuove sanzioni contro la Russia, per aver sostenuto l’anti-russo Lukashenko. Crescono ancora le proteste in Bielorussia. I lavoratori delle fabbriche di Minsk si sono uniti alla protesta, mentre funzionari e giornalisti al servizio delle autorità iniziano a prendere le distanze da Lukashenko. Molti esperti dell’area ex sovietica hanno iniziato a parlare dell’imminente caduta di Lukashenko. Resta quindi per ora incerta la fine delle proteste e il loro esito.

Silvia Vittoria Missotti