“Penso che per il M5S sia arrivato il momento di ritirare ministri e sottosegretari dal governo Draghi. Questo governo ha deciso di inviare armi all’Ucraina in guerra, rendendo di fatto l’Italia un paese co-belligerante”. Vito Petrocelli, presidente della Commissione Esteri del Senato, guasta il quadretto perfetto del governo Draghi e mette in difficoltà il suo partito, alle battute finali della sua ‘mutazione genetica’.

“Che senso ha confermare la fiducia ad un governo interventista? La maggioranza degli italiani non vuole alcun coinvolgimento del nostro paese in una guerra dagli esiti imprevedibili. Invito tutti i colleghi 5 stelle ad una riflessione su questa proposta”, aggiunge Petrocelli.

Il presidente della Commissione Esteri del Senato spiega: “Condanno fortemente l’invasione russa come gravissima violazione della Carta delle Nazioni Unite, e mi preoccupa che da giorni l’operazione militare, da limitata e in difesa delle popolazioni russofone del Donbass – vittime di anni di gravi crimini da parte delle milizie in particolare quelle dichiaratamente neonaziste – possa assomigliare sempre più alle tristi campagne e sanguinose occupazioni della Nato e degli Usa in Serbia, Afghanistan, Iraq, Libia. L’obiettivo di tutti è impedirlo. Arrivare ad un accordo che garantisca la sovranità territoriale dell’Ucraina e le istanze di sicurezza della Russia in un quadro più generale di nuova pacificazione dell’Europa. In questo scenario, con l’invio di armi l’Italia ha deciso di ridurre al minimo la possibilità di un suo ruolo di mediazione, oltre che derogare per l’ennesima volta all’articolo 11 della Costituzione”.

Il senatore lucano conclude: “Il mio messaggio al Movimento 5 Stelle è chiaro. Ci sono diversi motivi per staccare la spina a questo governo; partecipare in qualche modo a questa terribile guerra è solo l’ultimo e il più grave. Da questo momento io non gli darò più la fiducia”.

Ai tre senatori (Garavini, il dem Luigi Zanda e il leghista Stefano Lucidi) che gli hanno chiesto di fare un passo indietro, Petrocelli ha risposto picche. E l’ha comunicato anche alle commissioni Esteri e Difesa riunite a palazzo Madama per discutere il decreto Ucraina.

Ancora più esplicito il messaggio a lui indirizzato da Giuseppe Conte: “Se Petrocelli dichiara oggi, a dispetto del ruolo che fino ad ora ha avuto, che non appoggerà più questo governo evidentemente si pone fori dal M5s per scelta personale”.

Immediata e secca la replica del presidente della Commissione Esteri del Senato: “Se il Movimento espelle un senatore che non vota l’invio di armi a un Paese in guerra, vedano loro quali sono le conseguenze”, incalza Petrocelli. “Io ho espresso una posizione che naturalmente non è la posizione del M5s ma è l’invito a una discussione, finalmente, su un tema molto grave e pesante cioè la partecipazione italiana come Paese co-belligerante scaturita dall’invio di armi a uno dei due paesi in lotta. Se non ci sarà, io non potrò ovviamente farci nulla. Se si svilupperà ai minimi termini ne sarò dispiaciuto ma a questo punto non potevo rinunciare a invitare i miei colleghi a valutare quanto questo atteggiamento del mio Movimento sia lontanissimo dal programma con cui abbiamo vinto le elezioni politiche nel 2018″.

Una voce fuori da un coro politico monocorde che a Montecitorio si è genuflesso davanti a Zelensky. Parlamentari tutti insieme appassionatamente in piedi ad applaudire il presidente ucraino il giorno dopo che ha messo fuori legge 11 partiti. Più patetiche ancora sono state le le sviolinate dei conduttori televisivi dopo che il loro nuovo idolo, sempre ieri, ha deciso di unificare tutti i canali televisivi ad un’unica piattaforma di “comunicazione strategica”. Cosa che evidentemente deve essere sfuggita a chi era presente a Montecitorio, visto che Draghi e prima di lui Fico e la Casellati hanno parlato dei valori inalienabili della democrazia occidentale. Una democrazia che predica la pace, pratica la guerra e mal tollera il dissenso.