
È difficile scrivere queste righe a poche ore dalla notizia della morte del piccolo Charlie Gard.
Tutti ci siamo affezionati a questo bimbo affetto da sindrome di deplezione mitocondriale, che la prossima settimana avrebbe compiuto il suo primo anno di vita.
Indegnamente, sulle pagine di l’Opinione Pubblica, vi abbiamo raccontato la sua storia e a chi ha seguito interamente tutto lo sviluppo dell’intera vicenda, non può non pensare che la morte non naturale di Charlie sia profondamente ingiusta.
Charlie Gard è morto per soffocamento nel pomeriggio di venerdì, sedato e privato del supporto vitale che gli permetteva di respirare, in un hospice mantenuto segreto per volontà del giudice Francis, appena dopo aver lasciato la sua stanza al Great Ormond Street Hospital.
Tutte le richieste dei genitori del piccolo sono state respinte. Chris e Connie volevano far morire il proprio figlioletto a casa, fargli un bagnetto, trascorrere gli ultimi giorni senza medici, senza avvocati e senza la presenza costante dei media, ma il giudice Francis ha preso per vere le scuse accampate dal legale del Gosh, Katie Gollop, secondo cui la porta di casa Gard è troppo stretta per far passare la macchina del ventilatore artificiale.
Costretti ad accettare la soluzione dell’hospice, i genitori di Charlie sono riusciti a rimediare un ventilatore più piccolo, oltre a due medici e alcuni infermieri che si erano detti disponibili ad assistere il bambino 24 ore su 24. Ma anche in questo caso gli è stato impedito di trascorrere ancora qualche giorno insieme a Charlie: “non era nel miglior interesse di Charlie” vivere ancora qualche giorno; la spina andava staccata subito e a farlo doveva essere il personale del GOSH.
Qualcuno avrà malignamente pensato che, sia il giudice Francis, sia i rappresentati del GOSH, e sia chi doveva tutelare il “best interest” di Charlie, il legale Victoria Butler-Cole, avevano paura che Chris e Connie tenessero il piccolo Charlie in vita.
A parere del GOSH, il bambino sarebbe dovuto morire già nel gennaio scorso. Per loro il cervello di Charlie era completamente danneggiato e il piccolo soffriva in maniera disumana. Inspiegabile il fatto che Charlie Gard ha vissuto così a lungo, quasi da rischiare di festeggiare il suo primo compleanno.
A differenza del GOSH, il neurologo Michio Hirano della Columbia University e il professor Luigi Bertini, responsabile di Malattie Muscolari e Neurodegenerative dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù, dopo le visite e i nuovi esami fatti su Charlie, non avevano riscontrato nessun problema cerebrale di tipo strutturale. Anzi, il bambino rispondeva bene ed era reattivo. Ma anche qui, il giudice Francis è rimasto in piena sintonia con il Great Ormond Street Hospital, ignorando il parere del team di esperti internazionali.
La terapia sperimentale non avrebbe funzionato semplicemente perché sarebbe stata applicata troppo tardi: il sistema muscolare del bambino si era ormai troppo indebolito e le percentuali di riuscita del trattamento si erano di molto abbassate.
E’ stato perso troppo tempo con le battaglie legali. Colpa anche del GOSH che si è fissato sul danno cerebrale senza però fornire le prove che questo ci fosse davvero. Ma anche in questo caso, il giudice Francis ha ignorato il punto e ha dato ragione ai medici inglesi.
Charlie non poteva trascorrere le ultime settimane o mesi di vita attendendo la morte naturale, accudito amorevolmente dalla mamma e dal papà. A Charlie non solo andava tolto il supporto vitale e procurata l’eutanasia passiva, ma il tutto andava fatto nel più breve tempo possibile. La vita di Charlie non aveva “qualità”. Era “nel miglior interesse di Charlie la morte”, recita la sentenza.
Una sentenza che, dopo aver assistito a tutto lo sviluppo della vicenda, non può apparire per niente giusta. Ha il sapore profondo di ingiustizia.
Non importa se siete credenti o non credenti, pro-life o a favore della libera scelta sul diritto alla morte dignitosa. Probabilmente, dopo aver assistito alla tragica fine di Charlie, difficilmente mandereste i vostri figli a curarsi in una clinica che se non può guarire i vostri piccoli, vi toglie la patria potestà, vi impedisce di trasferirli in altri ospedali per usufruire di cure sperimentali e vi costringe ad una battaglia legale nella quale il giudice sancirà che è nel “best interest” dei vostri figli morire tramite eutanasia contro la vostra volontà.
Vi sembrerà che ve li abbiano uccisi. Ed è proprio questo che pensano Chris e Connie: Charlie è stato ucciso. Gli è stato impedito di provare una terapia, pur sperimentale e speranzosa che fosse. È stato volutamente fatto trascorrere troppo tempo con la scusa del danno cerebrale e si è atteso che i muscoli del bambino si deperissero così tanto da rendere inefficace qualsiasi cura.
Molti di voi giustamente non la penseranno in questo modo. Per questi la decisione di far morire Charlie è stata giusta, perché la sua “non era vita”, avrebbe avuto una vita piena di sofferenze e alla fine sarebbe morto lo stesso prima o poi. Chi scrive non ha la pretesa di dovervi convincere, anche se spera di avervi spinto almeno alla riflessione.
Gli altri che hanno difficoltà a definire “giusta” la sentenza del giudice Nicholas Francis, si chiederanno come è possibile che i tribunali di una società civile come quella inglese siano potuti arrivare al punto di condannare a morte un bambino malato. Chi scrive può darvi solo la risposta da credente: se è da Dio che viene la Giustizia e quella terrena rinnega il suo Creatore, allora dai suoi tribunali non si possono che emanare sentenze ingiuste, fino a sentenziare che è nel “best interest” di un bambino innocente e malato che debba morire. La stessa cosa vale per i medici che, sostituendosi a Dio, si permettono di decretare la morte di una persona, dimenticandosi che loro compito è semplicemente quello di curarla e di assisterla.
« In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.» MT(25,40).
Charlie Gard è andato via con gli angeli, come avevano profetizzato i suoi genitori dopo aver ritirato la richiesta di portarlo degli USA. Forse è davvero giusto così: non era il posto adatto, questa terra cattiva, per un angioletto puro e innocente come lui.
Undici mesi intensi di vita i suoi, che non dimenticheremo mai. Potete pensarla come volete, potete ancora pensare che non ci fosse qualità in quella vita, ma non potete negare che per lui e a motivo di lui, si sia mobilitata una parte di mondo e che stanotte, questa parte di mondo lo piange come se Charlie fosse il figlio di ciascuno di noi.
Marco Muscillo