Vediamo dunque altri esempi, sempre relativi al non facile “rapporto culturale” fra l’Occidente e il resto del mondo. Un esempio senza dubbio molto calzante è quello delle varie sette spirituali, legate ad un misticismo di tipo orientale che si richiama a tradizioni ed esperienze cinesi, giapponesi o indiane. Nei confronti di queste forme di cultura spirituale asiatica l’Occidente nel suo complesso ha sempre manifestato un profondo interesse, in particolare con un forte incremento subito dopo la Prima Guerra Mondiale.

D’altronde, già nell’Ottocento e nei primi anni del Novecento precedenti alla Prima Guerra Mondiale, l’Occidente era entrato in più modi a stretto contatto col mondo asiatico, in particolare per via della politica di espansione coloniale che aveva caratterizzato nazioni come la Francia e l’Inghilterra, e che vedevano proprio nel colonialismo lo strumento con cui sostenere ed alimentare la Rivoluzione Industriale in corso al loro interno. La colonizzazione dell’India e la penetrazione in Cina con le Guerre dell’Oppio ne sono una più che significativa testimonianza. Anche altre nazioni, nei decenni successivi, si unirono a questa “corsa verso l’Asia”, ad esempio la Germania; mentre la Russia, vieppiù allargandosi verso Est e verso l’Asia Centrale, al pari delle rivali puntava ad acquisire crescenti quote di territorio cinese (e non solo), finendo inevitabilmente con lo scontrarsi anche con gli stessi inglesi e i giapponesi. Non è un caso se proprio in quegli anni, in particolare in Inghilterra, si sia cominciato a parlare di “geopolitica”, trovando molto rapidamente analoghe risposte anche nelle cancellerie degli altri paesi occidentali, dalla Germania alla Francia agli Stati Uniti, fino anche a toccare la Russia e l’Italia. L’Inghilterra aveva del resto la necessità, in quel preciso istante, di governare e controllare un impero coloniale ormai vastissimo, quello su cui la vedova Windsor, ovvero la Regina Vittoria, poteva letteralmente “camminare da una parte all’altra del mondo senza mai veder tramontare il sole”.

Dunque, già a quel tempo l’Oriente per gli europei era un mondo tutt’altro che nuovo, sebbene ciò non significasse automaticamente che fosse pure conosciuto. L’interesse per i suoi aspetti culturali più interiori o nascosti cominciò infatti ad affiorare in modo più visibile ed esteso solo nel periodo fra le due guerre mondiali: in precedenza, la spiritualità tibetana, afghana o indiana era stata soprattutto una curiosità di viaggiatori ed esploratori, i cui racconti venivano divorati in Europa dagli appassionati del tema, affascinati da un certo esotismo di cui in realtà ben poco conoscevano e capivano. Ma lo sconvolgimento causato in Europa dagli effetti della Prima Guerra Mondiale fu tale, a livello culturale e sociale, da aprire anche nuove pagine politiche e di rapporto col sacro. Ecco perché, soprattutto nella Germania sconfitta, orfana di un impero che non soltanto non si era allargato o non aveva trionfato ma che addirittura era sparito, fu tutto un fiorire di società segrete, dedite allo studio e alla pratica delle più disparate forme di esoterismo. Fu proprio in quegli ambienti, spesso formati da una borghesia o da un’aristocrazia frustrata dal clima della Repubblica di Weimar, che iniziò la riscoperta delle “radici ariane” del popolo tedesco: ed ecco che allora si cominciarono ad usare sempre più, in modo non ancora “politicamente sospetto”, particolari terminologie storiche od antropologiche, o riscoprire alcuni determinati simboli propri dei più antichi popoli indo-europei, che a quel tempo venivano ancora chiamati “indo-germanici”. Tra questi simboli spiccava su tutti, va da sé, la svastica: sarebbe stato pertanto più che logico, anni dopo, che “qualcuno” decidesse di farne il logo del NSDAP, il partito nazista. Molte di queste società segrete sarebbero peraltro confluite, insieme alla svastica e ai simboli che le identificavano, proprio all’interno del partito nazista, portandovi anche il loro eterogeneo bagaglio di conoscenze culturali e spirituali, e determinandone la vita più interna, a cominciare da alcuni rituali di iniziazione, di passaggio e di appartenenza, tipici di un ambiente iniziatico, chiuso e settario: la storia delle SS, per esempio, si presenta proprio come quella di una setta nella setta, di un partito nel partito. Non parliamo poi del forte interesse che i gerarchi nazisti, Hitler in primis, manifestarono per lo sciamanesimo o per la cultura tibetana, con cinque spedizioni tedesche in quella regione allora così remota (l’alpinista Heinrich Harrer, fervente nazista, divenne addirittura tutore del Dalai Lama). Anche in Francia, in Inghilterra e soprattutto negli Stati Uniti l’interesse per l’esoterismo, rappresentato da circoli chiusi ossia da vere e proprie sette, era molto diffuso e radicato, e tale sarebbe rimasto anche dopo la Seconda Guerra Mondiale, anche se più “sottopelle”.

Anche in Italia non fu diverso. Vi era un fortissimo interesse per l’esoterismo, negli Anni Venti e Trenta, che però riguardava soprattutto quello legato alla storia e alla cultura greco-romana. Il fascismo, del resto, cercava nell’antica Roma e nel mito del suo Impero le proprie radici, la sua fonte di legittimazione storica e politica. L’adozione come simbolo del Partito Nazionale Fascista del fascio littorio, che i Romani avevano ereditato dagli Etruschi e scelto come simbolo della loro repubblica, ne era già di per sé una forte testimonianza. Fu in quegli anni che cominciò a riaffiorare, in Italia, l’antico paganesimo, con una corrente “neopagana”, in realtà sempre molto minoritaria sotto la cappa di un fascismo che nel frattempo aveva adottato il Cristianesimo come religione di Stato e fatta la pace col Vaticano tramite i Patti Lateranensi del 1929, ma che sarebbe comunque riuscita a sopravvivere anche negli anni del Secondo Dopoguerra, fino ad oggi, conoscendo ultimamente anche una maggior fortuna rispetto al passato.

L’interesse per la spiritualità orientale, in Italia, avrebbe cominciato a farsi notare soltanto a partire dagli Anni Sessanta, ed ancor più a partire dal 1968 e dagli anni successivi, sia a destra come a sinistra. A destra, oltre al cattolicesimo spesso vissuto nella forma più oltranzista e conservatrice o alle correnti pagane o musulmane, iniziarono ad affacciarsi personalità che introdussero forme di spiritualità di matrice induista: per esempio la setta Ananda Marga, fondata in Italia da personalità degli ambienti neofascisti veronesi, tristemente noti alla cronaca nera italiana di quegli anni e non solo. Numerosi furono i gruppi, grandi e piccoli, che si formarono nel circuito della destra radicale, traendo ispirazione da filosofie più o meno alterate di provenienza orientale. In tutti questi casi l’anticomunismo costituiva sempre un più che valido collante, sebbene con tale concetto si finisse poi con l’intendere qualsiasi posizione politica o culturale non necessariamente ostile al socialismo. L’antica fascinazione per lo spirituale e l’esoterico, già in precedenza vissuta con le altre esperienze religiose, portava quindi ad avvicinarsi anche a quest’altre nuove esperienze. Pertanto, seguendo questa dinamica, dopo gli Anni Settanta molti si ritrovarono a passare da un gruppo settario ad un altro, con un processo di dispersione, colonizzazione e polverizzazione che avveniva in concomitanza e che si manifestava analogamente anche a sinistra. In questo caso erano soprattutto gli ambienti più “americanizzati” dall’esperienza neoliberale giunta dall’America e dal mondo anglosassone a dimostrarsi maggiormente sensibili a tali contaminazioni, e pure qua infatti si assistì sia al fenomeno di persone che sempre più si fidelizzarono all’interno di precisi gruppi e precise fedi, sia a quello di persone che invece trasmigrarono con grande frequenza da un gruppo all’altro, spesso anche gruppi piuttosto diversi fra loro.

La “liberalizzazione” della sinistra manifestatasi a partire dal ’68 ha portato ad una crescente fascinazione per modelli ed esperienze spirituali che in precedenza, a sinistra, erano bandite, e che pertanto erano solo appannaggio delle destre. Si è così cominciata a notare una sempre maggiore vicinanza alla causa del Dalai Lama e del Tibet, o a sette e guru indiani come Sai Baba o Osho, figure anch’esse non meno discutibili. Del resto, anche a destra si sono avute maggiori aperture per “questioni spirituali” che in precedenza erano state più considerate a sinistra.

Questo fenomeno lo vediamo ripetersi anche oggi, con situazioni che proprio per questo possono almeno a prima vista apparire incomprensibili: ecco che il Falun Gong, immettendosi sulla scia delle correnti del Buddhismo più ostili alla politica di Pechino (quindi non soltanto i seguaci del Dalai Lama ma anche la Soka Gakkai, basata su una determinata lettura del Buddhismo giapponese, i cui adepti in Italia guardano alla Cina con profonda ostilità), trova quindi una comprensione ed un sostegno paritetici tanto da destra quanto da sinistra, e lo stesso sta avvenendo da qualche tempo anche coi gruppi cristiani più estremisti come la Chiesa di Dio Onnipotente oppure i Testimoni di Geova. Ciò porta, in ultima analisi, le destre e le sinistre più radicali e movimentiste ad agire in sintonia (marciare divise per colpire unite) nell’appoggiare questi movimenti, e lo stesso avviene seppur con maggior discrezionalità anche con altre sette affermate, popolari e sdoganate in Europa ed in particolare negli Stati Uniti, come Scientology. Curiosamente tutte queste sette, con la Cina (e con la Russia) hanno numerosi “conti in sospeso”. Anche per questo la politica occidentale se ne serve e le lascia fare nel loro percorso di espansione ed affermazione nella nostra società, mentre le destre e le sinistre più radicali forniscono loro ospitalità e copertura politica in forma più estesa e palese.