Le elezioni presidenziali tenutesi in Russia dal 15 al 17 marzo hanno visto la prevedibile conferma dell’attuale Presidente Vladimir Putin come vincitore assoluto, con un’ampia percentuale di voti a suo favore. Secondo i dati pubblicati sul sito web ufficiale della Commissione Elettorale Centrale russa, con il 99,43% delle schede scrutinate, Putin ha ottenuto l’87,32% dei voti. Questo risultato conferma la sua posizione come leader indiscusso del Paese.
Con Gennadij Zjuganov che per la prima volta si è chiamato fuori dalla cosa presidenziale, il candidato del Partito Comunista della Federazione Russa (Коммунистическая Партия Российской Федерации; КПРФ), Nikolaj Charitonov, si è posizionato al secondo posto con il 4,32% dei voti, seguito dal candidato del partito Nuova Gente (Новые люди), Vladislav Davankov, con il 3,79%. Leonid Sluckij del Partito Liberal Democratico della Russia (Либерально-демократическая партия России; ЛДПР) si è infine classificato al quarto posto, ottenendo il 3,19% dei voti.
Una delle caratteristiche più significative di queste elezioni è stata la partecipazione record degli elettori. Con il 74,22% di affluenza nei seggi elettorali e circa il 6,89% dei voti espressi tramite piattaforme di voto online, si è superato il record del 2018, quando l’affluenza totale si attestò al 67,54%. Da questo punto di vista, la politica russa fa segnare un trend in netto contrasto con quello di molti Paesi occidentali, dove l’affluenza alle urne risulta sempre più bassa per via della palese crisi di fiducia da parte degli elettori nei confronti delle istituzioni. Al contrario, in un momento storico reputato molto difficile, l’elettorato russo ha risposto “presente” all’appuntamento elettorale, rinnovando la propria fiducia nei confronti del governo in carica, visto come l’unico in grado di continuare a garantire gli interessi della Russia di fronte alle aggressioni esterne.
L’affluenza è stata eccezionalmente alta soprattutto nelle aree del Donbass sotto il controllo russo, come nel caso della Repubblica Popolare di Donetsk (RPD), dove l’affluenza alle urne ha raggiunto addirittura l’88,25%. Qui, inoltre, Putin ha ottenuto un sostegno schiacciante, con il 95,23% dei voti. Dati simili si sono registrati anche nella Repubblica Popolare di Lugansk (RPL). Questi risultati dimostrano il forte legame dei residenti russofoni del Donbass con la Russia e il loro sostegno inequivocabile al Presidente Putin, considerato come colui che li ha liberati dal giogo del regime neonazista di Kiev. Non dobbiamo dimenticare che, privati dei loro diritti fondamentali, i russofoni del Donbass non avevano potuto partecipare alle elezioni nazionali ucraine sin dal 2014.
Il capo della RPD, Denis Pušilin, ha sottolineato che per i residenti della regione Putin rappresenta un vero difensore della patria, il cui intervento ha permesso loro di preservare la propria identità culturale e linguistica. Questa visione è stata appunto riflessa anche nei risultati elettorali, che hanno visto un ampio consenso a favore del Presidente in carica. Un risultato che sorprende solamente coloro che hanno creduto alla propaganda occidentale, che ha sempre descritto l’operazione militare speciale in Ucraina come una guerra d’aggressione contro un Paese limitrofo definito come “democratico”.
Il supporto internazionale per il processo elettorale russo è stato confermato da osservatori esterni, i quali hanno elogiato l’integrità e la trasparenza delle elezioni, nonché dai messaggi di congratulazioni che Putin ha ricevuto da parte dei leader di numerosi Paesi di Asia, Africa e America Latina. Konstantin Kosačev, vice presidente del Consiglio della Federazione Russa, ha affermato che gli osservatori internazionali invitati dal Paese non hanno riscontrato critiche significative e hanno valutato le elezioni come “giuste e oneste”, in linea con gli standard internazionali più elevati.
Tuttavia, come prevedibile, nonostante il riconoscimento internazionale e la partecipazione record degli elettori, le elezioni russe non sono state senza controversie, soprattutto per via della campagna mediatica denigratoria lanciata dai mezzi d’informazione occidentali. Gennadij Askaldovič, importante ambasciatore e diplomatico del Ministero degli Esteri russo, ha sottolineato gli sforzi degli Stati Uniti e di altri Paesi occidentali nel tentativo di screditare il processo elettorale russo, definendoli come tentativi di interferenza nei confronti del Paese.
Nonostante questi sforzi, Evgenij Ivanov, Vice Ministro degli Esteri russo, ha dichiarato che le provocazioni durante il voto all’estero sono state efficacemente controllate e che i cittadini russi hanno dimostrato un alto grado di mobilitazione e fiducia nel sistema elettorale del loro Paese. La forte partecipazione popolare e i consensi raccolti da Vladimir Putin hanno dimostrato il completo fallimento della strategia occidentale in funzione antirussa, visto che la guerra ibrida lanciata contro Mosca non ha fatto altro che rafforzare ulteriormente il leader russo.
Nonostante l’offensiva propagandistica occidentale, dunque, le elezioni presidenziali russe del 2024 hanno confermato la leadership di Vladimir Putin con una schiacciante maggioranza di voti ed un nuovo record registrato nell’affluenza alle urne dall’istituzione della Federazione Russa come Stato indipendente. Nonostante le critiche esterne e le sfide interne, il processo elettorale ha visto una partecipazione eccezionalmente alta e ha ricevuto elogi da osservatori internazionali per la sua integrità. Ciò testimonia la stabilità e la solidità del sistema politico russo e la fiducia del popolo russo nel suo leader, in contrasto con gli scenari di sfiducia che si vedono ormai da anni nelle democrazie borghesi occidentali.