Jochen Andritzky

Ieri, 27 settembre, il nostro Primo Ministro, Paolo Gentiloni, era a Lione per incontrare il Presidente francese Emmanuel Macron. Si è parlato di Fincantieri e dell’accordo raggiunto sui cantieri Stx di Saint Nazaire, un 50 e 50 che pare accontentare Gentiloni, ma non sappiamo se può dirsi lo stesso per Pier Carlo Padoan, che il primo giorno di agosto scorso bollava come “inaccettabile” un fifty-fifty.

Comunque, a Lione si è parlato anche di risultati elettorali in Germania e di futuro dell’Europa. Paolo Gentiloni si è mostrato molto soddisfatto della conferma di Angela Merkel, fiducioso che troverà presto alleanze stabili con cui poter formare un governo e sull’Europa ha rilasciato le seguenti dichiarazioni:

 “Ora è il momento dell’ambizione. I cambiamenti non avverranno in un mese, non hanno neanche tutti le stesse scadenze ma è il momento per mettere sull’agenda europea questo slancio europeista. Adesso ci sono le condizioni per provare ad andare avanti. Lo dobbiamo fare insieme alla Germania, partner fondamentale per un rilancio europeo e con un formato aperto a tutti i Paesi disponibili”

Due giorni fa, dalla Sorbona anche il Presidente francese ha commentato i risultati elettorali tedeschi e ha rilanciato anche lui il progetto Europeo, spaziando su vari temi, dai migranti, a sicurezza e terrorismo, a solidarietà e bilancio comune Ue, alla disoccupazione.

Parole bellissime ma che, come al solito, potrebbero rimanere tali e basta.

Infatti, mentre Macron e Gentiloni erano in procinto di incontrarsi a Lione, il Corriere della Sera pubblicava, a firma di Federico Fubini, un’intervista all’economista Jochen Andritzky, segretario generale del Consiglio tedesco degli esperti economici. Uno insomma che influenza la politica economica della Germania più dei politici francesi e italiani.

Ebbene, Jochen Andritzky ha smontato punto per punto i sogni di “più Europa” di Emmanuel Macron e ha riportato tutti alla realtà.

Sul bilancio comune UE Andritzky dice:

Emmanuel Macron parla di uno strumento di bilancio dell’area euro «pari a vari punti di Pil». Che ne pensa?

“Lo spirito dell’Europa è sempre stato il progresso attraverso compromessi sensati. Piuttosto che per un grosso bilancio dell’area euro, i governi potrebbero impegnarsi per un migliore assetto di politiche di bilancio e monetarie. Uno strumento di bilancio non risolverebbe i problemi strutturali, per cui sono responsabili i governi nazionali”.

Non provate a parlare di condivisione dei debiti pubblici. La soluzione per i tedeschi è una sola: procedure ordinate di default per Paesi ad alto debito.

Con quale obiettivo e chi decide quando un governo dovrebbe accettare di essere messo in default?

“Il Consiglio degli esperti economici ha presentato lo schema per un processo di ristrutturazione dei debiti sovrani come parte dei programmi del fondo salvataggi (Esm). Vogliamo aumentarne l’efficacia nel risolvere potenziali crisi. Se un Paese ha un debito troppo alto, i fondi dell’Esm sarebbero usati per soddisfare gli investitori, anziché per coprire i deficit di bilancio”.

Dunque cosa bisognerebbe fare, secondo voi?

“Se un Paese si rivolge al fondo salvataggi per un prestito e il suo debito è oltre un certo livello, ai detentori dei bond sarebbe chiesto di condividere gli oneri allungando le scadenze dei titoli. E una volta divenuto chiaro se un Paese possa o meno finanziare i suoi oneri futuri, agli obbligazionisti sarebbe chiesto di concordare su una ristrutturazione del debito più profonda. Sarebbero loro a decidere in un voto a maggioranza, non l’Esm”.

La Germania propose già lo stesso nel 2010 con effetti disastrosi: gli spread degli altri Paesi esplosero per il timore del default «ordinato», si creò una spirale perversa.

“Abbiamo studiato attentamente la questione. Non è chiaro che la riforma che proponiamo sia diversa dall’assetto attuale. Inoltre, la nostra proposta prevede di introdurre i meccanismi di ristrutturazione del debito molto gradualmente nel tempo. Può essere fatto molto gradualmente. Questo lascia tempo per fare riforme e migliorare la crescita e la sostenibilità del debito. In questo modo non diamo modo ai mercati di passare da un equilibrio positivo a uno negativo all’improvviso. Nessuno vuole che torni la crisi”.

Pertanto la BCE deve smettere di garantire il debito pubblico dei Paesi con debito alto, come se i loro titoli di stato fossero a zero rischio dafault. Gli stati che non possono più garantire il debito devono poter fare default e tale default deve essere gestito dal fondo Esm, il meccanismo europeo di stabilità.

Inoltre, altra cosa che non va giù ai tedeschi è il fatto che le banche italiane detengono la maggior parte dei titoli di stato italiani. Questa cosa è inaccettabile perché “se ci sono problemi nelle banche, possono trasmettersi al governo e viceversa”. La soluzione quindi sarebbe porre “limiti all’esposizione in titoli sovrani”. 

Tutte le banche e le economie hanno bisogno di attivi privi di rischio. Dato che manca un eurobond, proponete che sia il Bund tedesco?

“Niente affatto. C’è un’ampia riserva di attivi a basso rischio che servono le esigenze del sistema finanziario”.

La conseguenza dell’ottimo risultato di  Alternative für Deutschland (AfD) non si vedranno soltanto sui temi della sicurezza e dei rifugiati, ma come abbiamo già detto tante volte, saranno anche economici.

AfD è un partito ultra-liberista, fondato dall’economista Bernd Lucke (poi fuoriuscito insieme ad altri) e al cui interno ci sono ancora membri vicini alla Confindustria tedesca, come  Hans-Olaf Henkel.

Bernd Lucke fu uno di quelli che ricorsero alla Corte Costituzionale tedesca per impedire alla Bundesbank di partecipare al Quantitative Easing.

L’uscita dall’euro che vogliono quelli di AfD non si fonda sui motivi sui quali si fonda quella della Lega Nord o del Front National. Loro vogliono uscire perché non vogliono pagare per i Paesi del Sud, rifiutano qualsiasi tipo di integrazione, condivisione dei rischi e solidarietà europea.

Per cui aspettiamoci un inasprimento delle posizioni tedesche sui temi europei. Nel 2019 scadrà il mandato di Mario Draghi alla BCE e sarà sostituito sicuramente da Jens Weidmann, il quale avrà il compito di attuare tutto ciò che Jochen Andritzky ha raccontato al Corriere.

Scordiamoci quindi tutti i sogni che tendono al “più Europa”, svegliamoci e torniamo alla realtà. Gentiloni farebbe bene a preparare un piano B, una via d’uscita, perché è davvero da folli continuare a sperare con queste condizioni.

Marco Muscillo