Bettino Craxi e Aldo Moro

E’ poco raccontato, anche perché a partire dalla caduta della Prima Repubblica nei confronti di Bettino Craxi e del suo PSI è stata attuata una vera e propria “damnatio memoriae”, ma nel 1978 il leader socialista era fra i pochi politici italiani determinati a salvare Aldo Moro, rapito dalle BR, e a proporre una “trattativa” che conducesse ad una “soluzione umanitaria”, ovvero alla sua liberazione e salvezza. Purtroppo né lui, né Marco Pannella ed Amintore Fanfani, riuscirono a prevalere contro il “partito della fermezza”, egemonizzato dal PCI ma con un forte seguito anche nella DC.

Craxi era mosso al contempo da motivazioni politiche e culturali, persino ideali. Quando rese pubblica l’intenzione di procedere con la trattativa per salvare Moro, quest’ultimo gli fece recapitare una lettera dai contenuti che Craxi e gli altri componenti della direzione socialista trovarono a dir poco straziante. E Craxi disse: “Lo salveremo”. Senza perdere tempo, diede mandato a Landolfi e Signorile di contattare ambienti contigui alle BR, e la proposta socialista provocò una spaccatura al loro interno.

Secondo Morucci e la Faranda mantenere Moro in vita avrebbe avuto effetti dirompenti per il sistema, mentre l’ala più marxista-leninista di Moretti e Gallinari propendeva per la soluzione di giustiziare il rapito. Nelle sue ultime lettere Moro esprimeva non a caso tutta la sua delusione per essere stato “tradito” ed abbandonato al suo destino da quelli che fino a quel momento aveva considerato come i suoi interlocutori principali, ovvero Andreotti, l’ala sinistra della DC e il PCI berlingueriano.

In quei giorni anche il Papa Paolo VI premeva senza grandi risultati sulla DC perché abbracciasse la strategia della “trattativa”, ricordando che lo Stato è forte quando salva, e non quando sacrifica. Se neppure il Papa poteva esercitare un efficace richiamo all’ordine, quantomeno sui democristiani, ancor meno probabilmente avrebbero potuto riuscirvi altri.

Craxi ci provò, ma fu prontamente isolato dagli altri partiti: una storia che si ripetè, guardacaso, anche dopo il 1992, quando soprattutto la DC, che evidentemente non era più quella di Moro o di De Gasperi, pensò che per salvarsi dal ciclone di Tangentopoli sarebbe bastato lasciare Craxi al suo destino. E così, e proprio per questo, la DC fu macellata senza combattere: una cosa ben diversa da quella che era avvenuta nel ’73, quando proprio Aldo Moro, sul caso Lockheed, aveva dichiarato in Parlamento: “Non ci lasceremo processare nelle piazze”. Indubbiamente la morte di Aldo Moro privò la DC di quella statura di cui avrebbe avuto fortemente bisogno negli anni successivi.

UN COMMENTO

  1. …”l’ala più marxista-leninista” di Moretti e Gallinari propendeva per una soluzione di giustizia il rapito”…
    Che dire?
    Mi permetterei per prima cosa di dire che qualche anno fa sono andato ad ascoltare Sergio Flamigni, penso il più serio studioso del “Caso Moro” , venendo colpito da queste sue parole ” che non c’era ancora, dopo così tanti anni, una verità stabilita sul “Caso Moro”.
    Nel mio caso parlare di ala “marxista-leninista” fra le Brigate Rosse mi sembrerebbe non rispondere a verità …dato che i grandi Maestri del marxismo-leninismo hanno sempre condannato senza se e senza ma…il Terrorismo.
    Lo stesso Lenin lo condannò, anche quando il suo amato fratello venne impiccato dopo aver partecipato a un fallito attentato terrorista contro lo Zar.
    Sono venuto a conoscenza che le Brigate Rosse cercarono di prendere contatti dal “Partito Lavoro d’Albania”. La risposta di quel partito marxista-leninista fu quella che le Brigate Rosse erano un organizzazione fascista.
    E come non rimanere perplessi anche quando nei titoli di testa del film “Il Divo” di Paolo Sorrentino, quando appare la didascalia ” Brigate Rosse = organizzazione marxista-leninista….
    Grazie per l’attenzione.

    Stefano Contena Valsecchi

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