Tempo d’agosto, tempo di vacanze. Ma prima che i nostri lettori se ne vadano in ferie, l’Opinione Pubblica vi regala una carrellata di notizie economiche abbastanza importanti.

Manovra Finanziaria: serviranno circa 20 miliardi

Recentemente l’ex Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha criticato l’Unione Europea per l’austerità e il rigore di bilancio e ha chiesto di aumentare il deficit dello Stato fino al 2,9%, mantenendolo tale per 5 anni, così da investire nella crescita e rilanciare il Paese. Tralasciando il fatto che durante il suo Governo, l’attuale segretario PD non ha ma pensato di non rispettare i patti di bilancio concordati con l’UE (anzi, nella conferenza stampa dopo l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri  della manovra finanziaria 2017, si è perfino vantato che il suo deficit fosse “il più basso degli ultimi 10 anni”), ovviamente la Commissione UE ha subito risposto picche, perché la proposta sarebbe “fuori dalle regole”. Lo stesso Pier Carlo Padoan aveva, nei giorni successivi, energicamente risposto alla stampa che la proposta di Renzi sul deficit era fatta esternamente al governo.

Anche la BCE, in una nota anticipativa del bollettino economico di questo mese, è intervenuta sulle regole di bilancio (ma non doveva occuparsi solo di “stabilità dei prezzi”?) dicendo che  “è opportuno far scattare le sanzioni se i governi con squilibri eccessivi non attuano le raccomandazioni della Commissione Ue”.

Ora, da fonti governative apprendiamo che la prossima manovra finanziaria costerà tra i 15 e i 20 miliardi di Euro. Ricordiamo che l’UE chiede una drastica riduzione del deficit di bilancio dal 2,1% attuale fino al 1,2% (che comunque sarà oggetto di trattativa). Inoltre, c’è bisogno di trovare risorse per disinnescare le clausole di salvaguardia ed evitare l’aumento dell’IVA (sembra che siano necessari 6-7 miliardi), altre spese già messe in conto porteranno via altri 3 miliardi. Il resto servirà per finanziare il reddito di inclusione, politiche per i giovani, contratti pubblici e interventi sulle pensioni.

Fisco e lotta al Contante

Continua anche in Italia la lotta all’uso del denaro contante. In teoria si vorrebbe rendere più difficile e ridurre il fenomeno dell’evasione, ma in realtà è semplicemente un regalo alle banche.

Dal 30 settembre scatteranno le sanzioni per professionisti, negozianti e artigiani che si rifiutano di accettare pagamenti con bancomat e carte di credito. Ogni violazione sarà punita con 30 euro di multa.

Già dal 2016, i professionisti sono stati obbligati a dotarsi di Pos per accettare pagamenti tramite carta di credito e bancomat non inferiori a 5 euro. Inoltre, sembra che il Tesoro stia studiando misure di sgravi fiscali per chi userà la carta anche per pagare fatture a liberi professionisti: medici, avvocati, idraulici…

Banche, crediti deteriorati in aumento

Le sofferenze bancarie aumentano a 202 miliardi di euro. Lo dice il rapporto mensile sul credito di Unimpresa. Ma non eravamo in piena crescita?

Lavoro e migranti

Vi abbiamo sempre detto che l’unico modo che un Paese in regime di cambio fisso e di vincoli di bilancio ha per recuperare competitività economica è quella di svalutare il lavoro. I “migranti” sono in un certo senso necessari perché vengono ad aumentare la domanda di lavoro, già molto alta a causa dell’elevata disoccupazione (in Italia, il tasso di disoccupazione reale, quello che prende in considerazione anche gli scoraggiati, quelli che cerano un lavoro ma non sono considerati disoccupati e i part-time involontari, si attesta al 30%). Questo spinge coloro che sono in cerca di lavoro ad accettare lavori più degradanti e stipendi sempre più bassi.

Di seguito vi mostriamo un servizio tratto dal programma TV “Dalla vostra parte” in cui le COOP offrono profughi come operai perché “lavorano tanto e potete pagarli poco”. Possiamo chiamare il fenomeno “schiavismo dal volto umano”.

 

In Grecia, la svalutazione del lavoro, costringe i giovani a lavorare per 265 euro al mese. Lo rivela Keep Talking Greece (cfr. l’articolo tradotto da Voci dall’Estero):

Un altro articolo tradotto da Voci dall’Estero, ci informa che in Spagna, che i dati sul PIL vorrebbero in crescita, milioni di persone vivono ancora in povertà. Segno che non sempre crescita del PIL significa anche sviluppo e miglioramento delle condizioni di vita, soprattutto se la crescita è prodotta grazie alla svalutazione del lavoro. Intanto, il FMI rileva che “gli italiani prendono meno soldi di 20 anni fa”, perciò ci consiglia di legare i contratti di lavoro alla produttività. Insomma, torneremo a lavorare a cottimo.

L’Unione Europea studia un piano per bloccare i prelievi bancari in caso di crisi

Siccome siamo in piena crescita e l’economia corre, grazie all’Euro che ci protegge, non c’è alcun rischio di temere la cosiddetta “corsa agli sportelli”. Tuttavia, come ha rivelato la Reuters qualche giorno fa, l’Unione Europea sta studiando un piano per consentire agli Stati membri di bloccare temporaneamente i prelievi dai conti correnti, in caso di emergenza.

Il piano è stato preparato dall’Estonia ed è stato discusso in sede UE il 13 luglio, ma probabilmente verrà portato all’Europarlamento a settembre . Ovviamente tra i Paesi membri a favore ci sarebbe la Germania. Fortunatamente sembra che il mondo bancario sia contrario, poiché si teme un ancor maggior crollo della fiducia nel sistema bancario, con i correntisti che appena avranno il sentore che il blocco potrebbe essere applicato, porteranno subito via i propri risparmi dalla loro banca.

Paolo Becchi intervista Ettore Gotti Tedeschi

Il Professor Becchi ha intervistato per Libero l’ex presidente dell’Istituto per le Opere di Religione (Ior), Ettore Gotti Tedeschi. L’economista e banchiere non è mai stato un anti-Euro, considerando la crisi economica attuale come prodotta da varie cause, prima fra tutte il crollo demografico. Tuttavia ora, tramite Paolo Becchi, viene a dirci che l’uscita dall’euro non è prettamente una questione economica, ma di “libertà democratica” oltre che morale. Di seguito alcuni passi fondamentali:

Professore, la sua ultima lettera al sito di Maurizio Blondet ha suscitato un dibattito tra gli “internauti”. I giornali hanno ignorato la sua missiva che mette in rilievo la necessità non solo economica, ma di “libertà democratica” di uscire dalla moneta unica. Può spiegare ai lettori di Libero la sua posizione al riguardo?

«La mia posizione, è la seguente: l’euro è stato utilizzato come scusa per ridimensionare il nostro Paese da un punto di vista economico e “morale” (spiegherò che vuol dire). Le altre giustificazioni sono insostenibili da più punti di vista. Dette giustificazioni usano un modello (ir)razionale che confonde cause con effetti, è lo stesso usato per spiegare decisioni che provocano le condizioni per giustificarle, come è successo per l’immigrazione (gap di popolazione) o l’ambientalismo (neomalthusianesimo). Così le pressioni fatte al nostro Paese per difendere l’Euro (tedesco) sono state giustificate dall’alto debito pubblico italiano, che è un falso problema perché è il debito complessivo di un paese che va misurato, come il caso Usa 2008-2010 ha ben dimostrato (in situazione di insolvenza, tutto il debito privato diventa debito pubblico). Ma dette pressioni ci hanno ridotto allo stremo economico, con rischio morale. La carta stampata ha ignorato la mia considerazione perché può avere indirizzi politici da rispettare: «No touch issues», che sono tabù e vanno trattati in un certo modo. Per esempio appunto l’immigrazione, l’ambientalismo, l’Europa, l’euro, Bergoglio, ecc.».

Vuole dire che questo argomento può essere affrontato solo in un modo?

«L’Europa e l’euro non devono essere messi in discussione a meno che non lo autorizzi la signora Merkel. Poiché l’economia non è una scienza, è piuttosto arduo prevedere con un minimo di certezza ciò che può succedere con l’uscita dalla moneta unica. Troppo spesso politici ed economisti fanno prognosi senza aver fatto una corretta diagnosi, ne consegue che se non sono state intese le cause delle nostre difficoltà attuali nel sistema euro, difficilmente si potrà esser credibili nelle proposte di soluzione degli effetti».

Potrebbe farci degli esempi su questo?

«Oggi ci ricordiamo in che situazione economica era l’Italia prima dell’entrata nell’euro, quali condizioni le vennero imposte per entrare e come realizzò dette condizioni? Ci ricordiamo quanto pesava negli anni ’90 l’economia “di Stato” direttamente e indirettamente sul Pil? (quasi il 65%). E quanto pesavano le banche private sul sistema creditizio? (qualche percentuale minima). Ci ricordiamo come si realizzarono le privatizzazioni? (molto male). Il lettore ricorda il famoso algoritmo Prodi per passare da un deficit di 7 punti al deficit di 3 punti percentuali? Ho spiegato questo per far intendere che i problemi riferiti all’euro sono un po’ più complessi di quanto spesso vengano spiegati. Ma temo che la nostra capacità decisionale in proposito sia piuttosto bassa ed il rischio di pagar cara l’uscita piuttosto alto».

Cosa intende quando dice “pagar caro”?

«Si deve riflettere su cosa significhi “pagar caro” la decisione di uscire, comparata con il costo di restare, costo che temo non sia solo economico, ma di libertà democratica di cui potremmo venir privati».

Ad oggi quindi la questione dell’euro non è più un solo problema economico, ma di democrazia?

«Per giustificare l’economia, si potrà forzare la libertà. La moneta unica per funzionare necessita di un governo unico europeo che dovrà coesistere con il governo del mondo globale. A questo si sta arrivando, in modo sempre più accelerato dopo la crisi globale scoppiata nel 2007, grazie agli organismi sovranazionali che impongono leggi, discipline, modelli democratici, governanti cooptati, e soprattutto visione morale omogenea».

Allora il nostro destino è sottostare a questo “supergoverno mondiale”?

«Probabilmente sì, l’attuale situazione mi fa pensare che dobbiamo riconoscere la nostra impotenza, che non possiamo più fare nulla. I giochi son fatti e noi non giochiamo più, siamo diventati un gioco in mano ad altri. Il nuovo mondo globale aspira ad un’omogeneità culturale e pertanto morale, che significa relativizzare le norme morali. Tutto questo porta ad una forma di sincretismo religioso, che necessariamente tende ad arrivare ad una religione globale panteista, ambientalista (animalista e vegana), neomalthusiana e orientata alla decrescita. Se questo è vero e l’euro venisse usato come strumento per forzare chi non è d’accordo, si spiega la mia preoccupazione. Se fossi stato un governante nel nostro Paese, negli ultimi 6-7 anni, avrei fatto il contrario di ciò che è stato invece fatto».

Se questa è la situazione, come vede il futuro per il nostro Paese?

«Con la scusa di difendere l’euro dai problemi italiani, il nostro futuro non potrà che essere terrificante. Attenzione però, il problema non è nell’euro in sé, ma nell’avere un euro gestito “abusivamente” da altri, grazie alle nostre debolezze politiche».

Può fare degli esempi?

«Darei due esempi, per ora solo immaginabili: in una siffatta Europa a governo unico, per ridurre il debito pubblico ci potrebbe venir imposto di espropriare i beni dei cittadini. Per ridurre il deficit di bilancio ci potrebbe venir imposta l’eutanasia per i pensionati ultrasessantacinquenni, per tagliare la spesa pubblica di pensioni e sanità».

Si andrebbe persino verso il superamento del principio della dignità umana?

«E chi la afferma più? Ormai legge civile, salute, vita, morale, ecc. che significato hanno? Quello deciso dall’Oms all’Onu? Se così fosse la vita e la salute sarebbero benessere psicosociale. Se riconoscessimo che un governo, “cooptato o gradito”, è sottoposto alla “moral suasion” internazionale (che si può immaginare possa utilizzare anche i vincoli di una moneta unica), e se convenissimo che i paesi influenti, al di là delle forme diplomatiche, ci disprezzano, ci boicottano e ci vedono come un vantaggio da acquisire per rafforzare se stessi, che concluderemmo? Quale governo, non cooptato, saprebbe oggi decidere le specifiche soluzioni necessarie al nostro paese, rifiutando, se il caso, l’applicazione di leggi economicomorali, da altri ritenute necessarie ma che danneggiano economicamente e, soprattutto, possono privare i cittadini di libertà democratica e personale?».

Una serie di interrogativi a cui appare difficile rispondere. Ma adesso ci permetta di fare un passo al 1992, all’alba del trattato di Maastricht. Come giudica lo stato attuale dell’Ue? Secondo lei ci sarà ancora un futuro per questa Unione?

«I Padri fondatori quali De Gasperi, Adenauer, Schuman e Monnet avevano progettato un’Europa sussidiaria ai vari Paesi, destinata a valorizzarne le identità. Ma il progetto di moneta unica doveva essere destinato a valorizzare le singole economie dei Paesi europei. Poi sono sopravvenute “modifiche genetiche” di carattere cultural-politico che hanno cambiato lo spirito originario facendo persino rinnegare le radici cristiane. Poi è arrivata la crisi economica del 2007 che fa esplodere le contraddizioni economiche, politiche e morali facendo trionfare gli stessi egoismi arroganti che avevano snaturato il progetto originario».

Lei ha parlato di radici cristiane può precisare meglio questo punto?

«L’Europa è fatta da tre “culture religiose”: quella protestante-calvinista, quella cattolica e quella illuminista-laicista. Quando le cose vanno male, quale visione di cosa è bene o male prevale secondo voi? Secondo “loro” deve prevalere una forma di pragmatismo egoistico che rifiuta morali forti e dogmatiche e pretende morali relative, in evoluzione, pluraliste, dove l’Autorità morale non deve più intervenire nel confronto con le leggi (etiche) dello stato, ormai leggi globali di uno stato globale. Che succede se l’Autorità morale è invitata ad occuparsi di socio-economia e non più di morale? E chi ci difende e tutela allora? Ecco perché sono sempre più preoccupato».”

Marco Muscillo