L’ex diplomatico Alberto Bradanini, già ambasciatore italiano in Iran e in Cina e attuale presidente del Centro Studi sulla Cina Contemporanea, è uno dei massimi esperti italiani della Repubblica Popolare. Nella sua ultima opera, Cina: dall’umanesimo di Nenni alle sfide di un mondo multipolare (Anteo Edizioni, 2023), Bradanini analizza il ruolo di Pechino nel mondo contemporaneo, spaziando su tutti i principali temi dell’attualità geopolitica. 

La prima parte del libro è dedicata ai due viaggi che il leader socialista Pietro Nenni intraprese in Cina nel 1955 e nel 1971, ponendo le solide basi per il riconoscimento della Repubblica Popolare da parte dell’Italia e per la costruzione di solidi legami tra Roma e Pechino. Secondo Nenni, scrive Bradanini, “l’esperimento cinese aveva le caratteristiche per incarnare […] un modello alternativo di genesi socialista perfettibile” (p. 12), permettendo inoltre il superamento della logica bipolare tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Costretto dalle maglie di un’Italia occupata militarmente dagli Stati Uniti e pienamente inserita nel blocco atlantico, Nenni riuscì comunque a ricamare uno spazio di iniziativa alla diplomazia italiana, offrendo il suo contributo al riconoscimento internazionale della Repubblica Popolare e all’ingresso del governo di Pechino alle Nazioni Unite.

I due viaggi di Nenni, dai quali emerge la lungimiranza del leader socialista nell’individuare il ruolo di primaria importanza che la Cina avrebbe giocato nel futuro dell’Asia e del mondo, ci portano poi alla secondo parte dell’opera, che offre ampie vedute su tutti i punti caldi dell’arena internazionale, al punto da far apparire il titolo del libro come limitato rispetto al contenuto dello stesso. 

Bradanini aiuta il lettore italiano, troppo spesso condizionato dalla propaganda massmediatica occidentale, a meglio comprendere le dimensioni dello sviluppo cinese, affermando che “la Repubblica Popolare è un gigante che brucia primati in ogni campo” (p. 82), come dimostrano i suoi successi in numerosi ambiti, grazie alla promozione di un modello adatto al contesto cinese, seppur non esente da aporie. Rispetto al modello economico occidentale, incentrato sul dominio di un’élite finanziaria, “creare posti di lavoro e mantenere un elevato tasso di crescita resta per la Cina la massima priorità” (p. 86), che ha permesso al Paese di raggiungere risultati straordinari come l’eliminazione della povertà assoluta. Secondo l’autore, “uno sguardo privo di pre-giudizi il confronto d’orizzonte con Stati Uniti ed Europa in tangibile crisi di valori e identità, e alle prese con inedite sfide economiche e sociali, è dalla parte della Cina” (p. 87).

Dopo le questioni interne, il testo analizza invece i rapporti della Cina con il resto del mondo, e le posizioni cinesi sulle principali questioni internazionali, posizioni che fanno della Cina il rivale più temuto dall’impero statunitense, in quanto rischiano di mettere fine al progetto egemonico perseguito da Washington: “Sulla scena mondiale, la dirigenza cinese punta a costruire un multipolarismo anti-egemonico che sia insieme fondato su equilibrio e inclusione, una strategia questa che accresce le ansie dell’impero unipolare” (p. 98). Bradanini ricorda giustamente che Pechino non può rappresentare una minaccia militare per Washington, ma che a infastidire i fautori dell’egemonismo statunitense è l’esistenza stessa della Repubblica Popolare, che propone modelli alternativi in ambito economico, politico, sociale e delle relazioni internazionali, dimostrando che “un altro mondo è possibile”.

Se la Cina non ha nessuna intenzione di dare vita a un conflitto diretto con gli Stati Uniti, promuovendo un modello multipolare nel quale anche Washington potrebbe avere il suo ruolo, è proprio la prima potenza imperialista a promuovere una nuova guerra fredda in funzione anticinese e antirussa. In quest’ambito si inserisce anche l’analisi delle relazioni sino-russe, con Pechino che oggi vede Mosca come il proprio partner complementare anche grazie al colpo di Stato ucraino del 2014: “Nelle parole dell’ex Consigliere di Stato per la Politica Estera, Yang Jiechi, la profondità e la portata dell’intesa tra Cina e Russia hanno raggiunto livelli senza precedenti. Attraverso l’istituzione di un partenariato strategico globale, i due paesi puntano a un’alleanza basata su interessi reciproci forti e genuini” (p. 120). In effetti, come sottolinea Bradanini, è l’atteggiamento degli Stati Uniti a rinsaldare l’alleanza sino-russa, dal momento in cui Mosca e Pechino percepiscono Washington come una minaccia comune.

Proseguendo con l’analisi delle questioni relative alla crisi ucraina, a Taiwan, al Mar Cinese Meridionale e ad altri punti caldi dello scacchiere internazionale, nonché delle possibili relazioni positive che l’Italia e l’Unione Europea potrebbero intrattenere con la Cina, se non ci fosse di mezzo il veto statunitense, Bradanini offre al lettore uno sguardo a 360 gradi su quelle che sono le posizioni cinesi, ricacciando la propaganda mediatica che vorrebbe Pechino come principale fattore di destabilizzazione in Oriente, dimostrando che “la dirigenza cinese ha sempre lavorato a favore del mantenimento dello status quo” (p. 176). Al contrario, sono gli Stati Uniti a fomentare la destabilizzazione, in Europa come in Asia, rischiando di causare uno scontro diretto con Russia e Cina.

Di fronte all’imperialismo statunitense, al capitalismo sfrenato e alla distruzione dell’ambiente, il modello del multilateralismo proposto dalla Cina appare come la soluzione migliore ai problemi del nostro secolo, in quanto solo la costruzione di una comunità internazionale pacifica e composta da pari può portare alla risoluzione dei problemi comuni, posizione che rispecchia pienamente l’impostazione cinese nelle relazioni internazionali.