Da anni si fa un gran parlare del cosiddetto Reddito di Cittadinanza, introdotto nel dibattito mainstream soprattutto dall’ascesa politica del Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. Con la vittoria schiacciante del M5S alle elezioni del 4 marzo scorso, in particolar modo al sud, l’argomento è ritornato a far discutere, spesso venendo bollato come una promessa elettorale irrealizzabile che ha successo soprattutto tra i fannulloni e gli scansafatiche.
I critici del Movimento sia di destra che di sinistra non si sono risparmiati qualche punta di velata analisi politica discriminatoria verso il sud, additato come quella parte di Italia che non ha voglia di lavorare e simili cliché che da anni imperversano nel nostro paese.
In realtà questo tipo di riforma non è nuova, venne teorizzata dall’economista della scuola di Chicago Milton Friedman, che consente di capire come tale misura non è fuori dal mondo delle economie capitalistiche e dagli stati liberali di qualsiasi tipo. Tuttavia quello teorizzato da Friedman e altri non si tratta di un reddito garantito al cittadino, ma un sussidio che viene elargito ai disoccupati finché non trovano un altro lavoro. In Germania come in Danimarca, così come in altri paesi europei, come la Finlandia, i centri di impiego fanno delle proposte al cittadino che è rimasto senza lavoro oppure propongono dei corsi di formazione per migliorare il proprio curriculum. Le proposte di lavoro non possono essere tuttavia rifiutare per più di due volte, pena la sospensione del sussidio. Ci sono però anche casi in cui il cittadino è legittimato a rifiutare proposte di lavoro non adatte al proprio profilo professionale.
Un modello come quello vigente in Germania, dove si è costretti ad accettare un lavoro, anche se non è conveniente rispetto allo stare fermo e percepire il sussidio, invece che risolvere il problema rischia di condurre il nostro paese a un’ulteriore precarizzazione del lavoro. In Germania la disoccupazione a livelli bassi, ha come lato opposto della medaglia di aver riempito il mercato dei cosiddetti minijob: dei contratti part-time della durata di 70 giorni che non superano i 450 euro di retribuzione. Inoltre, dalla realizzazione della riforma Hartz che ha introdotto il sussidio, i salari tedeschi sono aumentati meno rispetto alla grande crescita dello stato federale dagli anni 2000 a oggi.
Il reddito di cittadinanza vero e proprio è invece una battaglia della sinistra radicale in Italia da diversi anni. Nel mondo si applica concretamente in Alaska, e in generale è una misura che riescono a concedere quei paesi che vivono grazie alle materie prime. In Brasile Lula l’ha elargita con alcuni paletti alle fasce più povere del paese sudamericano.
Un reddito di cittadinanza reale e non il sussidio, alla lunga costringerebbe il datore di lavoro a dover offrire salari e condizioni di lavoro conveniente al cittadino italiano che è rimasto senza occupazione, cioè ad aumentare il livello medio dei salari, questione centrale della crisi economica italiana. Tradotto, se mi dai mille euro invece di 800 e mi fai lavorare 10 ore al giorno, magari la domenica, resto a casa con il mio umile reddito, quindi il datore di lavoro sarebbe costretto ad offrire condizioni di lavoro più favorevoli nel lavoro dipendente.
Il problema è che da un lato la misura costerebbe dai 30 miliardi in su solo per il reddito, avendo come riferimento i costi della Hartz IV in Germania. Dall’altro dovresti abbassare comunque la tassazione, affinché le aziende tornino a respirare e a poter permettersi di assumere a condizioni salariali favorevoli per il lavoratore. Stando alla campagna elettorale dei Cinquestelle parliamo di un taglio delle tasse che costa sui 75 miliardi, compreso il reddito. Dunque su 30 miliardi che andrebbero ad ingrossare la spesa pubblica una 50ina andrebbero a costituire un aumento dei consumi e del reddito di aziende e lavoratori.
Stando alle spiegazioni di Di Maio, quella del M5S non sarebbe una misura di questo genere, fortemente espansiva, come auspicabile, ma di un modello tedesco, che non cambia e non sposta nulla sulle condizioni delle classi più disagiate del paese. Di Maio vuole tagliare Irap e Irpef, abolire gli studi di settore e altre imposte che sono diventate assolutamente inique, per imprenditori e lavoratori dipendenti, ma i soldi della spesa pubblica vuole recuperarli attraverso quelli che sono considerati “sprechi”. Ovvero si tratta di andare a toccare quei 335 miliardi che lo Stato spende annualmente tra pensioni e assistenza: le prime candidate al taglio sono quelle che sono considerate pensioni d’oro. Quindi si toglierebbe reddito a coloro che piaccia o meno se lo sono guadagnato, lavorando per decenni, senza la garanzia che le condizioni dei ceti più bassi migliorino.
Quindi sì al reddito di cittadinanza, quello vero, ma no al modello tedesco. Il combinato disposto di un reddito che sia perpetuo e l’abbassamento delle tasse sarebbe un grosso incentivo per l’economia italiana, che potrebbe tornare allo sviluppo economico delle sue aziende da un lato e all’aggressione della disoccupazione dall’altro. Una situazione che grazie all’effetto espansivo dei moltiplicatori porterebbe a un grosso aumento del PIL su base annuale, ma che inizialmente richiederebbe una cifra importante da riversare sulla spesa pubblica.
Considerando che nel 2017 il rapporto defict/PIL del nostro paese è dell’1,3% circa e che l’abolizione della Legge Fornero avrebbe anch’essa dei costi non trascurabili, il limite dei trattati di Maastricht del 3% verrebbe quasi sicuramente superato. La soluzione come al solito resta di ottenere delle grandi concessioni dalla Ue o l’uscita dai trattati europei da un lato, oppure quella di perseverare in riforme liberiste che nonostante siano avversate, sarebbero completamente favorevoli al sistema, tertium non datur.
Che il reddito sia veramente di cittadinanza e che sia accompagnato da politiche di sviluppo economico: sarebbe una rivoluzione profondissima, il sussidio, formula teorizzata dal neoliberismo, sarebbe invece una fregatura per tanti italiani che hanno creduto in Grillo, Casaleggio e Di Maio.
Poiche’ il tema e’ davvero complesso mi permetterei di aggiungere alcuni suggerimenti.
La questione da risolvere e’ si da una parte il livello economico e sociale dei cittadini disoccupati e in condizione di disagio ma dall’altra e’ quella di risollevare le sorti dell’economia italiana.
E allora perche’ non organizzare gruppi di giovani che vanno in giro nelle piazze, nelle stazioni, nei palazzi di periferia, nelle scuole a distribuire ticket restaurants e buoni per l’acquisto di scarpe, abbigliamento, oggetti per la casa, libri etc prodotti da aziende italiane.
Insomma gruppi inviati da Comuni Privince e Regioni che parlano con I cittadini e con criteri semplici distribuiscono buoni di ogni tipo pero’ per prodotti italiani.
In questo modo si potrebbero anche monitorare le condizioni di disagio ed evitare che il denaro venga utilizzato in modo improprio.
E’ chiaro che ricco borghese non prendera’ I buoni perche’ vorra’ sempre prodotti di alta qualita’ ma puo’ capitare che qualche povero “devastato psicologicamente” utilizzi il reddito di cittadinanza per togliersi dei vizi strani costosi e permanga nella sua condizione di disagio.
Un esempio per tutti:
Quanti sono I padri di famiglia che sperperano lo stipendio e lasciano la famiglia nel disagio piu’ assoluto?
La Finlandia ha fatto un esperimento di reddito incondizionato per 2000 persone per due anni di circa 500 euro mensili!
Ora, questo e’ un esperimento e fatto dai finlandesi.
Se la Finlandia procede con “I piedi di piombo” non vedo il motivo per cui l’Italia si debba muovere piu’ rapidamente.
Vale la pena di notare che I modelli economici e sociali cosi’ come le carte costituzionali hanno un effetto dipendente dal tipo di cittadini con cui si ha a che fare.
Ora, I finlandesi sono “mezzo eschimesi” ovvero passano gran parte del loro tempo libero chiusi al caldo in casa.
Quali sono I bisogni primari dei Finlandesi? Quali sono le differenze con I bisogni primari dei cittadini del sud e nord Italia?
E’ chiaro che, un finlandese spendera’ prima di tutto per scaldarsi (anche se ci sono case ben coinbentate non spendera’ poco) e in secondo luogo per l”home entertainment”.
Un italiano che non ha bisogno di scaldarsi cosa fara’?
Quale impatto avra’ sull’inflazione il reddito di cittadinanza? Ovvero ridurra’ potere di acquisto dei lavoratori che protesteranno e chiederanno nuovi aumenti?
Il denaro di cittadinanza andra’ effettivamente a ridurre il debito pubblico o lo aumentera’?
Una volta transitato nelle banche italiane, finira’ in investimenti nel tessuto produttivo italiano o verra’ utilizzato per acquistare autostrade spagnole, eurotunnel, case a montecarlo, regioni del cile ricche di litio e cobalto…?
Su chi si scarichera’ il costo del reddito di cittadinanza?
Sui cinesi che hanno “mirrorato” i sistemi economici, produttivi americani e il sistema previdenziale europeo, scalando I prezzi 1 a 5?
O sui russi che li hanno scalati 1 a 7?
Non e’ forse il caso di considerare la questione con prudenza?
Quanto valgono 1000 euro al mese nel centro sud italia? E cosa ci fai con 1000 euro al mese nel nord Italia?
Il cosiddetto reddito di cittadinanza deve appunto essere sì un aiuto, ma anche un incentivo a trovare lavoro. Di aiuti poi, in Italia, se ne sono dati tanti da parte dello Stato, Cassa del Mezzogiorno, continui aiuti alle imprese, con detassazioni e decontribuzioni, la risposta di molte aziende è stata quella di esportare i capitali all’estero e di non fare investimenti rivolti al futuro, cosa invece che hanno fatto altri paesi europei, in Italia poi c’è il grosso problema della criminalità organizzata che ha un forte peso nell’economia del nostro paese, quindi anche questo è un problema da combattere, così come il sistema finanziario, burocratico e non ultimo bisogna stare attenti a tutti i fondi di investimento che comprano le aziende e che, dopo averle sfruttate al massimo, le chiudono lasciando sul lastrico migliaia di lavoratori. Poi si parla sempre di tagliare le pensioni, per quelle d’oro mi va bene, ma stiamo attenti a non toccare il sistema, già è stato molto distrutto negli ultimi anni. Nessuno però a dx o sx parla del taglio alle spese militari, ca. 70 millioni al giorno, alle missioni cosiddette di” pace” all’estero, e quanto ci costano le basi straniere che abbiamo nel nostro Paese?. Di temi ce ne sono molti e, se si vuole, i soldi si trovano. Alvaro
Il problema del “reddito di cittadinanza” dove sta’? Nel caso italiano e soprattutto del sud dove il lavoro e’ difficile da trovare, che lpo sviluppo economico langue e comunque non e’ rappresentato da economie solide stabili e diffuse, il reddito di cittadinanza come prospettato dai 5 stelle rischia di traqsformarsi iin un sussidio di massa senzaq che questo rappresenti una fase di passaggio da un lavoro ad un altro che non c’e’.
Quindi ha ragione salvini quando parla che la ricchezza bisogna crearla con l’occupazione e lo sviluppo economico VERO libero da tasse e balzelli assurdi , che dia alle imprese i capitali necessari a reinvestire i denari guadagnati e non esoroprieti dallo Stato per poi diventare succubi delle banche come in maniera criminale si e’ consentito scientemente in questi anni.
Solo in un quadro di questo tipo, cioe’ in un quadro di sviluppo economico e occupazionale, si puo’ pensare ad un “reddito di cittadinanza”. Altrimenti rischia di doiventare un ulteriore elemento per aumenti di tasse e ulteripori balzelli e soprattutto trasmormare tanti disoccupati in fannulloni a vita.
Lo dice uno che ha difficolta’ a trovare lavoro ma che non chiede sussidi ma lavoro e sviluppo …niente regalie inutili … sono solo meteore che prima o poi finiscono male …
Non mi intendo assolutamente di logiche economiche, per cui non mi azzardo ad esprimere un giudizio.
Mi sembra comunque che un semplice buon senso renda abbastanza lineari due considerazioni:
1) gli “sprechi” non sono certamente quelli assistenziali e pensionistici, bensì i bilanci fuori controllo degli enti pubblici e della realizzazione di opere pubbliche inutili od incompiute od inutilizzabili
2) l’economia deve “ripartire” e mi sembra che questo possa avvenire solo se la produzione delle nostre imprese risulta concorrenziale: come può questo verificarsi, se i costi delle retribuzioni e della fiscalità continuano ad essere eccessivi ?
c’è qualcuno, da qualche parte, che potrebbe trovare una soluzione davvero equa ed efficace ?