Il quotidiano newyorchese “Wall Street Journal”, citando non meglio specificate ‘fonti della Casa Bianca’, dichiara che l’Italia è pronta a guidare la missione in Libia; il livello di pianificazione delle operazioni sarebbe a un livello molto avanzato, tanto che a Roma sarebbe già stato creato il centro di coordinamento tra gli alleati che parteciperanno all’azione.

Nella ‘coalizione dei volenterosi’ che si appresterebbero a mettere i piedi nel pantano di instabilità e terrorismo che un tempo fu il più sviluppato stato del Nordafrica il Wsj enumera oltre a Italia e Usa, anche Francia e Regno Unito: come a dire, l’ex-potenza coloniale, la potenza coloniale che domina l’ex-potenza coloniale e i due paesi-pirata che nel 2011, esattamente come a Suez nel ’56, si imbarcarono con un regime-canaglia nell’aggressione a uno Stato sovrano per i loro personali interessi di bottega. Nel 1956 compare e complice dei “Ladri di Pisa” parigini e londinesi fu il regime sionista di Tel Aviv, nel 2011 quello neo-ottomano di Erdogan e Davutoglu, ansioso di ristabilire l’autorità turca sull’ex-provincia del Sultano di Costantinopoli.

Per fortuna nel 1956 Eisenhower e Kruschev, teste quadrate, prosaiche e decise, diedero una bella serie di “scappellotti” ai due monelli europei che credevano ancora di vivere nell’epoca delle “scorribande esotiche” e la loro avventura sul Canale finì con un buco nell’acqua; nel 2011, per mancanza di teste altrettanto solide quanto quelle dell’Ex-SHAEF e dell’ex-commissario politico di Stalingrado, l’azione distruttrice franco-inglese ha avuto libero corso (grazie anche all’avventurismo criminale dell’attuale candidata “democratica” alla Casa Bianca, Hilary Rodham Clinton) fino alla creazione di un Buco Nero di Caos, miseria, morte e terrore a pochi chilometri dalle coste italiane.

Solo un’azione tempestiva e decisa del Governo Berlusconi in ossequio ai termini de Trattato di Mutua Difesa siglato con Gheddafi con grande fanfara (il rais sirtino doveva imparare dalla Storia riguardo l’affidabilità come alleati dei governanti dello Stivale) avrebbe potuto salvare la situazione: la flotta italiana schierata a protezione delle coste libiche prima che interventi militari stranieri venissero autorizzati e un’iniziativa diplomatica di largo respiro che portasse in sede ONU le necessità di mantenimento della sicurezza in Libia insieme a eventuali istanze di una possibile ‘opposizione’ avrebbe con ogni probabilità disinnescato l’infernale meccanismo messo in moto da Cameron, Sarkozy ed Erdogan. Purtroppo l’allora Presidente del Consiglio, imbolsito dagli anni, indebolito dagli attacchi concentrici mediatici, finanziari, politici e giudiziari, non ebbe il guizzo di decisione che avrebbe potuto eternarlo nella Storia come il salvatore della Libia e il tutore dei legittimi interessi italiani nell’area.

Quindi adesso pare che un Capo di Governo con molta meno scaltrezza internazionale di Berlusconi cercherà di sbrogliare la matassa libica, accettando di buon grado lo spinoso ruolo di ‘capo-coalizione’ (che nemmeno gli Usa vogliono accollarsi, già sentendo puzza di bruciato, di pantano, di perdite e di cattiva pubblicità), fianco a fianco coi teppisti che hanno originato la crisi tuttora in atto. Questi presupposti sono pessimi e fanno intuire come quella che si andrà a dipanare tra Tripolitania e Cirenaica con l’intervento diretto della coalizione euro-americana non sarà affatto una “passeggiata di salute”.

Farsesco poi il dover attendere, in omaggio alla sterile politica ONU di “riavvicinamento” dei due Governi libici rivali, la creazione di un esecutivo guidato da un Consiglio Presidenziale al posto di un Premier (sicura garanzia di immobilismo e indecisione) e con due Vicepresidenti e due Ministri di Stato per non scontentare né Tripoli né Tobruk. Quale ruolo nel futuro della Libia dovrebbe giocare il ‘Governo di Tripoli’, espressione di milizie islamiste -Fajr Libya- estremiste e contigue all’ISIS è veramente un interrogativo spinoso; per chi scrive voler includere Fajr Libya nel futuro del paese fa sembrare credibile persino la possibilità di invitare nel costruendo nuovo governo pure lo ‘Stato Islamico’ (tanto Governo bicefalo o tricefalo, islamisti più, islamisti meno, che differenza può fare?).

Intanto l’unica personalità con un briciolo di prestigio e credibilità oggi presente il Libia, il Generale Khalifa Haftar, sostenuto e incoraggiato dall’Egitto del Presidente Al-Sisi, morde il freno e attende con ansia la notizia della liberazione definitiva di Bengasi dalle ultime fazioni estremiste e islamiste. Una vittoria netta in Cirenaica potrebbe rafforzare le credenziali dell’Ex-capo di SM di Gheddafi, fare accantonare progetti di coalizioni e Governi bicipiti e sdoppiati e fare apparire più realistica una soluzione di tipo “bonapartista”.

Paolo Marcenaro