La 73enne Genevieve Legay, dopo essere stata colpita dalla polizia francese.

“Auguro tranquillità alla sua famiglia. Ma per essere tranquilli, bisogna avere un comportamento responsabile”. Queste sono le parole -a dir poco inquietanti ed ambigue- che Emmanuel Macron ha indirizzato ai parenti di Genevieve Legay, l’attivista politica brutalmente caricata dalla polizia e attualmente ricoverata in fin di vita per fratture gravissime al cranio.

Non è una novità: forse qualcuno si ricorderà lo spregevole “sdentati” rivolto ai manifestanti agli inizi delle rivolte, nonchè il “lebbrosi” rivolto alle opposizioni. Lo stile macroniano è sempre quello: disprezzo per le classi subalterne e minacce, mascherate, come facevano i nobili con il cerone che ricopriva la propria scarsa igiene, dalla seduzione da promotore finanziario (di basso ruolo) messa in mostra sul terzo canale italiano, dove un mese fa lo stesso Macron è stato degnamente accolto da non dissimili “camerieri” di corte, in un trionfo di zelante servilismo e altrettanto solerte cattiveria. Per soddisfare il comune padrone transnazionale, oltrepassando le differenze di ruolo e nazionalità.

Occorre fare questa doverosa premessa prima di fare un bilancio della 19esima settimana di proteste dei Gilet Gialli, per confermare, ancora una volta, la natura “amorfa” e a-umana (se si può usare un traballante neologismo che ci serve però per andare oltre il semplice “disumana”) dell’attuale capo di Stato francese, mera espressione di quell’Europa che pone finanza e burocrati in una sfera pari ai dignitari alla corte del Re Sole. Beninteso, Macron è un dignitario e non certo il vertice, e questo credo sia chiaro a tutti. Ad ogni modo, la situazione è ormai in stallo permanente.

Nonostante la sanguinosa repressione a colpi di lanciatori LBD (criticati persino da quel Consiglio d’Europa che sarebbe una delle istituzioni-faro di Macron), il numero di persone rese invalide (perdita di arti o occhi), e una censura al cui confronto quella sovietica è una pura boutade, i manifestanti continuano, con impressionante spirito di resistenza, a protestare contro le misure di impoverimento adottate dal Régime ultraliberista.

Da rimarcare alcuni tratti particolari degli ultimi eventi. L’aggressione all’attivista 73enne, anche nel caso sia stata casuale, è particolarmente simbolica. Genevieve Legay è difatti portavoce di Attac, un movimento che dal 2001, oltre ad opporsi contro accordi come CETA, TTIP e TISA, promuove la tassazione delle transazioni finanziarie. Se non ci fosse il caso di mezzo, si direbbe che il Régime abbia centrato il suo obiettivo con spietata precisione o con sfacciata fortuna. Uomini come Macron, formati nell’alveo di istituzioni finanziarie ai massimi livelli come la banca d’affari Rotschild, non potrebbero mai consentire un affronto agli interessi dei propri mecenati. Per questo una notizia del genere non può che essere un sottile “plaisir” per Macron. Si direbbe che la sinistra venga manganellata proprio quando, bontà sua , ritorna a fare la sinistra.

E in politica estera? I nostri TG hanno dedicato al vertice tra Macron e Xi Jinping un tempo quasi superiore al vertice italocinese di pochi giorni fa, e con toni stavolta di ammirazione, a sottolineare il completo asservimento sovversivo dei media istituzionali ai diktat comunicativi paneuropeisti, in spregio totale della dignità nazionale. A volte arrivando a livelli ridicoli: un’anonima inviata di un canale di news H24 esaltava, con fare puntiglioso, la presenza della bandiera UE per sottolineare gli accordi con la Cina “da posizioni di non inferiorità”. Come se avesse visto la bandiera panstellata per la prima volta in un meeting internazionale, pur essendo ormai da anni una triste (per chi ne ha ormai compreso la natura) realtà appesa ai pennoni di scuole, uffici e istituzioni varie.

Tragedia e senso del ridicolo si mescolano in questo “ancien régime” del nuovo millennio che, purtroppo, continuerà fino a fine mandato, dato che Macron è stato eletto (sia pur con le solite manovre di manipolazione psicomediatica) con voto democratico. Un Règime che non fa altro che replicare in chiave moderna il suo antenato: aggressiva vanità, disprezzo per il popolo considerato plebaglia indegna, mondanità e perversioni private, violenze pubbliche. Il popolo francese, ingannato come lo fu quello italiano con Renzi, si è ormai pentito, ma il pegno, per non creare una pericolosa deriva, andrà pagato, purtroppo, fino a prossime scadenze.

Questa nuova “democratura” francese la chiameremo, d’ora in poi, “Nouveau Règime”. Anche se di nuovo non ha proprio nulla. Esattamente come il suo seguito naturale, per il quale, per sfortuna o per fortuna a seconda di come la si veda, si prospettano comunque tempi ancora molto lunghi.

Filippo Redarguiti