Continua a restare alta la tensione in Piazza Indipendenza dopo lo sgombero di stamattina dei richiedenti asilo che vi si erano insediati. I richiedenti asilo si erano accampati in Piazza Indipendenza dopo che erano stati allontanati dal palazzo di via Curtatone che avevano occupato circa quattro anni fa. Sono circa 400, dichiaratisi di nazionalità etiopica e soprattutto eritrea.

Le forze dell’ordine, in tenuta antisommossa, hanno azionato l’idrante per liberare la piazza, occupata soprattutto da donne, che si sono inginocchiate per terra con le braccia alzate. La Questura ha fatto poi sapere che “hanno rifiutato una sistemazione d’alloggio e c’era un alto rischio”. Le rifugiate hanno risposto: “vergogna, vogliamo solo una casa. Le proposte le abbiamo viste solo sui giornali a noi nessuno ha detto nulla”.

Protestano in particolare per il trattamento riservato ai rifugiati le grandi organizzazioni umanitarie, dall’Unicef, per come sono stati portati via i bambini sui pullman della polizia, ad Amnesty International.  Altre tensioni fra i richiedenti asilo sgomberati in Piazza Indipendenza e le forze dell’ordine si sono registrate anche davanti alla stazione Termini. Secondo quanto si apprende da fonti della polizia, un gruppo si è poi nuovamente radunato e ha tentato di bloccare il traffico in piazza dei Cinquecento. Sono stati lanciati oggetti e sassi contro gli agenti in tenuta antisommossa, che li hanno poi dispersi. A quanto riferito dai movimenti per la casa, presenti in quella circostanza, una donna per lo spavento sarebbe stata colta da malore.

Ma come si è arrivati a tutto questo? 400 adulti e 35 minori vivevano ormai da circa quattro anni all’interno dello stabile di via Curtatone, a pochi passi dalla stazione Termini, nel centro di Roma, che avevano occupato e che è stato poi sgomberato all’alba di sabato scorso. Secondo la Questura gli occupanti sono tutti etiopici ed eritrei, nella quasi totalità richiedenti asilo o protezione sussidiaria. Circa 100 le situazioni di cosiddetta “fragilità”: 64 adulti e 35 minori, tra cui molti bambini. Questi ultimi sono rimasti all’interno dell’edificio fino a stamattina in attesa che fossero perfezionate le procedure di assistenza per l’alloggio. Gli altri hanno invece dovuto abbandonare il palazzo sabato scorso. Un centinaio si è accampato per cinque notti nei giardini di Piazza Indipendenza, davanti allo stabile in cui hanno vissuto in questi anni. Stamattina all’alba è avvenuto l’intervento di sgombero, con momenti di tensione e uso di idranti, all’indomani di un vertice in Prefettura in cui il Comune di Roma aveva individuato alcuni posti letto anche per chi era rimasto per strada. I diretti interessati avevano però rifiutato tale sistemazione.

Molto dure le parole di Gianni Tonelli, Segretario Generale del Sindacato Autonomo di Polizia (SAP): “Gli errori del Governo con le sue scelte scellerate in materia di immigrazione, ricadono sempre sulla Polizia che è chiamata a fare per strada il lavoro sporco senza alcuna tutela. (…) E’ una situazione ingestibile e credo non si tratti di incapacità di Governo, ma di scelte determinate con coscienza e volontà. Colpire gli agenti intervenuti a Roma con sassi, bombole e bottiglie è violenza. Non ha nulla a che vedere con l’integrazione”. Per il sindacato, “dietro l’ipocrisia della politica dell’accoglienza si nascondono situazioni che compromettono seriamente l’ordine e la sicurezza pubblica. Quella di Piazza Indipendenza era una situazione di totale degrado che non ammette scusanti o giustificazioni. A farne le spese è il cittadino perbene e il poliziotto, chiamato ad intervenire come in questo caso”.

E subito si sono scatenate le polemiche politiche. “Per il secondo giorno consecutivo, la polizia è intervenuta per sgomberare il palazzo che, da anni, ospita centinaia di profughi eritrei, in via Curtatone a Roma. Come era facile prevedere, considerate l’assenza di qualunque proposta alternativa e l’irresponsabile latitanza dell’amministrazione comunale, ne sono derivati feriti e violenze”, ha scritto in una nota il senatore del Partito Democratico Luigi Manconi, presidente della Commissione Diritti umani al Senato. “Nel corso della mattinata la situazione continua ad essere molto tesa e a dar luogo a scontri. Si tenga presente che tra le persone sgomberate si trovano numerosi anziani, donne, bambini e portatori di handicap e che tutti gli eritrei sono titolari dello status di rifugiato o della protezione internazionale. Di fronte a tutto ciò la giunta comunale tace e si sottrae a qualunque responsabilità: nessun suo rappresentate è presente mentre tutto ciò accade e, dopo estenuanti trattative con la prefettura, la sola proposta riguarda poche decine di posti. Capisco che Sindaca e membri della giunta siano in tutt’altre faccende affaccendati, presi dal rutilante carosello degli assessorati e dall’esaltazione partitocratica del gioco delle nomine e delle deleghe, ma qualcuno deve pur ricordare che queste centinaia di profughi sono, anche loro, abitanti di Roma. E che quella politica per la casa, promessa dal Comune e di cui non si è vista finora una minima traccia, deve riguardare anche loro”.

Andrebbe però ricordato come oltre il 70% dei richiedenti asilo che si dichiarano eritrei siano in realtà provenienti da altri paesi africani: prevalentemente Etiopia, Somalia e Sudan, ma anche altri. Si dichiarano eritrei semplicemente perché in questo modo hanno maggiori garanzie, se non addirittura la sicurezza, di ottenere l’agognato asilo politico oppure il sussidio. Se invece dichiarassero la loro reale provenienza, molto probabilmente verrebbero rimpatriati. Tuttavia, a livello politico e mediatico, ben ci si guarda dal far presente ciò, perché altrimenti non si potrebbe più speculare contro l’Eritrea. E sappiamo tutti molto bene per quali ragioni l’Unione Europea, insieme ad altri, consideri l’Eritrea una dittatura liberticida: non certo per ragioni umanitarie tutte da dimostrare, o già dimostrate mendaci, bensì per più mere faccende politiche ed economiche. Sappiamo benissimo da che parte stava l’Unione Europea insieme al resto dell’Occidente quando gli eritrei lottavano per l’indipendenza, e successivamente quando il loro paese venne aggredito dall’Etiopia nella guerra del 1998-2000, e del pari sappiamo benissimo come l’Unione Europea e il resto dell’Occidente siano complici del governo etiopico nella mancata attuazione e nella totale assenza di rispetto degli Accordi di Algeri del 2000. Nessuno dei politici occidentali ed europei, prontissimi ad attaccare politicamente Asmara o speculare sulla questione migratoria, osa ricordare come il mancato rispetto degli Accordi di Algeri influisca enormemente anche sulla percentuale di migrazione proveniente dall’Eritrea, che è comunque esageratamente più bassa in termini quantitativi rispetto a quel che si vorrebbe far credere (ricordiamocelo bene: il 70% di chi si dichiara eritreo non è eritreo).