
Il direttore del Servizio di Sicurezza Federale russo (FSB, controspionaggio), Aleksandr Bortnikov, ha detto che il suo ufficio ha stabilito l’identità del terrorista responsabile dell’attacco nella metropolitana di San Pietroburgo, il 3 aprile. Quel giorno, nella città era presente il presidente russo Vladimir Putin, e molti credono che la data dell’esplosione non fosse stata scelta a caso. Il 21 aprile, è deceduta in ospedale un’altra vittima dell’attacco terroristico, portando il totale delle vittime a 16 persone.
L’esecutore dell’atto terroristico era un ventiduenne nativo del Kirghizistan, Akbarzhon Jalilov. In una dichiarazione, Bortnikov non ha parlato di un attacco terroristico, ma a quanto pare, il servizio di cui è a capo è più incline alla variante focalizzata sull’Asia centrale islamica. Al momento sono in corso gli arresti e gli interrogatori dei parenti del suicida di San Pietroburgo. Dal Kirghizistan è stato estradato il fratello maggiore di Jalilov, anche questi cittadino della Russia.
L’attacco di San Pietroburgo ha suscitato un sacco di domande riguardo allo stato dei servizi pubblici. In modo particolare, al centro del mirino delle critiche si trova il Ministero degli Affari Esteri russo: è il reparto cha emesso la cittadinanza russa per Jalilov. La reputazione di Sergeij Lavrov, Ministro degli Affari Esteri, potrebbe uscirne macchiata: gli atti terroristici più altisonanti commessi di recente sono stati infatti perpetrati da cittadini di Paesi dell’Asia centrale, con i quali la Russia detiene un principio di porte aperte. In alcuni casi, gli atti di terrorismo sono stati commessi da cittadini russi, ma anche questi erano nativi di queste regioni musulmane. Mentre l’Unione Europea si trova ad affrontare le conseguenze dell’immigrazione musulmana dal Medio Oriente; la Russia sta vivendo qualcosa di simile dall’Asia centrale.
Il 19 febbraio, nella regione russa di Vladimir, gli agenti del FSB hanno ucciso due cittadini del Tagikistan (uno dei Paesi dell’Asia centrale), sospettati di pianificare attacchi terroristici in Russia, e sospettati di legami con i reclutatori delle organizzazioni terroristiche internazionali. Prima di questo episodio, erano stati arrestati altri potenziali terroristi: ciò suggerisce già un aumento della minaccia terroristica in Russia.
Il 26 aprile, il FSB ha arrestato 12 terroristi nella zona di Kaliningrad, un’exclave della Russia situata tra la Polonia e la Lituania. Secondo la dichiarazione del Servizio di Sicurezza della Federazione Russa, gli agenti hanno effettuato un’operazione speciale e hanno arrestato 12 persone, tutte originarie delle repubbliche dell’Asia centrale e membri della Jihad islamica Jamaat Mujahedeen, un gruppo terroristico internazionale bannato in Russia.
Secondo la dichiarazione del FSB, il leader della cella terroristica è un cittadino dell’Uzbekistan, che era stato richiesto dalle autorità del suo Paese di origine per aver commesso crimini di natura estremista. Il sospetto ha avrebbe poi rilasciato una confessione, rivelando le informazioni sui legami dei suoi parenti con le organizzazioni terroristiche. L’autorità giudiziaria russa sta ora controllando se le organizzazioni che il sospetto ha menzionato siano associate a fazioni terroristiche operanti in Siria. Le autorità stanno progettando di estradare i detenuti nei loro Paesi d’origine, dove saranno perseguiti per crimini di natura terroristica.
Inoltre, il FSB ha anche confermato l’arresto di altre due persone, legate ai terroristi dell’ISIS, sull’isola di Sakhalin, situata nell’estremo oriente della Russia. I terroristi prevedevano, presumibilmente, di effettuare attacchi nelle aree affollate.
Un dettaglio degno di nota: il Kirghizistan, un Paese povero ed arretrato in Asia centrale, fino a poco tempo fa non era radicalmente islamizzato. Vi prevaleva il tradizionale diritto doganale dei nomadi, piuttosto che le rigide regole dell’Islam. Tuttavia, sempre più terroristi islamici provengono da questo Paese. Molti combattenti provenienti dal Kirghizistan fanno parte dell’ISIS. La povertà della popolazione, la corruzione ed il clientelismo in questo Paese (ed in tutta l’Asia centrale) incoraggerebbe i giovani a quella che per loro rappresenterebbe un’invitante strada verso l’islamismo. Un’altra strada è invece l’emigrazione verso la Russia e il duro lavoro, al fine di sfamare le loro famiglie (che sono principalmente rimaste a casa) e di salire gradualmente i gradini della società.
Pertanto, secondo un’opinione diffusa in Russia, la Federazione avrebbe bisogno di rivedere la propria politica di immigrazione ed il sistema di relazioni con i Paesi dell’Asia centrale. Gli esperti valutano che vi siano ben poche speranze che i Paesi di questa regione siano in grado di stabilire una più vita prospera e, soprattutto, più giusta per i propri cittadini. Per il momento, quindi, gli Stati dell’Asia centrale, pur mantenendo la propria sovranità, sarebbero destinati ad essere una fonte di quadri terroristici.
Silvia Vittoria Missotti