Sergej Lavrov

Domani a Bonn potrebbero incontrarsi il ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov e il Segretario del Dipartimento di Stato americano, Rex Tillerson, in margine alla riunione ministeriale del G20, che quest’anno sarà presenziato dalla Germania.

Ad annunciarlo è stato il portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, durante la consueta conferenza stampa. Non è una novità che il Segretario di Stato americano tenga alto il livello diplomatico con la controparte russa, era la norma anche durante l’amministrazione Obama, in particolare durante il mandato di John Kerry. Tuttavia l’ex dirigente della ExxonMobil potrebbe dare ai rapporti con la Russia una marcia in più.

Tillerson come imprenditore è molto legato al mondo russo, avendo diretto alcuni progetti di esplorazione sul territorio della federazione tra gli anni ’90 e i 2000. Uno di questi progetti riguardava l’esplorazione delle isole Sakhalin nel Far East russo. Certamente gli interessi dei grandi industriali americani che indubbiamente Tillerson rappresenta, potrebbero fare la differenza nell’operazione di disgelo con Mosca che l’amministrazione Trump dovrebbe, secondo gli analisti, portare avanti.

Tuttavia, i rapporti con Mosca continuano ad essere ostici. Nei giorni scorsi il portavoce della Casa Bianca, Sean Spicer aveva in continuità con l’amministrazione Obama tornato a ribattere sulla restituzione della Crimea all’Ucraina come condizione sine qua non di un’apertura di un tavolo delle trattative tra Mosca e Washington. Richiesta alla quale la Zakharova ha ribattuto picche, ribadendo che la Russia “non cede i propri territori a nessuno”.

Le parole del portavoce e dei diplomatici americani vanno tutta via recepiti con il beneficio dell’inventario. La tensione negli States per quel che riguarda i rapporti tra il nuovo presidente Trump e i russi cresce ogni giorno di più e le parole dei diplomatici sanno di cautela più che di un voltare le spalle a Putin.

Trump deve infatti in queste ore difendersi dall’accerchiamento mediatico e politico nei suoi confronti guidato, ormai è abbastanza chiaro, da alcune fazioni dell’intelligence, in particolar modo all’interno della Cia. Lo scandalo Flynn, confezionato ad arte, ha di nuovo condotto gli apparati vicini all’establishment a fare pressioni affinché Trump ceda.

Dalle parole al vetriolo di Michael Moore, che non si ascoltava in giro dal giorno dell’Election-Day alle nuove indiscrezioni della CNN, che aleggia l’ipotesi che alcuni membri dello staff elettorale di Trump fossero costantemente in contatto con politici e diplomatici russi, è chiaro che c’è il rischio forte che il tycoon, che non gode certo dell’appoggio compatto dei repubblicani, rischi l’impeachment.

Un rischio che costringerà Donald Trump a congelare la politica estera, almeno per quel che concerne le questioni aperte con Mosca, ancora per molto. Ora il presidente repubblicano ha da sistemare soprattutto la mina vagante delle fronde interne, non bastando i problemi che gli Usa già vivono dallo scoppio della crisi dei subprime.

Per questo in questa fase l’azione diplomatica di Tillerson potrebbe essere molto più importante di quella del titolare dell’amministrazione americana.

Mirco Coppola