salvini e di maio: stretta di mano

È bastato l’accordo tra il Ministro degli Interni tedesco Orst Seehofer e il viceministro Matteo Salvini due settimane fa per minare la leadership già traballante di Angela Merkel.

La CDU, guidata da quindici anni dalla Merkel e la CSU, il partito dei cattolici bavaresi, hanno un accordo consolidato sin dal ’45: le liste della CDU dei cristiano-democratici vengono presentate in tutta la Germania tranne che nel Land della Baviera, dove la lista dei cattolici ha un radicamento popolare storico.

La Merkel, che già nel 2016, con l’affermazione della Brexit aveva visto un calo di popolarità e non poche critiche interne sulla questione immigratoria, rischia ora di perdere l’alleato storico bavarese. Seehofer e la CSU hanno una linea che confligge con le posizioni della Merkel sull’accoglienza e adesso il leader dei cristiano-sociali minaccia l’uscita dall’Unione composta dai due partiti democristiani, facendo cadere il governo e andando da soli a eventuali nuove elezioni.

Salvini con il blocco dei porti alla nave Aquarius ha dato un segnale forte all’Europa dell’asse franco-tedesco, che non deve avere digerito bene le alzate di testa del nuovo governo gialloblù. In particolare il presidente francese Macron ha usato parole pesanti sia prima dell’incontro con il presidente del consiglio Conte, vicenda che si è conclusa con la telefonata di scuse del francese, sia nella giornata di ieri, quando il capo di stato francese ha definito i populisti come la lebbra dell’Europa: “li vedete crescere un po’ ovunque in Europa, in paesi dove pensavi fosse impossibile rivederli apparire. E degli amici vicini, dicono il peggio e noi ci abituiamo. Fanno le peggiori provocazioni e nessuno si scandalizza di questo!” ha dichiarato il presidente francese, che però ha difeso anche la politica della Francia sui migranti, non esattamente definibile come tollerante e accogliente.

Un difetto che il ministro del lavoro e dello sviluppo economico Luigi Di Maio gli ha ricordato pubblicamente a mezzo twitter: “Queste sono le parole che ha pronunciato Macron. Sono offensive e fuori luogo. La vera lebbra è l’ipocrisia di chi respinge gli immigrati a Ventimiglia e vuole farci la morale sul diritto sacrosanto di chiedere una equa ripartizione dei migranti. La solidarietà o è europea o non è” ha ricordato il leader pentastellato.

Tuttavia la voglia di strappare da parte del governo Conte sembra per il momento veramente poco. Prevale invece la pazienza e il dialogo con i partner europei, nonostante l’immagine cattivista che certi media vorrebbero attribuirgli. Le parole di Macron prima del bilaterale con Conte (“Italia cinica e irresponsabile”) e le dichiarazioni del ministro francese Gerard Collomb, che aveva definito l’azione dell’Italia sui porti “vomitevole”, avrebbero meritato ben più che una telefonata di ammende. Conte ha invece preferito stabilire con Macron un’unione di intenti sulla riforma del Trattato di Dublino e sulle direttive per i migranti economici.

Il governo italiano ha l’intenzione di dialogare con i due alleati Francia e Germania, che formano da sempre l’asse portante dell’Ue. Ma con Parigi, Roma rischia di fare lo stesso errore compiuto in passato dai predecessori di Conte: la strategia dell’alleanza di Roma con Parigi, con lo scopo di arginare Berlino, si rivela, ogni qual volta che viene provata, decisamente fallimentare, sia che i protagonisti siano Berlusconi e Sarkozy, sia che si tratti di Renzi-Hollande o Gentiloni-Macron.

I due paesi sono e resteranno anche in futuro due concorrenti geopolitici nella regione mediterranea e africana: i francesi devono uscire a testa alta dal disastro che hanno compiuto mettendosi a capo dell’alleanza occidentale che ha deposto Gheddafi e che vorrebbe ancora rovesciare Assad in Siria. Parigi mantiene ancora un ruolo paracoloniale se non neocoloniale in gran parte delle regioni africane. Parigi ha bisogno di dialogare con gli africani usando il bastone e la carota, mantenendo il loro ruolo egemone di potenza proiettata al Sud. Un ruolo incompatibile con la storica vocazione italiana al dialogo e alla cooperazione, una vocazione che è radicata nella politica del nostro paese grazie a quel visionario che era Enrico Mattei.

Molto più efficace invece è l’idea di trovare delle sintonie con il governo tedesco: la capacità di dialogare con Seehofer ha messo a nudo tutte le rigidità della Merkel, che in questo modo è stata costretta a venire incontro al governo di Roma in vista della riunione del Consiglio Europeo del 28 giugno, dove si discuterà della riforma dalle direttive europee su migranti economici e richiedenti asilo. Nei giorni scorsi Berlino e Parigi avevano fatto circolare una bozza di documento alle cancellerie europee, che avrebbe causato l’irritazione di Palazzo Chigi. Conte minacciando di non presentarsi a Bruxelles ha così costretto la Merkel a non presentare nessun documento precompilato: il vertice dei governi dell’Unione sarà questa volta ben più di una formalità.

In Germania lo sfaldamento del quarto governo Merkel potrebbe produrre uno stravolgimento politico tale che potrebbe portare in futuro un asse italo-tedesco all’interno dell’Unione Europea. Con la crescita continua dei populisti di AfD descritta dai sondaggi, la nascita di un nuovo governo di centrodestra entro un paio di anni potrebbe essere più che un’ipotesi, specialmente se dovesse consumarsi la scissione tra i democristiani bavaresi e la CDU di Seehofer. Una prospettiva che Macron non deve gradire affatto, e che lascerebbe la Francia isolata in Europa. Anche per questo Conte per il momento ci va piano con Berlino. L’obiettivo è indebolire la rete di alleanze che in questi anni i paesi europei hanno costruito spesso a danno dell’Italia.

La ricerca di un’alleanza sulla sponda danubiana va invece a rilento. Se l’Austria di Kurz ha aperto a Seehofer e Salvini, il gruppo di Vysegrad, in testa Orbàn, resta chiuso su se stesso. Battere i pugni contro la Germania senza perdere i privilegi che Ungheria, Polonia e altri paesi dell’est hanno nei loro intrecci economici e commerciali con Berlino, è ad oggi molto più remunerativo che associarsi alla rivolta italiana. L’Ungheria ha più volte ribadito di non voler dare nessuna concessione in materia di migranti all’Europa per alleggerire l’Italia dal peso degli sbarchi, nonostante le simpatie tra la Lega di Salvini e il Fidesz ungherese del premier Orbàn.

Quella da giocare in Europa resta una lugna partita a scacchi che però porta con sé molte incognite e dipenderà molto dalla credibilità che avranno i partiti di maggioranza sul fronte interno. Tuttavia il nervosismo che trapela nelle cancellerie europee in seguito alle posizioni del governo Salvini-DiMaio-Conte, fanno evincere che i margini di manovra ci sono e non di poco conto.