La notizia è passata quasi sotto silenzio dalle nostre parti, perché ovviamente contraddice la vulgata mediatica che vorrebbe la Siria in ginocchio, assediata dall’ISIS, dalla Turchia e dall’Occidente, in procinto ormai di crollare con un Assad magari ucciso dai “ribelli” come successe a Gheddafi o, nel migliore dei casi, fuggitivo a Mosca o a Teheran. Ma la realtà è ben diversa, perché vede la Siria contrastare con successo l’ISIS, rintuzzare le frequenti ed infruttuose provocazioni di Erdogan e, soprattutto, sminuzzare giorno dopo giorno quel che ormai resta dei sempre più scompaginati “ribelli”. La Siria, insomma, sta vicendo, ed il frutto delle sue vittorie militari è anche diplomatico e politico.

Parlavamo dunque di questa notizia misteriosa, di cui i nostri media hanno fatto ben poco parola. Pochi giorni or sono l’Oman ha raggiunto col governo di Damasco un accordo in base al quale i due paesi lavoreranno insieme perché si concluda la drammatica guerra siriana. La notizia è epocale anche perché, per la prima volta dal 2011, il ministro degli esteri siriano ha compiuto un viaggio in un paese del Golfo, del famoso Consiglio di Cooperazione del Golfo egemonizzato dall’Arabia Saudita. Walid Muallem s’è infatti recato a Muscat, capitale dell’Oman, incontrando il suo omologo Yussef bin Allavi e le autorità locali. Quanto dichiarato dall’agenzia stampa omanita Ona non lascia spazio ad alcun dubbio, mentre il giornale siriano al Watan ha sottolineato come l’Oman non abbia mai voluto interrompere i propri rapporti con Damasco, neanche nei momenti in cui il confronto coi paesi del Golfo era giunto alla massima durezza.

La notizia è già di per sé una bomba, e giunge quasi in contemporanea con un’altra, ugualmente esplosiva: gli Emirati Arabi Uniti, proprio in questi giorni, hanno dichiarato di voler riaprire la loro sede diplomatica a Damasco. E’ quindi in atto un forte cambiamento geopolitico in Medio Oriente, che vede i principali attori locali riavvicinarsi alla Siria ora che la sua vittoria contro i suoi nemici è sempre più chiara e vicina, mentre l’influenza di Russia e Cina nella regione dilaga in modo ormai vieppiù incontenibile. La Russia intende, per esempio, dar vita ad una coalizione contro l’ISIS con Siria, Iraq ed Iran, ma al contempo abbozza un avvicinamento strategico e clamoroso con l’Arabia Saudita che potrebbe portare quest’ultima fuori dal cono d’ombra nordamericano.

Del resto gli Stati Uniti stanno ormai perdendo vistosamente un po’ in tutto il Medio Oriente e ciò comporta un duro prezzo da pagare, rappresentato dal progressivo assottigliarsi della loro influenza in tutta la regione. La Turchia si ritrova sempre più isolata e la sua strategia del “doppio binario”, di mantenere relazioni tanto con l’Occidente quanto con la Cina e la Russia, è ormai approdata ad un punto morto, giacché malgrado le rassicurazioni cinesi di cui Erdogan è stato oggetto nel corso della sua recente visita a Pechino, da parte russa invece il Presidente turco è stato chiaramente invitato a fare delle scelte e a rispettarle. L’Arabia Saudita e le varie potenze del Consiglio Generale del Golfo in tutta questa situazione prendono atto dei cambiamenti in corso e s’adeguano, cercando nuovi partner, interlocutori e, perché no, protettori.

In tutto questo contesto la linea saggia e prudente dell’Oman si rivela provvidenziale, perché ha mantenuto il paese fuori dalle oscillazioni che il Medio Oriente ha conosciuto dal 2011 ad oggi, permettendogli di conservare quella coerenza politica che oggi costituisce un patrimonio prezioso, da investire con profitto nelle relazioni politiche e diplomatiche di domani.