Sergio Marchionne ha ricevuto la laurea ad honorem al Polo Meccanico di Rovereto, presso l’Università di Trento, ed in tale occasione ha tenuto una “lectio magistralis” dove ha ribadito alcune sue convinzioni maturate nell’abbondante decennio alla guida di FIAT prima e di FCA poi. S’è soffermato soprattutto sulla nuova politica di forte spinta verso l’elettrico, che coinvolge ormai tutti i Costruttori con investimenti e ricerche sempre più spinte e che addirittura vede alcuni Stati intraprendere politiche volte a limitare nei prossimi anni la diffusione di auto a benzina o gasolio, a tacere poi della corsa internazionale per accaparrarsi le risorse necessarie allo sviluppo delle moderne batterie, come il cobalto.

“Le auto elettriche possono sembrare una meraviglia tecnologica, soprattutto per abbattere i livelli di emissione nei centri urbani, ma si tratta di un’arma a doppio taglio. Forzare l’introduzione dell’elettrico su scala globale, senza prima risolvere il problema di come produrre l’energia da fonti pulite e rinnovabili, rappresenta una minaccia all’esistenza stessa del nostro pianeta”. Il problema principale è come produrre l’energia: “Prima di pensare che i veicoli elettrici siano la soluzione, dobbiamo considerare tutto il ciclo di vita di queste vetture, perché le emissioni di un’auto elettrica, se l’energia è prodotta da combustibili fossili, sono equivalenti a quelle di altri tipi di auto”.

Se i tempi per l’elettrico sono dunque ancora prematuri, o se addirittura l’auto elettrica rischia di far parte di una bolla destinata prima o poi a sgonfiarsi, la soluzione in ogni caso c’è ed è rappresentata dai carburanti alternativi: “Quella dell’elettrico è un’operazione che va fatta senza imposizioni di legge e continuando nel frattempo a sfruttare i benefici delle altre tecnologie disponibili, in modo combinato. E’ certamente più utile concentrarsi sui miglioramenti dei motori tradizionali e lavorare alla diffusione di carburanti alternativi, soprattutto il metano, che per la sua origine e le sue qualità è oggi il più virtuoso e più pulito in termini di emissioni”.

Ricordando l’insegnamento di Arthur Conan Doyle, il padre di Sherlock Holmes, secondo il quale “nulla inganna più dell’ovvio”, durante la sua lezione Marchionne ha così chiosato: “Se c’è una cosa ovvia, oggi, è che ci troviamo alle soglie della più grande rivoluzione nel mondo dei trasporti, almeno da quando l’automobile ha sostituito cavalli e carrozze: siamo di fronte a forze di innovazione dirompenti, che stanno scardinando gli abituali paradigmi, ma nessuno sa dire quale sarà il risultato di queste tendenze o cosa ne sarà del nostro settore tra 10 o 20 anni. Neppure io ho una sfera di cristallo e purtroppo non ho nessuna verità universale da offrirvi oggi”.

Anche perché, al momento attuale, senza incentivi di fatto l’auto elettrica continua ancora ad essere industrialmente costosa e quindi poco conveniente, e a tal proposito l’amministratore delegato di FCA ha citato il caso della 500 elettrica: “Stiamo lavorando su tutte le forme di auto elettrica, ma non possiamo ignorare alcuni elementi importanti: per ogni 500 elettrica venduta negli USA perdiamo 20.000 dollari. Lanciarla su larga scala sarebbe un atto di masochismo”.

Sergio Marchionne ha chiuso ricordando i primati del Polo Meccanico di Rovereto, che collabora col Centro Ricerche FIAT, e ricordando l’importanza della scuola e dell’università per lo sviluppo e la crescita del paese: “A parole siamo sempre tutti d’accordo nel sostenere che la competitività di un Paese passa attraverso la centralità della formazione e della ricerca e attraverso un collegamento più stretto con il mondo del lavoro, ma è una piacevole sorpresa vedere che, a Trento, alle parole seguono i fatti. Il Polo Meccatronica di Rovereto, un progetto innovativo creato su un’area industriale dismessa, non è solo una testimonianza di come sia sempre possibile cambiare, ricreare, rinnovare. È soprattutto un esempio, quasi unico, di integrazione tra imprese, enti pubblici, fondazioni di ricerca e università. Qui davvero si realizza quell’effetto-sistema di cui si parla spesso in Italia, ma che è poi così raro da ottenere”.

L’auto elettrica, come molti nostri lettori sapranno, esiste praticamente sin dagli albori dell’automobilismo, tant’è che fu proprio un’auto elettrica la prima a superare l’allora fatidica soglia dei cento chilometri orari. Tuttavia i problemi relativi all’immagazzinamento dell’energia, con tutte le conseguenze del caso in termini di scarsa autonomia, l’hanno poi relegata in seconda o terza posizione a vantaggio delle auto dotate di motore a combustione interna, salvo momentanei sprazzi d’interesse in epoche magre, in cui i carburanti scarseggiavano, come durante la Seconda Guerra Mondiale.

Sicuramente la famigerata “lobby del petrolio” ha avuto un suo forte peso nelle poche fortune del motore elettrico applicato alle auto, ma non vanno neppure sottovalutati i forti limiti tecnici tuttora esistenti e mai veramente risolti. A dimostrazione di questa tesi si pensi alla storia del motore Diesel in campo automobilistico: per decenni fortemente minoritario, dato il suo sfavorevole rapporto peso-potenza, ha cominciato a recuperare terreno a danno del benzina quando questo problema è stato risolto con l’introduzione delle turbine e soprattutto dell’iniezione diretta. Non c’è veramente confronto fra i vecchi Diesel, lenti e pesanti, e quelli odierni, prestanti e anche molto tecnologici.

E lo stesso si può dire per quanto riguarda l’uso del gas metano o del GPL nei motori a ciclo Otto: per decenni le scarse prestazioni e la poca sicurezza, reale o percepita che fosse, unite alla difficoltà di rifornimento, sono state un grosso limite alla sua diffusione. Ma ora la situazione è decisamente migliorata, al punto che è raro che si vendano auto nuove alimentate esclusivamente a benzina: quasi tutte ormai hanno un impianto a GPL, che le rende “bi-fuel”.

Insomma: quel che ha detto Marchionne sull’auto elettrica da vedersi come “arma a doppio taglio”, per la quale i tempi non sono ancora maturi, è tutto sommato condivisibile. Si tratta di un ragionamento realistico da parte di un dirigente di un gruppo automobilistico che, soprattutto attraverso la divisione Chrysler, sull’elettrico ha comunque abbondantemente investito e lavorato negli ultimi anni.