Foto LaPresse - Daniele Badolato 15/01/2017 Firenze ( Italia) Sport Calcio Fiorentina - Juventus Campionato di Calcio Serie A TIM 2016 2017 - Stadio "Artemio Franchi" Nella foto: Kalinic esulta per il gol del 1-0 Photo LaPresse - Daniele Badolato 15 January 2017 Firenze ( Italy) Sport Soccer Fiorentina - Juventus Italian Football Championship League A TIM 2016 2017 - "Artemis Franchi" Stadium In the pic: Kalinic celebrates 1-0 goal

In una settimana calcistica caratterizzata dagli insulsi e scontati match di Coppa Italia, giocati in un’Italia sferzata dal gelo (è pur sempre inverno) e dalle ricorrenti litanie di mercato, ne approfitto per porre in rilievo un ottimo articolo uscito sul Guerin Sportivo a firma Stefano Chioffi ed Ettore Intorcia sulle proprietà dei principali campionati europei (Premier League, Liga, Bundesliga, Ligue 1).

Ne emerge un quadro decisamente chiaro e nitido sul rapporto tra calcio ed economia di libero mercato. In Inghilterra, paese dove domina la cupola affaristica della City di Londra e dove dagli Anni Ottanta i governi Thatcher (di destra) e poi Blair (di sinistra) hanno letteralmente distrutto l’industria albionica (cantieristica e mineraria) dominano ovviamente le proprietà straniere con ben undici proprietà non britanniche su venti squadre, chissà se con la Brexit ci sarà un’inversione di tendenza o se perseguirà questo andazzo che vede cinesi, arabi, persiani, americani assaltare il campionato più antico del mondo.

Nella Liga spagnola invece, il campionato più tradizionalista d’Europa, merito di azionariato popolare ed un radicamento sul territorio che, specie in realtà come quella dei Paesi Baschi e della Catalogna, è molto più accentuato che altrove, per ovvie ragioni che sconfinano con il mondo pallonaro.

Il caso più paradossale è però quello della Germania, il cui campionato è in assoluto quello più protezionista d’Europa e dove non ci sono di fatto proprietà di provenienza estera se si eccettua per il curioso caso del Lipsia (comunque in mano ad un germanofono austriaco non a sconosciuta gente dagli occhi a mandorla). Ciò è un vero e proprio paradosso perché la cancelliera Merkel si è più volte erta a paladina del libero mercato contro i rischi di una svolta protezionista, particolarmente elevata in questi giorni con l’insediamento a Washington di quel diavolo di Donald J. Trump. Protezionisti con il culo degli altri (ogni riferimento al sederone della Merkel è puramente casuale), così possiamo definire i tedeschi, in campo calcistico e non solo!

La situazione in cui versa la Ligue 1 rassomiglia molto da vicina a quella, comatosa, del nostro campionato: una sola fuoriserie, per giunta di proprietà straniera (il PSG degli sceicchi), inserita in un gran premio di utilitarie. Ma se la Francia ha sempre avuto una vocazione prettamente centralista dove tutte le strade portano a Parigi (uno dei motivi per il quale la Francia calcistica ha fatto sempre poco a livello di club: Parigi non è una città calcistica, le altre città, con l’eccezione di Marsiglia, sono di dimensione troppo ridotta), l’Italia al contrario ha sempre avuto una vocazione particolaristica e localista in quanto nel Belpaese il calcio è stato fino a pochi anni fa una questione soprattutto tra Torino e Milano.

Calciopoli e la concomitante crisi, sia politica che imprenditoriale del divo Berlusconi ha letteralmente affossato il movimento calcistico: dalle Sette Sorelle si è passati così ad una dittatura (prima dell’Inter, costruita si sa come) e adesso della Juventus, che ha beneficiato indubbiamente del declassamento post Moggiopoli (Lapo Elkann e i suoi trans ringraziano!).

La crisi sempre più latente in cui versa il nostro paese, lo strangolamento dell’industria medio-piccola, l’inaffidabilità di investimenti esteri (cinesi a Milano, americani a Roma) in totale assenza di società ben strutturate e composte da personaggi calcisticamente competenti (Moggi, where are you?) non miglioreranno l’attuale status quo. Il nostro calcio dovrà aggrapparsi quindi ai personaggi (De Laurentiis, Lotito) oltre al solito vascello targato Agnelli, ma fino a quando?

Il campionato è giunto al giro di boa e la Juventus cade in casa dell’arcinemica Fiorentina, ne approfitta così la Roma che vince con un altro 1-0 in casa dell’Udinese e si porta momentaneamente a -1 (ma la Juve deve recuperare un match contro il derelitto Crotone), continua la sua rincorsa l’Inter, agevolata da un calendario piuttosto agevole, mentre il Milan pareggia rocambolescamente a Torino, in coda infine continua la via crucis per Crotone, Palermo e Pescara.

Partiamo proprio dall’anticipo del sabato delle 18 tra Crotone e Bologna che ha visto la vittoria dei gialloblù emiliani su quelli calabresi come da pronostico: va bene per la favola ma mi chiedo ancora che senso abbia il Crotone in Serie A, altre squadre calabresi (Catanzaro, Reggina) in passato hanno dimostrato di essere ben più degne della massima serie.

Dopo la quaterna arriva la cinquina per l’Inter del Pioli contro il Chievo: i nerazzurri hanno sbloccato la situazione negli ultimi minuti ma hanno comunque dominato contro un avversario che è parso giù di tono dal punto di vista fisico (il Chievo è la squadra più anziana d’Europa) e che è giunto a San Siro solamente per catenacciare.

Zitto zitto il buon Federico Buffa sta comunque trovando la quadra ad una squadra che sembrava un autentico rebus: acquisto di Gagliardini ha conferito maggiore dinamismo ad un centrocampo troppo leggerino, l’ex atalantino nei piani del tecnico ex Lazio ricoprirà il ruolo che fu di Parolo (le caratteristiche del giocatore sono le stesse) così che João Mario o Candreva saranno più liberi di assistere le due punte, Icardi (il Klose dell’Inter) e Perišić (l’Andreson nerazzurro) che, essendo completamente inetto a muoversi senza palla, può solo galoppare in contropiede o ruotare attorno al centravanti.

La domenica calcistica si è aperta con il torrenziale successo (4-1) del Cagliari su un Genoa irriconoscibile e, come spesso accade nel mese di gennaio, in balia dei consueti giochi di mercato che tanto piacciono al suo presidente, specialmente sull’asse Milan-Juventus, del resto Genova dal punto di vista storico ha sempre costituito una sorta di triangolo industriale-affaristico con Milano e Torino e quindi perché meravigliarsi?

Nel primo pomeriggio vittoria importante per la Roma che, ancora una volta, è riuscita a vincere con il minimo sforzo in casa di una sempre ostica Udinese, squadra molto fisica che è sempre ostica da battere. Per il gasatissimo Spalletti un’insolita svolta pragmatica dopo le cicalate del suo primo mandato alla guida della Roma, viste le difficoltà della Juve, per la Maggica è lecito sognare ma allo stesso tempo mantenere alta la concentrazione perché basta un piccolo passo falso contro squadre di piccolo cabotaggio per mandare in paranoia la piazza romana con i suoi soliti e cicilici “momenti no”.

Vittoria pronosticabile del Napoli che si è sbarazzato del Pescara con un secco 3-1 anche se tutte le reti sono venute nella ripresa quando gli azzurri hanno accelerato i ritmi dopo un primo tempo in ombra. Al Pescara del miracolato Oddo è bastato ammassarsi con dieci giocatori nella propria area di rigore per mettere in difficoltà l’attacco troppo leggero dei napoletani, poi nel secondo tempo le maglie difensive degli abruzzesi si sono allentate ed il Napoli, a segno con un Tonelli sempre più in formato portafortuna, ha potuto dilagare.

Successo importantissimo per la Lazio sull’Atalanta nello scontro valido per l’Europa: nel primo tempo i biancocelesti hanno sofferto la maggiore organizzazione di gioco dell’Atalanta poi nella seconda frazione i singoli della Lazio (ancora Immobile) hanno fatto la differenza, bravo Inzaghino a sfruttarli nella dovuta maniera.

Si risveglia il Sassuolo che confeziona quattro pappine al malcapitato Palermo: tre gol di differenza questa è la differenza tra la quintultima e la terzultima squadra del nostro campionato, un abisso grande come la Fossa delle Marianne (a proposito quando una bella A a diciotto squadre?). Zamparini intanto ne spara un’altra delle sue: “Non ho più i soldi per finire il campionato” ma chi gli crede più?

Chiude il pomeriggio domenicale lo zero a zero, scontato, tra Sampdoria ed Empoli con i toscani che si confermano specialisti nei pareggi ad occhiali, il quasi avvocato Puggioni a trentasei anni si sta comunque confermando degnissimo della massima serie a suon di parate.

Brutta domenica sera per la Juventus che ha perso con pieno merito a Firenze contro una Fiorentina che quando sente aria di “gobbi” da Clark Kent si trasforma in Superman. La Juve è stata inguardabile per larghi tratti del match a causa di un centrocampo troppo statico e legnoso che è stato ucciso da quello gigliato. Contro le provinciali con i muscoli a centrocampo riesci a giocare meglio nella tattica di sfondamento, che avviene a ritmi sempre lenti e costanti, mentre contro avversari tecnici e veloci finisci sempre per pagare dazio. Un bel grattacapo per il bischero perché in Europa tante saranno le partite sulla falsariga di quelle viste al Franchi.

Continuo a pensare che il problema a centrocampo stia nel duo Khedira/Marchisio, giocatori monotematici incapaci di variare spartito, ovvio che se a questi si aggiunge un altro polentone come Pjanić diventa impossibile imporre i propri ritmi di gioco se si considera il fatto che i centrocampisti bianconeri non hanno il tasso tecnico di quello del Barcellona. Dybala invece non può partire a quaranta metri dalla porta come faceva Tevez questo perché baby face non possiede (oltre che i connotati facciali truculenti) la progressione da trattore dello sfregiato. Insomma, tanti, troppi grattacapi in questo momento per Allegri, per l’Europa consiglio comunque il classico schema mourinhano dell’Inter del Triplete: tutti dietro e speriamo che qualcuno davanti inventi qualcosa, tattica che se possiedi il famigerato Fattore C può dare frutti.

Grande posticipo del lunedì tra Torino e Milan: il Toro deve proprio mangiarsi le mani perché ha pareggiato una partita che nel primo tempo meritava di stravincere e lo Sputacchione ha ben poco da essere incazzato: quando una squadra si fa sistematicamente rimontare la colpa è del manico e non di chi gioca. Con un centrocampo del genere, composto da giocatori che prediligono l’avanti, è da folle giocare all’arma bianca perché quando si esaurisce il fiato dietro non ci sono chissà che fenomeni capaci di tenere salda la roccaforte di difesa. Il Milan comunque ha confermato di essere una bella squadra, ben allenata, capace di proporre a sprazzi un ottimo calcio anche se con il fardello di dover sempre impiegare un giocatore inutile e stupido come Niang, del resto uno che nasce quadrato è difficile che diventi tondo!