In una giornata, la 12esima, in cui c’è da registrare il crollo dell’Inter a Bergamo, la vittoria in extremis del Napoli nell’acquitrino del Marassi sponda Genoa, il ritorno ai tre punti della Roma contro una Sampdoria in gravissima crisi, e le incredibili dimissioni di Gian Piero Ventura dalla panchina del Chievo, l’idea di fondo e su cui non si può discutere è sempre la stessa: l’unica certezza che resta è la Juventus. Il totem che non sbaglia un colpo.
Ieri sera, anche nel posticipo a San Siro contro il Milan, i bianconeri hanno dimostrato che nello Stivale non hanno rivali e, forse, neanche possono averli. All’altezza, si intende. Certo, è vero che i rossoneri hanno i giocatori che contano in infermeria o in una difficile condizione fisica (Biglia, Calhanoglu, Bonaventura), e che magari se Gonzalo Higuain avesse segnato il rigore a fine primo tempo, forse si sarebbe potuta vedere un’altra partita, ma la differenza tra le due compagini è stata abissale, a tratti imbarazzante. Troppo forti i Campioni d’Italia per questo diavolo.
In forza fisica, qualità, quantità, velocità, furbizia, esperienza e sicurezza dei propri mezzi. Hanno giocato come un gatto che dà la caccia al topo, senza mai andare a tutta, con un ritmo sotto controllo dall’inizio alla fine senza bisogno di accelerare o impegnarsi più di tanto. Ma è una costante che non abbiamo scoperto ieri. E, nel frattempo, i numeri da paura aumentano: zero sconfitte in trasferta nel 2018, 15 gare consecutive senza ko, 34 punti su 36 conquistati in stagione, 11 vittorie nelle prime 12 partite disputate. Se la tendenza non dovesse abbassarsi, i 102 punti di contiana memoria nel 2013-2014 non sono così irraggiungibili.
Difficile, invece, chiedere di più al Milan, ed è inutile fare paragoni con il derby. Non sono queste, attualmente, le partite che la banda di Gattuso può vincere (e non a caso le sconfitte sono arrivate contro le prime tre della classe, ndr), visti alcuni evidenti limiti. La gara che conta per i rossoneri è la trasferta contro la Lazio subito dopo la sosta, un primo importante appuntamento per il quarto posto che vale la Coppa Campioni. Sperando, magari, di recuperare qualche pedina e che Higuain, assai nervoso e in un periodo particolare, diventi l’arma in più.
E il weekend negativo delle milanesi è completato dall’Inter, uscita con le ossa rotte dalla sfida di ieri a pranzo contro una super Atalanta – quarto successo consecutivo – del sempre indiavolato Gian Piero Gasperini. Una partita tutta da dimenticare per i nerazzurri di Luciano Spalletti. Approccio alla gara, punteggio pesantissimo, poca pericolosità davanti, fase difensiva sempre in difficoltà (basta un numero per capirlo: 16. Come i tiri avversari verso lo specchio nel solo primo tempo), centrocampo incapace di fare filtro.
Dopo un mese e mezzo a tutta, tanto in Italia quanto in Europa, un ko può essere nell’ordine naturale delle cose. Una domanda, però: è una sconfitta fastidiosa o che farà davvero male, visto che, dopo la sosta, a parte il Frosinone in casa, si andrà a fare visita a Roma prima e Juventus poi?
Alle spalle della Juventus resta, dunque, soltanto il Napoli, sempre a -6, che ha la meglio in extremis e in rimonta sui grifoni del sempre più traballante Juric. Non è stata una bella partita quella disputata dai partenopei, vuoi anche per un campo ai limiti della praticabilità e per un leggerissimo calo mentale dopo la gara di martedì contro il Paris Saint Germain. C’è un aspetto che va registrato della squadra di Carlo Ancelotti: è la compagine che ha guadagnato più di tutti da situazioni di svantaggio, ben dieci punti. Non male, e non soltanto un caso. Da Castel Volturno continuano a fare il loro cammino, ma avere a che fare con una lepre non è per nulla semplice.
Il resto del fine settimana ha visto il ritorno al successo della Roma, che dopo il roboante 4-1 ai danni di una Sampdoria che da 15 giorni sembra piccola piccola e un colabrodo in difesa, irrompe nuovamente in zona Champions (la Lazio, quarta, è distante appena tre punti), festeggia il goal di Schick proprio contro la sua ex squadra e la bella doppietta di Stephan El Shaarawy.
Il primo pareggio stagionale della Lazio, bloccata 1-1 da un Sassuolo sempre rognoso e difficile da affrontare. Una Fiorentina che non sa più vincere e neanche gestire i vantaggi.
La notizia di giornata, però, è che l’ex commissario tecnico della Nazionale, Gian Piero Ventura, ha già gettato la spugna a Verona, sponda Chievo, dopo solo quattro partite e un punticino raccolto. Alla base della scelta – pare – una società a suo avviso troppo distante e una programmazione poco chiara e definita. Resta da chiedersi, allora, perché un mese fa ha accettato questo calice amaro se mancavano questi elementi base.
E pensare che il patron Campedelli, poco prima del pareggio di ieri contro il Bologna, pensava questo: “Ha l’entusiasmo di un ventenne, è l’uomo giusto”.